BELLEROFONTE (Βελλεροϕόντης o Βελλεροϕῶν, Bellerophontes o Bellerŏphon)
Bellerofonte, l'eroe corinzio per eccellenza, è detto figlio di Glauco e nipote di Sisifo: la madre sua porta il nome ora di Eurimeda ora di Eurinome. Altre fonti dicono che di Glauco B. era soltanto figlio putativo, ma in effetto di Posidone. In realtà Glauco non è se non un equivalente di Posidone: anche i due nomi della madre di B., abitualmente nomi di Oceanine, si riferiscono con assoluta evidenza a proprietà del mare. Bellerofonte appartiene adunque alla cerchia di Posidone, alla cerchia degli eroi marini.
Ciò è dimostrato anche dai due fatti che di B. sono i più caratteristici: le sue relazioni con Pegaso e la lotta con la Chimera. Pegaso è figlio di Posidone e di Medusa, dal corpo della quale balza, con Crisaore, quando Perseo le tronca con la falce il capo, e subito s'innalza alle sedi dei beati, dove porta a Zeus il fulmine e il tuono. Come il cavallo creato da Posidone nella gara con Atena simboleggia il mare, così questo posidonio cavallo alato simboleggia l'acqua celeste, le nuvole che salgono dal mare al cielo. L'unione di B. con Pegaso, d'invenzione senza dubbio corinzia, è a Corinto consacrata anche su molte monete. Come B. venisse in possesso di Pegaso la leggenda narra in varia maniera. Ora egli trova il cavallo presso la fonte Pirene, ora è Posidone che glie ne fa un dono, ora è Atena Calinitide che mette al cavallo il freno e lo dona all'eroe: bella e quanto mai poetica la versione riferita da Pindaro nell'Olimpica 13ª, secondo la quale B., dopo parecchi vani tentativi di mettere il freno all'alato cavallo, per consiglio del vate Poliido va a dormire nel tempio d'Atena; ed ecco la dea gli appare in sogno e gli porge un bel freno e gli raccomanda di sacrificare al padre suo, Posidone Domatore: si desta B. e si trova a lato il freno; corre allora a raccontare il tutto a Poliido, e questi lo consiglia di dedicare un'ara ad Atena Ippia. È da notare che l'Atena la quale, secondo questa leggenda, porta il freno a B. è l'Atena Cianegide, divinità del temporale: siamo dunque sempre nello stesso ciclo mitico.
Sul dorso dell'alato cavallo Pegaso, B. compie la più terribile delle sue imprese, la lotta contro la Chimera (v.), figlia di Tifone e di Echidna, i quali rappresentano gli aspetti terribili e malefici delle grandi perturbazioni atmosferiche; la Chimera stessa è da mettere in relazione con le furie temporalesche. Nel combattimento di B. con la Chimera torna dunque il motivo del combattimento del cavaliere celeste contro i celesti mostri, motivo notissimo non solo alla mitologia greca, ma, ad esempio, anche all'indiana e alla germanica; è la lotta delle potenze atmosferiche benefiche e malefiche, col trionfo delle prime.
Dalla vita celeste l'eroe scade poi alla mortale; alla derivazione diretta da Posidone o all'antichissima ipostasi addirittura di Posidone, sottentra allora una costante protezione da parte del nume, il quale tra l'altro in parecchie antiche rappresentazioni figurate assiste alla lotta di B. con la Chimera. E cominciano le complicate vicende umane dell'eroe, il quale da Preto viene mandato in Licia. L'intervento di Preto, principe argivo, deve spiegarsi col fatto che Argo doveva dominare anche su Efira (Corinto); ma la forma più recente della leggenda, sorta quando Corinto era indipendente, deve motivare quell'intervento in altro modo, e racconta che B., avendo ucciso un tale Bellero (poi anche, invece di Bellero, il proprio fratello Deliade o Pirene o Alcimene), deve fuggire da Corinto: si reca a Tirinto e Preto l'ospita e lo purifica. La moglie di Preto (Antea in Omero, Stenebea nei tragici) s'innamora del bellissimo eroe, il quale però non cede alle lusinghe. La donna lo accusa allora al marito (tratti comuni questi anche alla leggenda di Peleo, d'Ippolito, ecc.) come se egli avesse tentato di corromperla: Preto non osa metterlo a morte, ma lo invia al proprio suocero in Licia, latore di alcune tavolette scritte. Il re di Licia (anonimo in Omero, Iobate nei tragici) fa per nove giorni festose accoglienze all'eroe, ma al decimo, legge le tavolette e conosce il desiderio del genero. Manda allora B. prima contro la Chimera, poi contro i Solimi, poi contro le Amazzoni, e da ultimo gli tende egli stesso un agguato con i suoi più prodi guerrieri. Ma B. esce vincitore da ogni prova: comprende allora il re ch'egli è innocente e rampollo di stirpe divina e gli dà in moglie la propria figlia (Filonoe o Casandra o Alcimene o Anticlea) e divide con lui il regno. Da B. e dalla figlia di Iobate nascono Isandro e Ippoloco (quest'ultimo, padre del noto Glauco omerico) e la figlia Laodamia, che di Zeus dà in luce Sarpedonte. Una leggenda svolta da Euripide nella sua Stenebea parla della vendetta di Bellerofonte sulla moglie di Preto.
L'ultima parte della vita di B. è infelice: Omero dice semplicemente che, quand'egli venne in odio ai numi, si diede ad errare per la pianura Alea evitando ogni incontro umano: la leggenda posteriore invece narra ch'egli tentò di dar la scalata al cielo, ma Zeus lo fece precipitare. La fine di B. venne svolta da Euripide nel suo Bellerofonte.
Il nome di B. fu dagli antichi spiegato come "uccisore di Bellero". Altri antichi lo spiegarono come sterminatore di ogni malvagità. Le interpretazioni moderne variano tra l'uccisore della nube e colui che appare nella nube, a seconda che si ammetta la natura solare o la posidonia dell'eroe.
Bellerofonte ebbe culto in Corinto e in Licia: presso Corinto in un bosco di cipressi gli era dedicato un sacro recinto.
Le antiche rappresentazioni figurate di B., riferentisi ai momenti principali della sua agitata esistenza, sono innumerevoli; meraviglioso il famoso rilievo nel palazzo Spada a Roma.
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