CECILIA, beata
Nacque a Roma all'inizio del sec. XIII. Doveva uscire da una nobile famiglia, ma il cognome Cesarini, che le viene più frequentemente attribuito (in alternativa a quelli di Frangipane e Malabranca), non trova riscontro nei documenti. Entrò molto giovane nel monastero di S. Maria in Tempulo (detto anche Tempuli o in Tempore), situato in quella che era a quel tempo la campagna tra il Circo Massimo e le mura aureliane. Le carte del monastero conservano il suo nome in un documento del 26 nov. 1219 in cui, dopo la badessa Eugenia, sono elencate quattro monache.
La svolta decisiva della vita di C. fu costituita dall'incontro della piccola comunità di S. Maria in Tempulo con s. Domenico. Quest'ultimo, volendo fondare un monastero femminile del suo nuovo Ordine a Roma, riuscì a ottenere da Onorio III la chiesa di S. Sisto, presso cui già Innocenzo III aveva progettato, oltre un decennio prima, di riunire in clausura buona parte delle monache romane. Con una bolla del 4 dic. 1219 Onorio III privò dell'amministrazione del tempio l'Ordine dei canonici di Sempringham, investendone subito dopo i domenicani. Il reclutamento delle religiose presentò a s. Domenico delle grandi difficoltà per la opposizione delle monache e delle loro famiglie, dispiaciute del rigore della nuova disciplina e toccate anche negli interessi temporali connessi all'amministrazione dei monasteri esistenti. Le monache di S. Maria in Tempulo aderirono (tranne una) tra la fine del 1219 e l'inizio del 1221, prendendo definitivamente il nuovo abito dalle mani di s. Domenico il 28 febbr. 1221. Qualche anno dopo, prima comunque della morte di Onorio III (1227), C. fu inviata dal papa insieme con tre consorelle a Bologna con il compito di organizzare il monastero domenicano di S. Agnese fondato in quella città nel 1223 dalla beata Diana d'Andalò. Nella nuova sede, dove ricoprì anche la carica di badessa, C. trascorse il resto della sua lunga vita.
Morì nel 1290, circondata dal rispetto di confratelli e consorelle verso una superstite dell'epoca eroica dell'Ordine domenicano e fu sepolta nella chiesa del monastero bolognese. La sua memoria fu accomunata nei secoli successivi dal culto delle monache di S. Agnese a quella della fondatrice Diana d'Andalò e di una suor Amata romana, sulla cui effettiva esistenza storica pesano gravissimi dubbi. Il 24 dic. 1891, tre anni dopo la beatificazione di Diana, anche a C. e Amata fu riconosciuto il culto dovuto ai beati.
Il nome di C. è legato ai Miracula beatiDominici, che una suor Angelica del convento bolognese scrisse nel corso del sec. XIII sulla base dei ricordi e dei racconti della stessa Cecilia. Limitata al breve periodo di tempo in cui C. ebbe modo di conoscere direttamente il santo, l'operetta risente naturalmente dell'esaltazione fideistica e del gusto per la leggenda che si possono comprendere in una testimone oculare abituata a ripetere continuamente alle consorelle il racconto dei fatti cui aveva assistito. L'abbondanza e la precisione dei particolari forniti da C. (spesso confermati dall'indagine storica, come per es. nel racconto del passaggio a S. Sisto delle monache di S. Maria in Tempulo e nella descrizione conclusiva della figura fisica del santo) rendono comunque i Miracula una testimonianza di singolare interesse per la ricostruzione della biografia di s. Domenico e in particolare del suo ultimo soggiorno romano (per le varie ediz. dei Miracula, di cui l'ultima in ordine di tempo è a cura di A. Walz, Die "Miracula Beati Dominici" der SchwesterCäcilia, in Archivum fratrum praedicatorum, XXXVII [1967], pp. 5-45, cfr. Repert. fontium...).
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