BELFORTI
. Signori di Volterra dal 1340 sino al 1361 (salvo un intervallo di neppure otto mesi). Di origine non germanica, come fu asserito, né feudale, provenuti forse dal castello di Belforte (Radicondoli), crebbero in ricchezza e in potenza politica durante il primo svolgersi del comune e la lotta coi vescovi-conti; e giunsero al massimo della loro potenza quando riuscirono a fare esaltare al vescovado, dopo una serie di vescovi forestieri, uno dei loro, Ranieri, per elezione diretta di Bonifazio VIII (1301). Alla politica di Bonifazio VIII, Ranieri si tenne strettamente legato, mirando tuttavia non ad anacronistiche rivendicazioni vescovili, ma a preparare il terreno per la signoria laica della sua casa. Del suo lavoro approfittò il fratello Ottaviano, quando, morto Ranieri, il capitolo della cattedrale, esponente della parte contraria ai B., elesse vescovo Rainuccio degli Allegretti. Guelfi i Belforti, gli Allegretti Ghibellini; ma, s'intende, subordinatamente alle loro ambizioni di supremazia locale. Ottaviano, il quale si atteggiava a difensore della libertà volterrana contro usurpazioni forestiere, ebbe buon giuoco dalla rinunzia che il vescovo Rainuccio aveva fatto di alcuni castelli a pro' dei Senesi; aizzò contro di lui l'ira popolare, lo espulse dalla città, lo snidò dalla rocca di Berignone e lo cacciò a S. Galgano, a Montalcino, fino a ridurre all'impotenza lui ed i familiari, confiscandone case e possessi. Allora si fece proclamare capitano generale e gonfaloniere di giustizia (1340) per Volterra e il distretto.
La signoria del B. però non si consolida: egli stesso cede all'ostilità dei Fiorentini, messi in sospetto per tali novità, e depone il potere a favore del candidato di Firenze, duca d'Atene. Ma la signoria di quest'ultimo anche a Volterra è fugace: richiamato dalla maggioranza del popolo, Ottaviano riprende e tiene il potere sino alla morte. Della numerosa figliolanza di Ottaviano nessuno possedette la sua "virtù". Filippo, fatto nominar vescovo quando aveva appena gli ordini minori, oscillante e opportunista in politica, fu però benefico e buon pastore: fondò spedali e stabilì nel sinodo le costituzioni diocesane. Paolo, detto Bocchino, succeduto al padre nel titolo signorile, fu tiranno insensato e si rese universalmente inviso. La voce che egli trattasse la vendita di Volterra ai Pisani per 32.000 fiorini, determinò la sua catastrofe. Fatto prigioniero e giudicato sommariamente dai dodici difensori, fu giustiziato sulla piazza il 10 ottobre 1361, presente la cavalleria fiorentina (ché Firenze della caduta del B. fece strumento e mezzo per dominare in Volterra). Il feroce bando contro i Belforti, pubblicato negli statuti del 1365, disperse la famiglia e i consorti.
Bibl.: G. Volpe, Volterra, Firenze 1923.