BELLADONNA (lat. scient. Atropa belladonna L.; fr. belladone; sp. belladona; ted. Tollkirsche; ingl. deadly nightshade)
Pianta della famiglia delle Solanacee, sottofamiglia Solanee. È un'erba vivace, con radice ramificata molle e carnosa, con rami aerei eretti (7-15 dm.), peloso-glutinosi allo stato giovanile, glabri in quello adulto; le foglie sono alterne, intiere, picciolate, con picciuolo alato e lembo ovale acuto od acuminato, penninervie, accompagnate generalmente da una foglia più piccola. I fiori sono solitarî, nascenti presso l'ascella fogliare, con peduncolo breve; la corolla è gamopetala, con lobi ottusi, di color porporino oscuro, salvo verso la base del tubo ove è sfumata di color giallo smorto; il frutto è una bacca accompagnata dal calice accresciuto, verde prima, poi rossa e a maturità neroviolacea. Ne esiste una varietà il cui frutto è giallo a maturità (var. lutea = Atropa lutea Doll.).
Vive in Europa e nell'Asia media ed occidentale, è stata introdotta anche nell'America settentrionale; in Italia si trova diffusa nei boschi ombrosi e nei cedui dei colli e dei monti nella penisola e nelle grandi isole: viene anche coltivata per le sue proprietà medicinali.
Di questa pianta si adoperano le radici e le foglie. Le radici, che non debbono avere più di due o tre anni di età (altrimenti sono legnose), sono molto ramificate, cespitose alla base, di color bruno chiaro all'esterno e bianco gialliccio all'interno, ricche di amido, friabili: si raccolgono durante la fioritura della pianta.
Le foglie sono lunghe 5-20 cm., larghe 3-10 cm., brevemente picciolate, pennatinervie, molli, di color verde scuro nella pagina superiore e verde chiaro nell'inferiore, con pochi e brevi peli sparsi; secche, viste con una lente, mostrano molti punti bianchi specialmente nella pagina inferiore, dovuti a cellule ripiene di granulazioni d'ossalato di calcio.
Si riteneva che tutte le parti della belladonna contenessero atropina, alcaloide velenosissimo: le ricerche più recenti hanno dimostrato che le foglie contengono iosciamina ed atropina, le radici giovani solo iosciamina e nelle adulte si trova alquanta atropina. Però col tempo la iosciamina si trasforma in atropina. Ad ogni modo è pianta assai velenosa, in ogni sua parte. Pur essendo spontanea nell'Europa meridionale ed essendo velenosissima, sembra che la belladonna fosse sconosciuta ai Greci ed ai Romani, o per lo meno non si riesce a identificarla nelle loro opere; nel Medioevo, insieme con la mandragora ed altre erbe, la troviamo usata dagli stregoni, dai maghi, dai preparatori di veleni. Nelle opere botaniche e mediche dei secoli XV e XVI troviamo disegni e descrizioni della pianta, spesso confusa con piante affini assai velenose. I Veneziani la indicavano col nome di herba bella donna, perché le dame italiane ne usavano l'acqua distillata come cosmetico; l'uso medicinale rimonta solo al sec. XVIII.