BEDOLI, Girolamo, detto il Mazzola
Nacque a Parma verso il 1500, da famiglia originaria di Viadana (Mantova) e assunse il, cognome di Mazzola per la parentela acquisita, sposandone nel 1529 una cugina, con il pittore Francesco Mazzola detto il Parmigianino, suo amico, con cui riparò a Viadana verso il 1521, al tempo della guerra tra Francesco I e Carlo V che coinvolse anche Parma.
Educatosi alla pittura, in Parma e qui vissuto la maggior parte della vita ottemperando a molte commissioni pubbliche (Parma, Reggio, Pavia, Mantova) nell'agio di un riconoscimento che non gli venne mai meno, il B. ricevette il fondamentale orientamento nella pittura dal Parmigianino, subendo l'influsso in patria anche del Correggio, di Michelangelo Anselmi e di Antonio Begarelli, ma non alieno in più occasioni dall'accogliere nella propria esperienza i portati di una assai diversa cultura pittorica, quella irradiantesi da Roma e da Firenze. Le sue opere migliori infatti si distinguono nel contesto dell'arte parmense cinquecentesca per una particolare gamma cromatica, variante su toni freddi da porcellanac appoggiata a forme chiuse, immobili, concepite entro la più astratta interpretazione della intellettualistica "maniera" toscana (Bronzino, Vasari); ma altrove il B. dimostra di conoscere anche le più drammatiche, espressioni del filone manieristico disceso da Raffaello tardo (Polidoro, Giulio Romano) e nell'ultimo tempo prefigurerà i devoti spiriti della pittura romana cosiddetta controriformata (Venusti, Marco Pino tardo). Resta tuttavia che, seguendo i punti fermi della cronologia delle opere documentate, si riscontra una notevole discontinuità nel suo percorso artistico, un'alternativa di faticosi compromessi e di originalissimi risultati.
Suo unico, biografo fu Giorgio Vasari, che lo conobbe personalmente a Parma nel 1566 (e forse anche prima, a Firenze) e molto lo stimò, pur non dedicandogli una biografia particolare, ma trattandone in margine a quella del Parmigianino. A dire dello scrittore aretino tra le più antiche opere del B., eseguite a Viadana durante il periodo colà trascorso fra il 1520e il 1522, sarebbero le due Annunciazioni da identificare forse con i dipinti conservati rispettivamente nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano e nel Museo di Capodimonte a Napoli; ma questi due dipinti non sembrano convenire allo stesso periodo, e soprattutto non possono datarsi prima dei 1530-40. La prima opera documentata del B. è. la pala con la Immacolata Concezione (Parma, Gall. Naz.), già nell'oratorio omonimo in S. Francesco del Prato in Parma, commessagli, ma insieme al suocero Pier Ilario Mazzola (che però sembra non aver posto mano al dipinto), nel 1533 e compiuta nel 1538. Un lungo periodo dell'attività del B., avanti quella prima pubblica commissione, resta pertanto oscuro, mancando notizie di qualsiasi genere. Osservandosi che la pala della Concezione non fu commessa a lui solo, si può pensare che egli a Parma fosse allora poco considerato, per avervi fino a quel momento poco dipinto. Ma è probabile che sia anteriore al quarto decennio, per la stretta osservanza dei modelli del Parmigianino (che si varia di molte altre influenze dopo la morte del maestro), la Sacra famiglia con s. Francesco del Museo di Budapest, forse la più antica opera conosciuta del Bedoli. D'altra parte raggruppabili in un periodo anteriore alle imprese nel duomo e in Santa Maria della Steccata sembrano essere la Madonna con s. Nicola e S. Caterina in S. Giovanni Evangelista (che una tradizione dice eseguite nel 1537), la già citata Annunciazione di Milano e l'Adorazione del Bambino del Museo di Capodimonte a Napoli: suoi capolavori e tra i dipinti più significativi, benché trascurati dalla critica (che del resto si è occupata pochissimo del B. e sempre superficialmente), del filone più intellettualistico della "maniera".
La congiuntura spirituale col Bronzino strettissima anche nel Ritratto di principi in preghiera (Londra, coll. Howard) non può essere solo frutto di analoga disposizione, nello stesso momento, storico, giacché nel B. tale intellettualistico atteggiamento non durò a lungo, ma sottintende a nostro avviso un reale contatto del parmense con l'ambiente toscano fra il 1530 e il 1540, tale da condizionare per qualche tempo la sua arte. Esistono d'altronde opere di attribuzione discussa, oscillante tra il B. e maestri toscani (per es., il Ritratto di dama del Museo di Houston, S.U.A., riferito da alcuni al B., da altri al Salviati). Le tracce di una congiuntura con i Toscani sono assenti nelle opere documentate dal '42 in poi. là da dirsi però che è certamente errata la tradizione che riferisce al 1556 il polittico (Parma, Gall. Naz.) già nella badia di S. Martino, stilisticamente prossimo alla pala della Concezione; viceversa la Madonna e santi (Parma, Gall. Naz.), già in S. Alessandro, è certamente più tarda dell'anno 1540, in cui tradizionalmente la si colloca, vicinissima nell'appassionata interpretazione del Correggio alla pala con S. Famiglia e S. Caterina (ora Parma, Gall. Naz.) documentata del 1557. Ancora, forme e pitture si declinano secondo dolci cadenze correggesche nella decorazione a fresco della nave principale del duomo (1555-57), mentre nel più antico affresco dell'abside (1538) - scadente nel complesso dell'opera bedoliana - il pittore aveva issato un enorme Cristo rigido come un'antica immagine musiva, fra i tralci e i festoni correggeschi. Nonostante egli accettasse l'incarico di dipingere vastissime superfici a fresco, non c'è dubbio che meglio gli convenisse la pittura su tela o su tavola, da cui, nel periodo di mezzo della propria attività, seppe trarre effetti luministici di una preziosità rara sulle materie inseguite nei loro vari accidenti, marmi screziati, massicci ceselli, damaschi, velluti, tappeti, piume e fogliami. L'Annunciazione, ora a Napoli, ne è un vivido esempio. Ma l'opera più alta in questo senso, e notevole per l'apertura fuori dei confini di Parma, stavolta verso Giulio Romano, Perino o Polidoro, è l'Adorazione dei Magi (Parma, Gall. Naz.), già alla Certosa, dove l'ammirò il Vasari. In questo quadro, e in quello di analogo soggetto (Parigi, Louvre), già in S. Benedetto Pollirone presso Mantova, documentato del 1552, il B. assimila anche la drammatica agita, zione di Lelio Orsi da Novellara, che poté conoscere durante il soggiorno a Reggio, nel 1544. Negli affreschi in S. Maria della Steccata scoperto è invece l'influsso ancora del Parmigiánino, nelle figure femminili tra i rosoni della volta, dell'Anselmi nella Pentecoste (1546-53) e nella Adorazione dei Magi (1555-1566), e qui anche di Giulio Romano, che aveva potuto studiare nelle opere di Mantova. Ma in una delle ultime pale d'altare, la Trasfigurazione in S. Giovanni Evangelista (1556), il multiforme artista astrasse totalmente dalla cultura di ambito emiliano, per configurarsi come il più rigoroso michelangiolesco in clima di controriforma, e per questo si meritò una particolare lode dal Vasari. L'anno dopo, tuttavia, egli poteva rivolgere, con la Sacra Famiglia con s. Caterina (Parma, Gall. Naz.), già nella chiesa del Carmine in Parma, un nuovo e affettuoso omaggio al Correggio e all'Anselmi.
Il B. dipinse anche molti ritratti, fra cui notevoli, per citare solo opere di attribuzione indiscussa, quello del Poeta Borra (Parma, Gall. Naz.), quello di Alessandro Farnese con l'allegoria di Parma (ibid.) e quello di Eleonora Sanvitale, datato 1562 (ibid.). Si occupò anche di architettura, pur limitandosi a fornire i disegni (per es., la sepoltura di s. Bemardo vescovo nella cripta del duomo di Parma), e di prospettiva (nel perduto affresco, con Ultima Cena nel convento di S. Giovanni Evangelista). Morì a Parma nel 1569.
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