beatitudini evangeliche
. Otto proclamazioni rivolte da Cristo ai discepoli e alla moltitudine (Matt. 5, 3-10) di cui si è servito D. nella struttura del Purgatorio.
Ciascuna b. è una massima ritmica formata da due stichi, il primo dei quali contiene una lode al presente, mentre l'altro (giustificando la protasi) annunzia un compenso di gioia e di gloria. Va notato, inoltre, che le b., pur rilevando da otto punti diversi, sono complementari: presentano, infatti, le qualità spirituali necessarie per possedere il regno di Dio, che è in sostanza la meta comune, il premio promesso a tutti.
Si capisce quindi facilmente che D., il quale conosceva per lungo studio la Bibbia, e particolarmente il Vangelo, abbia intuito prontamente l'utilità grande che poteva trarre dalle b.e., per irrobustire lo schema della seconda cantica e, al tempo stesso, accrescerne la bellezza poetica. Infatti, va notato che, secondo s. Tommaso (Sum. theol. I II 69 3 ad 5), le b. sono in realtà sette, essendo l'ottava (" Beati qui persecutionem patiuntur propter iustitiam ", Matt. 5,10) piuttosto la conferma delle altre. Esse venivano così a corrispondere numericamente alla divisione settenaria del Purgatorio - secondo i peccati o vizi capitali - da D. ideata, anch'essa, del resto, analoga alla partizione tomista (Sum. theol. I II 84 4). Ma anche per la loro stessa natura le b. potevano inserirsi bene nella compagine del Purgatorio. Difatti, per essere strettamente connesse con le virtù morali e cristiane, anch'esse si oppongono ai peccati (cfr. Sum. theol. I II 69 1,3). A ciascuna di esse, poi, è annessa la promessa del premio eterno. Le b.e. s'adattavano, perciò, perfettamente alle esigenze ascetiche del Purgatorio, dove le anime, intente a espiare i loro peccati e ad acquistare la virtù, sono sorrette dalla speranza del premio futuro.
Nella contrapposizione tra le singole b. e i sette peccati capitali, c'è una puntuale analogia tra il pensiero di D. e la Summa di s. Tommaso, anche se questi non vi trattò mai la questione sistematicamente. Pertanto le b. vengono assegnate nel modo seguente: ai superbi ‛ Beati pauperes spiritu! ' (Pg XII 110; cfr. Matt. 5, 3 " Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum caelorum "), giacché questa b. si può riferire al disprezzo degli onori, " quod fit per humilitatem " (Sum. theol. I II 69 3); agl'invidiosi ‛ Beati misericordes! ' (XV 38; cfr. Matt. 5, 7 " Beati misericordes quoniam ipsi misericordiam consequentur "), poiché l'invidia s'oppone direttamente alla misericordia (II II 36 3 ad 3); agli iracondi ‛ Beati / pacifici... ' (XVII 68-69; cfr. Matt. 5, 9 " Beati pacifici, quoniam filii Dei vocabuntur "), giacché la loro violenza deriva dall'ira mala (II II 158 1, 7); agli accidiosi che, pur correndo, meditano e piangono, ‛ Qui lugent '... beati (XIX 50; cfr. Matt. 5, 5 " Beati qui lugent, quoniam ipsi consolabuntur "), poiché l'accidia è " tristitia de spirituali bono " (II II 35 2); l'avarizia e la gola, poi, hanno tra loro una vera analogia, in quanto l'una e l'altra procedono dall'appetito disordinato dei beni esterni (II II 118 1, 148 1). Perciò ben s'addice agli avari il " Beati qui sitiunt " (cfr. Matt. 5, 6 " Beati qui esuriunt et sitiunt iustitiam, quoniam ipsi saturabuntur "; cfr. l'uso messianico che D. fa di questa b., in Ep V 3): detto n'avea beati, e le sue voci / con ‛ sitiunt ', sanz'altro, ciò forniro (XXII 5-6; cfr. Cv IV XII 1, 5-6, dove D. aveva già qualificato di sete la brama delle ricchezze); ma il poeta ha cura di aggiungere sanz'altro, cioè senza l'altra metà della stessa b., metà che compare in XXIV 151-154 Beati cui... l'amor del gusto / nel petto... troppo disir non fuma, / esurïendo sempre quanto è giusto!, leggermente modificata (quanto è giusto, cioè " secundum iustitiam "), ed è riservata ai golosi (si confronti, per lo sdoppiamento della b., il caso assai simile dell'esempio mariano delle nozze di Cana, Pg XIII 29, XXII 142 ss.); e, finalmente, alla lussuria viene contrapposto, con la migliore logica, il ‛ Beati mundo corde! ' di XXVII 8 ( cfr. Matt. 5, 8 " Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt ", e Tommaso Sum. theol. I II 69 3). Resta esclusa così, in maniera tipicamente dantesca (D. si serve dei suoi schemi, ma non ne è mai schiavo), la seconda b. ("Beati mites quoniam ipsi possidebunt terram ", Matt. 5, 4).
Le b. vengono pronunziate da sette angeli che, all'uscita di ciascun girone, appaiono ai due poeti, invitandoli a salire; cosa quanto mai naturale e conveniente dato che gli angeli sono essenzialmente ministri e annunziatori della parola di Dio. D., comunque, è riuscito a rappresentare con taglio sempre diverso e pur sempre poetico sette incontri sostanzialmente uguali. La prima volta concede più alla descrizione, successivamente pone in risalto solo alcune caratteristiche. L'incontro avvenuto alla fine del quinto girone viene ricordato rapidamente come cosa già accaduta (XXII 1-6).
Per lo più le b. vengono ricordate con le prime parole latine, cui in due casi (XIX 50-51, XXII 4-6) seguono parole esplicative in italiano. Solo l'angelo del sesto girone si esprime esclusivamente in volgare. Nel girone degl'invidiosi, poi, l'angelo aggiunge al canto della b. la frase augurale ‛ Godi tu che vinci! ' (XV 39), che sembra parafrasare le parole " gaudete et exsultate " che nel testo di Matteo (5, 12) seguono quasi immediatamente le beatitudini. Inoltre D. afferma che tre angeli (il primo, il secondo e il settimo) cantano la b.: il primo la canta sì, che nol diria sermone (XII 111) e il settimo in voce assai più che la nostra viva (XXVII 9), e ciò, secondo il Vandelli, si deve intendere anche degli altri. D., conformemente al suo principio che la nostra conoscenza degli angeli dipende essenzialmente dalla Rivelazione (Cv II V 1-2), si basa, per la loro descrizione esterna, sui dati evangelici (Matt. 28, 3; Marc. 16, 5, entrambi ricordati in Cv IV XXII 14-15) e perciò, come già aveva fatto nel caso dell'angelo nocchiero (II 13-45), li rappresenta con la veste bianca (per il quarto angelo aggiunge il particolare delle ali) e con la faccia risplendente. Giova ricordare, inoltre, che D. rileva più volte, e con insistenza, la gentilezza del loro tratto: essi, infatti, sono i messaggeri dell'amore e della bontà di Dio. Valga come esempio quanto egli dice dell'angelo del girone degli accidiosi: io udi' " Venite; qui si varca " / parlare in modo soave e benigno, / qual non si sente in questa mortal marca (XIX 43-45). Dal punto di vista estetico, poi, notevoli il passo di XII 88-90 A noi venia la creatura bella, / biancovestito e ne la faccia quale / par tremolando mattutina stella, e l'immagine della primavera fiorita e odorante, che serve a descrivere il gesto dell'angelo dei golosi (XXIV 145-150): Cosicché è lecito concludere che queste sette scene, sia per il loro valore strutturale e teologico, sia per la loro bellezza poetica, costituiscono un elemento essenziale del Purgatorio.