LAZZARI, Beatrice (Bice)
Nacque a Venezia il 15 nov. 1900, secondogenita delle tre figlie di Luciano, commerciante, e Francesca Rinaldo, di agiata famiglia di imprenditori edili e architetti. Dopo un incerto avvio allo studio del violino, al liceo musicale B. Marcello (1912-13), nel 1916 si iscrisse all'Accademia di belle arti di Venezia. Alla fine del 1917, in seguito alla disfatta di Caporetto, la famiglia si trasferì a Firenze; e la L. seguì il corso di ornato nell'Accademia di quella città, riprendendo gli studi a Venezia nel gennaio 1919, per completarli con il diploma in ornato e decorazione nell'aprile 1920, sotto la guida di A. Sezanne.
Nel 1924 esordì alla XV mostra dell'Opera Bevilacqua La Masa con una Natura morta (ubicazione ignota), proponendosi in seguito a diverse edizioni di quella rassegna regionale (nel 1926-27 e, ininterrottamente, nel periodo 1929-32). Nel 1925 partecipò all'Esposizione nazionale di Brera; mentre nel 1926 e nel 1929 fu all'Esposizione d'arte delle Tre Venezie di Padova.
In questi anni espose paesaggi - spesso tratti da località delle valli del Piave e del Brenta frequentate in estate - nature morte, ritratti, muovendosi nel solco della "Scuola di Burano", che, guardando indietro all'impressionismo e, d'altro canto, alla tradizione colorista veneziana, privilegiava un dimesso realismo locale in una pittura di tocco lieve e chiarista. Dalla metà degli anni Venti alla metà del decennio successivo le prove della L. segnalano un'incerta identità, seguendo di volta in volta il modello di P. Semeghini ma anche riferimenti internazionali quali P. Cézanne, un più acceso cromatismo fauve (Fiori, ora Quero, collezione privata), o A. Modigliani, apprezzato alla Biennale del 1930 e riecheggiato nel notevole Autoritratto dello stesso anno (Roma, Archivio Lazzari). Intanto, l'ambito delle relazioni culturali e personali si era allargato al giovane architetto Carlo Scarpa e ai fratelli di questo, Ida e Luigi, con cui la L. frequentava il Circolo artistico o il caffè sulle fondamenta delle Zattere presso la chiesa dei Gesuati. Si avvicinò, inoltre, agli anglisti C. Izzo e A. Camerino e alla poetessa Maria Luisa Belleli; mentre intorno al 1927 conobbe il pittore V. Guidi, nuovo punto di riferimento per i giovani artisti veneziani.
Per altro verso, dopo il diploma la L. aveva iniziato a disegnare motivi decorativi moderni per tessuti, talvolta realizzati personalmente al telaio o ricamati su stoffa (cuscini, tappeti, tende, arazzi), talaltra prodotti ed esposti a cura dell'ENAPI (Ente nazionale artigianato e piccole industrie). Nel 1927 suoi pannelli e cuscini dagli sgargianti disegni futuristi furono esposti dall'ENAPI alla III Biennale delle arti decorative di Monza; l'anno seguente, arazzi e cuscini radicalmente geometrici vennero presentati all'Esposizione del decennale della vittoria a Torino. Negli anni successivi l'ENAPI portò i modelli della L. in diverse rassegne, anche internazionali, come nel 1929 l'Exposición Internacional di Barcellona. Nel 1930 alla IV Triennale delle arti decorative di Monza la L. espose un insieme di stoffe a ricami modernisti geometrici, tra cui figurava il ricamo - riproposto nel 1931 anche nella Mostra di vetri, ceramiche e merletti moderni italiani allo Stedelijk Museum di Amsterdam - retrospettivamente intitolato Astrazione di una linea e salutato come incunabolo di un precoce astrattismo (bozzetto: Milano, collezione L. Vergine). Nel 1933 alla V Triennale di Milano suoi tappeti completavano il soggiorno della Casa media di V. Vallot; mentre nel 1934 due suoi tessuti furono esposti nel padiglione delle arti decorative della XIX Biennale di Venezia.
A maggio del 1935 la L. si trasferì a Roma, lavorando fino al febbraio successivo nello studio dell'architetto C. Broggi. Nel 1936, pur continuando a disegnare per l'ENAPI modelli per stoffe, oggetti in legno intarsiato, in fibre vegetali, gioielli (esposti a tutte le Triennali di Milano dal 1936 al 1957, con la sola eccezione del 1947), avviò una collaborazione con gli architetti E. Lapadula, G. Guerrini e M. Romano, come pittrice di pannelli decorativi per le mostre artistiche propagandistiche del regime fascista.
Di questa varia attività, documentata dai bozzetti nell'Archivio Lazzari, è spesso difficile trovare riscontri ufficiali, trattandosi di complementi di progetti di allestimenti effimeri affidati in toto agli architetti.
Nel 1936 eseguì un pannello di stile campigliesco per la Mostra nazionale dell'istruzione tecnica. In seguito lavorò per le esposizioni allestite al circo Massimo: nel 1937, la Mostra nazionale delle colonie estive e dell'assistenza all'infanzia e la Mostra del tessile nazionale; nel 1938, la Mostra nazionale del dopolavoro e la Mostra autarchica del minerale italiano, della quale l'Archivio Lazzari conserva magnifici studi in gessetti colorati dedicati a vari minerali. Nel 1939 realizzò due fregi dipinti e a collage fotografico per il padiglione italiano della New York World's Fair. Nel 1940 fu alla Triennale delle Terre d'Oltremare di Napoli, dove verosimilmente realizzò pannelli per il padiglione delle forze armate di Ernesto Lapadula. Nello stesso anno dipinse murali nella sede della Federazione nazionale fascista degli industriali dei prodotti chimici a Roma.
Il 31 luglio 1941 sposò l'architetto Diego Rosa, conosciuto nel 1938 presso lo studio di Lapadula. Nel 1944 la coppia lasciò Roma per Venezia; quindi si trasferì a Milano, dove la L. disegnò stoffe stampate commissionate da G. Ponti. Tornata a Roma dopo la Liberazione, iniziò una intensa attività di decorazioni di esercizi commerciali, spesso su incarico dello studio di Attilio Lapadula, tra cui il pavimento del bar Berardo nella galleria Colonna (1947), il controsoffitto della saletta del caffè Aragno (1950), il mosaico pavimentale dell'atrio del cinema Fiammetta di M. Piacentini (1949). Disegnò inoltre stoffe stampate d'arredo per la ditta Myricae dal 1947 al 1951 e insegnò la tessitura del tappeto presso l'istituto d'arte Zileri.
Nel 1950 venne premiata alla Biennale veneziana per il mosaico La vanità (Venezia, Galleria internazionale d'arte moderna).
Ma ormai le composizioni decorative erano sempre più marginali nell'ambizione artistica della Lazzari. Gli anni dal 1949 al 1953 sono agitati da un'urgenza creativa fino allora inappagata e dal desiderio di rientrare nel vivo del dibattito artistico. Nel fermento culturale postbellico, la L. esplorò in se stessa, e confrontandosi con più giovani pittori, le ragioni di una estetica astratta, scoprendone le personali anticipazioni nel modernismo dei suoi disegni per tessuti.
Il 1951 fu un anno per lei decisivo: frequentava il poeta C. Zannerio e alcuni artisti dell'ambiente romano, come A. Burri, E. Colla, T. Scialoja, L. Guerrini; espose alla VI Quadriennale di Roma una Composizione astratto-concreta (Archivio Lazzari); tenne una personale alla galleria La Cassapanca e, alla fine dell'anno, fu coinvolta da Guerrini e S. Carta nel progetto di un nuovo gruppo artistico. Nel gennaio 1952 gli incarichi di lavoro del marito la portarono a Milano, e quindi, a novembre, a Torino, dove rimase fino al novembre successivo. Qui si inserì nella vita artistica locale, partecipando nel 1953 alle mostre dell'Art Club torinese, tra dubbi e un'ansia di definizione della propria identità di cui recano traccia le lettere di Guerrini e dell'amico milanese A. Piodi (Archivio Lazzari), che la sollecitavano a concepire l'arte come introspezione e rivelazione e ad attingere al nucleo vitale della coscienza.
Finalmente nel 1954 la L. ebbe una importante personale alla galleria Schneider di Roma, in cui sciolse l'astrattismo geometrico in composizioni più aperte, scaturite da un procedimento di creazione d'immagini ancorato al sentimento del rapporto fra l'Io e il mondo (Racconto e Testimonianza sono titoli ricorrenti nei quadri degli anni Cinquanta), stilisticamente affine all'astratto-concreto di pittori come G. Santomaso o Afro Basaldella.
Nel 1956 a Venezia conobbe l'influente gallerista C. Cardazzo, confidando in una personale nella sua città e in un lasciapassare per la Biennale. Cardazzo la inserì nel premio Graziano, presentato nelle gallerie del Naviglio a Milano, del Cavallino a Venezia e Selecta a Roma. La personale al Cavallino si tenne nel gennaio 1958, con una presentazione di E. Crispolti, con il quale nel frattempo la pittrice era entrata in relazione. Nello stesso anno ricevette l'apprezzamento di L. Venturi, che la incluse nella mostra "Nuove tendenze dell'arte italiana" e scrisse la prefazione per la prima monografia, pubblicata in occasione di una personale alla galleria La salita di Roma.
Dal 1957 la L. progressivamente disfece l'immagine nella matericità informale, fino ad abbandonare la pittura a olio nel 1959-60 in favore di materie come colla e sabbia unite alla tempera, per tornare a distillare, dal 1963, un nuovo, più asciutto codice di segni.
Nel 1963, in occasione della IV Rassegna di arti figurative di Roma e del Lazio, conobbe G. Montana, direttore della rivista Arte oggi, convinto sostenitore dell'astrattismo programmato. Poche settimane dopo venne associata alle nuove ricerche "gestaltiche" emergenti all'VIII premio Termoli. Nel 1964 lo scambio intellettuale con Montana la avvicinò a più giovani artisti come L. Drei, F. Guerrieri, L. Di Luciano, G. Pizzo, F. Grignani e C. Lorenzetti. Con essi nel 1965 fu inclusa nelle mostre "Strutture visive" e "Strutture significanti", che criticamente ingabbiarono il suo codice rarefatto, ma intrinsecamente espressivo, nel paradigma estetico e ideologico dello strutturalismo e dell'arte programmata.
In effetti, dal 1964 la L. predilesse un segno lineare e iterato e in una serie di quadri intitolati Misure (1965) ridusse l'immagine a schermo, il colore all'alternativa bianco-nero, il segno alla linea, la composizione alla disposizione orizzontale e verticale. È soprattutto a questa fase che si riferì nel 1970 una vasta antologica a Bassano del Grappa, in cui furono per la prima volta esposti i bozzetti giovanili per tessuti.
Nello stesso 1970 la L. conobbe la gallerista milanese Fiorella La Lumia, mercante di riferimento negli ultimi anni, nei quali l'artista, a seguito di un'intossicazione da pigmenti organici (1971), prescelse la tecnica dell'acrilico. La fluidità del nuovo materiale favoriva campiture uniformemente stese su una tela leggera, solcate da segni netti e rettilinei, liberi o - intorno al 1975 - affiancati in scansioni verticali.
Sul finire degli anni Sessanta, di fronte a un certo cristallizzarsi della critica sulla sua opera, e di contro al restringimento delle occasioni di dibattito estetico a un rapporto con Montana quasi esclusivo, la L. trovava gratificazione nell'orizzonte di una vita riservata, scandita dal ritmo quotidiano del lavoro e dalle relazioni con selezionate amicizie.
Nel 1978 sospese quasi del tutto la pittura a causa di un glaucoma, nel momento in cui alla sua carriera venivano tributate alcune retrospettive. A una personale al Museo di Milano nel 1979, nel 1980 seguirono la mostra L'altra metà dell'avanguardia, che ha storicizzato il suo lavoro inquadrandolo in una rassegna sull'apporto femminile al modernismo, e le antologiche alla galleria Weber di Torino e alla Galleria civica di Modena.
La L. morì a Roma il 13 nov. 1981.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio Bice Lazzari; E. Crispolti, Bice L., Roma 1958; E. Garroni, Arte mito e utopia. 11 disegni di Bice L., Roma 1964; L'esserci e l'arte. Incontro con L., a cura di G. Montana, Roma 1970; Mostra di Bice L.: dipinti, tempere, disegni 1925-1970 (catal.), Bassano del Grappa 1970; Bice L. (catal.), a cura di M. Vescovo - V. Scheiwiller - F. La Lumia, Milano 1974; S. Weller, Il complesso di Michelangelo. Ricerca sul contributo dato dalla donna all'arte italiana del Novecento, Pollenza 1976, pp. 37-39, 204; Bice L. "antologica" (catal.), Ferrara 1976; Bice L. (catal.), a cura di A. Sansuini - E. Santarella, Milano 1979; Bice L. (catal.), Modena 1980 (con antologia della critica e scritti dell'artista); Bice L. I valori del segno, a cura di G. Montana, Torino 1980; L'altra metà dell'avanguardia 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche (catal.), a cura di L. Vergine, Milano 1980, pp. 215-217; Gli anni 30 di Bice L. (catal.), a cura di P. Fossati, Milano 1982; Bice L. (catal.), Milano 1984 (con bibl. e antologia della critica); I. de Guttry - M.P. Maino - M. Quesada, Le arti minori d'autore in Italia dal 1900 al 1930, Roma-Bari 1985, pp. 220-225; G. Di Genova, Storia dell'arte italiana del '900 per generazioni. Generazione primo decennio, Bologna 1986, pp. 99 s., 190 s., 377-379, 441-444; Bice L. 1900-1981. Opere dal 1921 al 1981 (catal.), a cura di P. Watts - C. Strinati, Roma 1987; Bice L. (catal.), Ferrara 1988; Bice L. 1900-1981. Essenza dell'astrattismo (catal.), a cura di G. Montana, Macerata 1988; Bice L. Due stagioni: 1957-63 e 1966-73 (catal.), Mantova 1989; La pittura in Italia, Il Novecento/1 1900-1945, a cura di C. Pirovano, Milano 1992, I, pp. 306, 550; II, p. 931; Il Novecento/2 1945-1990, a cura di C. Pirovano, I, ibid. 1993, pp. 272-275; M. Naldi, Bice L.: il percorso fra arte applicata e astrattismo negli anni della formazione (1916-1934), in Ricerche di storia dell'arte, 1995, n. 57, pp. 57-67; F. Scotton, Bice L., in Le tele svelate. Antologia di pittrici venete dal Cinquecento al Novecento, a cura di C. Limentani Virdis, Mirano 1996, pp. 246-257; S. Cortesini, Bice L. l'arte come misura. Ritratto di una pittrice tra Venezia e Roma, Roma 2002 (con bibl.); Id., Moderni e italiani, anzi venezianissimi. Artisti e artigiani veneti ad Amsterdam (1931), in Quaderni della donazione Eugenio Da Venezia, Venezia 2002, pp. 65 s.; F. La Lumia, B. L., in Profili veneziani del Novecento, a cura di G. Di Stefano - L. Pietragnoli, Venezia 2004, pp. 50-75.