SAVOIA, Beatrice
di. – Nacque attorno al 1310 in località imprecisata, verosimilmente ultima dei cinque figli del conte Amedeo V (1252/1253-1323) e di Maria di Brabante (1280-1340), sua seconda moglie, sposata nel 1298.
Nulla è noto della sua educazione e della sua giovinezza. Dopo un primo, probabile fidanzamento con Guglielmo (III) di Ginevra, che ne sposerà tuttavia la sorella Agnese, nel 1328 andò in sposa al conte Enrico di Tirolo-Gorizia, duca di Carinzia (1267 circa-1335).
Il matrimonio si inseriva in un articolato sistema di alleanze, grazie alle quali Enrico mirava a un riavvicinamento nei confronti di Giovanni di Lussemburgo, con cui era in contrasto sin dal 1310, quando questi gli aveva sottratto la corona di Boemia (e con essa le pretese su quella di Polonia), che a Enrico era capitata in sorte nel 1307 grazie al suo primo matrimonio con Anna, sorella di re Venceslao III, ultimo della dinastia dei Přemyslidi. Il padre di Beatrice, Amedeo V di Savoia si annoverava difatti fra gli alleati di Giovanni, al quale era legato da stretti legami di parentela, visto che la moglie Maria era sorella di Margherita, sposa a sua volta dell’imperatore Enrico VII e come tale madre del sopracitato Giovanni. Questi, a sua volta, aveva già tentato invano di riavvicinarsi a Enrico offrendogli la mano di sua sorella Maria e quella di un’altra sua cugina, Beatrice di Brabante. Proprio durante gli anni del matrimonio fra Beatrice di Savoia ed Enrico si sarebbe anzi giunti alla definita riconciliazione fra il conte di Tirolo e Giovanni, sancita nel 1330 grazie al matrimonio tra due dei loro figli, Giovanni Enrico di Lussemburgo e Margherita di Tirolo, figlia di Enrico e della sua seconda moglie, Adelaide di Braunschweig (morta nel 1320).
Le prime trattative per le nozze di Beatrice di Savoia con Enrico risalgono alla fine del 1326. Un primo accordo matrimoniale fu siglato a Innsbruck il 23 dicembre grazie all’intermediazione di Alberto II d’Asburgo, nipote di Enrico di Tirolo in quanto figlio di sua sorella Elisabetta, nonché fratello di quel Leopoldo I che nel 1315 aveva sposato Caterina, una sorella di Beatrice. Il futuro sposo otteneva allora che a Beatrice venisse assegnata una dote di 5000 marche; a sua volta Alberto dichiarava di essersi già assicurato il consenso della vedova di Amedeo di Savoia e dei suoi figli, in particolare del reggente Edoardo, e che Beatrice sarebbe stata fatta scortare dai familiari fino alla città di Kempten, non lontana dai confini settentrionali della Contea di Tirolo. Il 27 dicembre Alberto fu nominato da Enrico suo procuratore affinché ricevesse dal conte Edoardo di Savoia una garanzia sulla dote che era stata stipulata.
Ulteriori trattative furono condotte nel settembre del 1327, grazie alla mediazione non solo di Alberto II d’Asburgo, ma anche dei suoi fratelli (re Federico il Bello e il duca Ottone): tutti e tre si offrirono come mallevadori di Enrico e promisero di garantire a Beatrice il possesso di quei castelli, redditi e servitori che lo sposo le avesse assegnato in controdote. Il 3 novembre 1327, per la conferma dei patti nuziali stabiliti a Innsbruck, Enrico inviò in Savoia come suoi procuratori Rudolf von Arbuch e Johann von Aarwangen, affinché giurassero quanto stabilito due mesi prima.
Le nozze furono quindi celebrate ai primi di febbraio del 1328 presso l’abbazia premonstratense di Wilten, che il 26 marzo ottenne in dono dal conte di Tirolo il lago di Lans e quello di Vill (oggi Villner Moor, presso Innsbruck), a ricompensa dell’ospitalità concessa in quell’occasione, ma anche per quella precedentemente offerta per le nozze contratte da Enrico nel 1315 con Adelaide. Una decina di giorni dopo lo sposalizio, il 18 febbraio, Enrico costituì la controdote di Beatrice, cui furono assegnati 40.000 fiorini e il possesso dei due castelli di Montani (Val Venosta) e di Laudeck (alta valle dell’Inn), con le relative rendite; due possedimenti che erano già stati goduti come Morgengabe, assieme a quelli di Lichtenberg e Tarasp, dalla madre di Enrico, Elisabetta di Baviera. Inoltre, Beatrice ottenne che, qualora il marito le fosse premorto, la dote di 5000 marche le venisse interamente restituita; altrettanto sarebbe valso per la controdote e per la Morgengabe, fissata a 3000 marche.
Anche i costi delle nozze sono noti: grazie ai rendiconti delle spese sostenute da Guidone da Firenze, prepositus del conte di Tirolo a Innsbruck sin dal 1326, ma anche grazie alle contribuzioni cui furono soggette sia la Contea di Tirolo, sia le città di Padova e Treviso, a quel tempo soggette alla signoria di Enrico.
È nota anche (da fonti appena più tarde) la composizione del seguito giunto in Tirolo assieme a Beatrice. Due sue damigelle tornarono in Savoia nel 1330; una terza, anch’essa di nome Beatrice, rimase invece in Tirolo e andò in sposa nel 1329 a un personaggio dell’entourage di Enrico, Dietrich von Maretsch, e la sua dote le fu costituita proprio da Beatrice di Savoia. A questa sua damigella e a suo marito Beatrice rimarrà legata a lungo, tanto che nel 1331 affiderà loro il governo di Castel Montani. Anche nel proprio testamento la pupilla sarà ricordata dalla contessa con un lascito di 100 marche, delle quali si apprende nel 1332. Forse proprio in occasione del matrimonio giunse in Tirolo anche un illegittimo di Aimone, fratellastro di Beatrice: Umberto (poi capostipite della linea Savoia Arvillard), cui nel 1329 Enrico assegnò alcune rendite nel Trevigiano, così come – negli stessi anni – ulteriori elargizioni, puntualmente registrate nei libri di conto della contea tirolese.
Particolarmente cospicui furono i possedimenti che Beatrice riuscì ad accumulare negli anni del suo breve matrimonio. Oltre ai castelli della controdote, nel gennaio del 1329 essa compare in possesso della giurisdizione di Imst (alta valle dell’Inn). Nel novembre dello stesso anno ottenne dal marito il castello e la signoria di Salorno (Bolzano). Nel 1330 vi si aggiunse come pegno il burgraviato di Merano con il castello di Ortenstein e le quattro prepositure di Rifiano e Maia, ciò in forza di 50 marche che Beatrice aveva prestato a Enrico poco prima; nel giugno dello stesso anno fu la volta del castello di Castelbello con tutte le rendite a esso pertinenti, anch’esso (molto probabilmente) a compenso di alcuni debiti che Beatrice aveva estinto per il marito.
Nonostante la distanza, Beatrice non interruppe mai i rapporti con la famiglia di origine. Indice certo della persistenza di queste sue relazioni è costituito da un prestito di 2000 fiorini concessole il 25 agosto 1330 dal fratello Aimone.
Lo scopo del prestito non è specificato, ma è probabile che esso sia servito per riscattare altri beni impegnati dal marito. Le circostanze cronologiche suggerirebbero difatti un impiego della somma per il riscatto delle saline di Hall (Innsbruck), che il 14 febbraio 1330 Enrico aveva affidato a Beatrice per tre anni qualora essa fosse stata per l’appunto in grado di rilevarle da Artusio, un banchiere fiorentino cui erano state precedentemente appaltate nel 1328. Il riscatto ebbe effettivamente luogo nella primavera di quell’anno: per garantirsi gli introiti necessari anche per il ripianamento dell’importo dovuto ad Artusio, il 2 aprile 1328 Beatrice ottenne dal vescovo di Trento l’impegno a non importare sale marino, così da non intaccare il monopolio goduto in regione da quello di Hall.
Un prestito concesso questa volta da Beatrice, data invece alla fine del 1330: il 13 e il 18 dicembre Giovanni di Lussemburgo, che in quelle settimane si trovava a Innsbruck in procinto di calare in Italia, riconosceva di aver ricevuto dalla cugina 5000 fiorini.
Meno ricca è la documentazione concernente il governo della Contea di Tirolo e dei castelli assegnati a Beatrice. Di particolare rilevanza è però l’atto del 13 ottobre 1328 con il quale Enrico, in procinto di recarsi a Treviso, affidò la reggenza della contea alla moglie che la esercitò con il supporto di alcuni dei maggiori funzionari tirolesi. Proprio durante questa sua seppur breve luogotenenza (Enrico tornò in Tirolo alla fine di novembre 1328), il 19 ottobre Beatrice riscattò per il marito il castello di St. Martinsberg presso Zirl (Innsbruck).
Al 1331 risale invece un suo documento riguardante diritti di legnatico gravanti sui boschi spettanti al Castel Montani, in particolare nei territori di Laces e Tarres, e il rinnovo da parte sua del capitanato di Castel Salorno in favore dei Negri di San Pietro, nobili trentini strettamente legati alla contea.
Il testamento dettato da Enrico di Tirolo nel 1330 in occasione di una grave malattia stabiliva che Beatrice avrebbe potuto continuare a dimorare presso le figliastre, e che se avesse partorito un figlio maschio, anche se postumo, questo solo sarebbe stato da riconoscere come erede della Contea di Tirolo e del Ducato di Carinzia (con l’obbligo di provvedere al sostentamento della madre); qualora Beatrice avesse invece partorito una o più figlie, queste avrebbero suddiviso il patrimonio con le sorellastre. Tuttavia Enrico si riprese dalla malattia e sopravvisse alla moglie.
Beatrice morì difatti poco dopo a Innsbruck, il 19 dicembre 1331 senza aver avuto figli; fu inumata nella chiesa del monastero cistercense di Stams, sepolcro ereditario dei conti di Tirolo.
La seppur breve vita di Beatrice ha lasciato una discreta traccia documentaria, costituita da (almeno) cinquantatré documenti (ventotto in lingua tedesca, venticinque in latino), sparsi fra l’Haus-, Hof- und Staatsarchiv di Vienna, il Tiroler Landesarchiv di Innsbruck, l’Archivio provinciale di Bolzano, il Bayerisches Hauptstaatsarchiv di Monaco di Baviera, l’Archivio di Stato di Torino, l’archivio dell’abbazia di Wilten e la Biblioteca capitolare di Treviso. Beatrice è tuttavia autrice solo di dieci; circa la metà è stata prodotta dal marito in favore della moglie; in due i coniugi compaiono come coautori. Non mancano documenti corroborati dal sigillo araldico di Beatrice, costituito da uno scudo a losanga caricato della croce sabauda e circondato dalla legenda «S. Beatricis de Sabaudia» (se ne conservano due esemplari presso l’Archivio comunale di Laces e l’archivio nobiliare Kasten-Schlandersberg, oggi presso l’Archivio provinciale di Bolzano, mentre un altro esemplare è presso il Tiroler Landesarchiv di Innsbruck). La documentazione si riferisce nella sua totalità all’amministrazione del patrimonio dinastiale e all’incasso ovvero alla gestione della controdote assegnatale dal marito.
Le uniche fonti narrative sono invece costituite dal Chronicon Stamsense, il quale ne tramanda la data del decesso, così come da una cronaca pressoché contemporanea, il Liber certarum historiarum di Giovanni di Viktring, del 1340-1343. In quest’ultima fonte è registrata non solo la notizia del matrimonio, ma sul conto di Beatrice è riportata anche una diceria, secondo cui la sterilità della coppia costituita dalla figliastra Margherita di Tirolo e da Giovanni Enrico di Lussemburgo sarebbe stata frutto di un maleficio operato da Beatrice stessa per assicurarsi, in mancanza di eredi, il pieno godimento della propria Morgengabe.
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