BEDOGNI (Bedoni, Bendoni), Lorenzo, detto Lorenzo da Reggio
Nato a Reggio Emilia all'inizio del sec. XVII, si formò forse alla scuola pittorica locale, di cui fu uno dei massimi rappresentanti Luca Ferrari, con cui il B. fu certo in contatto forse ancor prima del suo soggiorno padovano. Poco si sa della sua attività prima del suo impiego a Padova, se non che in patria egli si dedicava già ad opere di disegno con spiccato interesse architettonico, come testimonia un frontespizio da lui firmato per gli Statuti et ordini del Santo Monte della Pietà di Reggio (Reggio, 1634; cfr. Davoli, 1961). Del suo soggiorno padovano si ha notizia dal 1641 quando, nella basilica di S. Antonio, s'impegnò con M. Gabrielli a rinnovare (forse per la decorazione pittorica) la cappella di famiglia, in seguito radicalmente modificata e dedicata a S. Francesco. In essa il B. lavorò come frelscante fino al 1646 e per essa dipinse una pala a olio presto perduta. Nello stesso periodo di tempo lasciava una serie di affreschi nel chiostro del Noviziato dell'attiguo convento, tuttora esistenti: il monumento dipinto a Giovanni Duns Scoto (1645), di piacevole struttura barocca, ce lo dimostra sensibile al colore e alla composizione architettonica, del resto ricorrente nelle altre decoraziona scenograficamente inquadrate in finte archítetture, come l'affresco Talium est Regnum Coelorum con la Vergine in trono, santi. ell p. maestro Matteo Ferchié di Veglia, primo esempio dell'attività ritrattistica del B., o come il S. Giovannino ed altri.
Nel 1648 il B. datava gli affreschi del cupolino nella sala dei venti di villa Selvatico (ora Emo) a S. Elena di Battaglia (Padova), unica parte rimasta di un ciclo di pitture certamente più vasto, cui due anni doposi sarebbero aggiunte, al piano inferiore, le opere del caposcuola Luca Ferrari. Ma il B. non si deve essere applicato alla sola pittura per la villa dei Selvatico, dato che è possibile dimostrare notevoli riferimenti fra parte dell'opera architettonica e le sue più tarde realizzazioni in Germania.
Certo è che egli dovette essere allora in vera dimestichezza con Benedetto Selvatìco, massaro della veneranda Arca di S. Antonio e forse per questo patrocinatore dell'assegnazione al B. della direzione dei lavori per la grandiosa "voltura", la. nuova sistemazione data al presbiterio dell'altare maggiore della basilica a partire dal 1651, quando Mattia Carneri lasciò la. responsabilità dell'impresa. È, di questo momento, pare, il ritratto ad olio, del Selvatico che forse il B. eseguì e che la famiglia ancora conserva. Al Santo dunque ritroviamo il B. impegnato, benché agevolato da un'idea iniziale del Cameri, come architetto e con un compito di notevole importanza. L'incarico fu svolto con competenza e rapidità, sotto la spinta dei frati e della presidenza della ven. Arca, committenti. Più di qualche indizio fa comprendere che anche agli occhi dei contemporanei la sua maniera più sicura e grande nell'organizzare gli spazi e nell'ottenere effetti prospettici, pur nel pieno rispetto dell'ambiente preesistente, e spesso con l'utilìzzazione degli stessi materiali già lavorati, dovette essere certamente preferita a quella del trentino Cameri. Nel 1652 il lavoro poteva dirsi concluso con la sistemazione delle cantorie, del pavimento, del coro, degli organi e con il previsto trasferimento dell'altarone alla romana sullo sfondo attuato più tardi dallo scultore Matteo Allio (M. Garovaglio). Contemporaneamente, nella stessa chiesa, il B. erigeva il monumento a Giacomo, Giovanni e Nicolò De Lazara (agosto 1652), servendosi dell'attività di Matteo e Tommaso Allio, e l'altare della Deposizione, nella navata di sìnistra, eretto a spese di Ben. Selvatico ed ospitante una tela di Luca Ferrari.
Assai incerta, ìnvece, e improbabile la sua attività di scultore" alla quale non si possono con certezza riferire alcuni documenti (cfr. Cessi, 1959, 4, p. 15, n. 4) relativi all'attività in vìlla Selvatico (12 apr. 1647). Nel 1648 appare impegnato per l'altare del Santissimo in S. Giustina, lasciato interrotto nel 1649.
La residenza del B. dovette spostarsi intanto da Padova a Venezia, ma per poco: nel 1652, infatti, Giorgio Guglielmo di Hannover lo assunse quale proto per rinnovare molti edifici nei suoi domini. Il suo lavoro nella capitale del ducato durò ininterrotto fino al 1665. Nel 1660 il B. ottenne però l'incarico di costruire ex novo il castello di caccia di Linsburg (Kreis Nienburg-Weser), opera ora scomparsa.
Tra il 1665 e il '70 a Celle, nella Bassa Sassonia, fu proto di quel castello le cui ali sud, ovest e nord si rinnovavano in quegli anni; nel 1665 fu forse ancora lui a fornire i disegni del castello Herrenhausen presso Hannover, rifatto, ina non integralmente, nel secolo scorso e distrutto durante la seconda guerra mondiale; nel 1656-1662 cade la ricostruzione dei castello Calenberg (Kreis Springe), attuata sotto la sua guida con largo intervento di maestranze italiane, edìflcìo purtroppo abbattuto fin dal 1692 e di cui si conservano solo i possenti scantinati a volta. Nel 1666 per il duca Giovanni Federico ricostruì a Hannover la chiesa del castello Leine che fu portata a termine da Gerolamo Sertorio, quando il B. lasciò la Germania per rientrare in Italia. Ma non alla sola chiesa del castello fu rivolta l'opera sua, in quanto verso il 1670 era successo al proto locale Albrecht Anton Meldau nella direzione dei lavori dell'intero palazzo, costruzione di enarmi, proporzioni ma indubbiamente monotona, ben diversa dal più monumentale, e proporzionato edificio di Celle (1665-70), che in soluzioni grandiosamente barocche interpreta ancora lo spirito classico della rinascenza italiana con quella pacatezza che è propria al nostro autore fin dall'impegno per il presbiterio e, coro del Santo a Padova.
Nel 1670, data incisa. nel portale ovest di Celle, ultima opera del B. in Germania, questi ritornò a Reggio per morirvi nello stesso amo (prima, del 1° maggio).
Fonti e Bibl.: A. Koecher, Geschichte von Hannover und Braunschweig (1648-1714), Publikationen aus den Preussischen Staatsarchiven, 63, Leipzig 1895, p. 39; G. A. Moschini, Guida di Padova all'amico delle belle arti, Venezia 1817, p. 38; Id., Della origine e delle vicende della pittura in Padova, Padova 1826, p. 103; A. Gonzati, La basilica di S. Antonio di Padova..., I, Padova 1852, pp. 92, 93, 1 ss; J. Studtmann, Geschichte des Konventes der Kapuziner zu Hannover, in Hannoversche Geschichtsblätter, XXXII(1929), p. 132; U. von Alvensleben, Herrenhausen, die Sommerresidenz der Welfen, Berlin 1929, p. 123; A. Callegari-B. Brunelli, Ville del Brenta e degli Euganei, Milano 1931, p. 287; L'opera del genio ital. all'estero, F. Hermanin, Germania, I, Roma 1934, pp. 133, 155; Die Kunstdenkmäler der Provinz Hannover, III, s, H. Siebern-H. Lütgens, Stadt Celle, Hannover 1937, pp. 93, 113; A. Prosdocimi, Le cantorie del Santo a Padova, in Riv. d'arte, XXI(1939), p. 156; Die Kunstdenkmale der Provinz Hannover, I, 3, H. Jürgens-A. Nöldeke-J.- F. von Welck, Die Kunstdenkmale des Kreises Springe, Hannover 1941, p. 31; P. A. Sartori, Guida storico-artistica della basilica del Santo, Padova 1947, p. 16; G. Schnath, Die Geschichte des Leineschlosses 1636-1943, in Hannoversche Geschichtsblätter, Sonderheft Leineschloss, n. s., IX (1956), p. 38; F. Cessi, Una demolizione abusiva di tre secoli fa: il coro vecchio del Santo, in Padova, n. s., IV, 4. (1958), p. 9; Id., L. B. da Reggio pittore e architetto del XVII sec., ibid., 9, pp. 9-16; 12, pp. 15-21; Id., Aggiunte a L. B. pittore e architetio del sec.XVII: Villa Selvatico Emo sul colle di S. Elena, ibid., n. s., V, 4 (1959), pp. 9-15; Id., L. B. architetto al Santo: la voltura del coro ed il monumento De Lazara, ibid., 6, pp. 3-10; G. Bresciani-Alvarez, L'opera del B., del Sardi e del Tremignon nell'altare del Santissimo della chiesa di S. Giustina in Padova, in Bollett. d. Museo civico di Padova, L (1961), pp. 62-64, 73; A. Davoli, Mostra della incis. reggiana dal 1400 all'800, Reggio E. 1961, p. 10; F. Cessi, Tre tele inedite di F. Minorello, in Il Santo, III (1963), pp. 248-49; Id., Mattia Carneri architetto e scrittore, Trento 1964, passim; G. Bresciani-Alvarez, L'altare della Deposizione nella Basilica del Santo in Padova, in Il Santo, IV(1964), pp. 289-303; W. Schaffier, Celle, Berlin 1961, p. 2; U. ThiemeF. Becker, Künstler-Lexikon, III, pp. 160 s.