BAUDI DI VESME, Benedetto
Nacque a Torino il 20 maggio 1858 da Emilio, della terza linea dei Vesme, e da Cristina Pensa di Marsiglia. Intraprese gli studi di ingegneria laureandosi nel ramo civile ed esercitò con successo la professione nei lavori di costruzione della ferrovia siciliana e in altre opere che lo resero noto anche all'estero. Col passare degli anni però preferì dedicarsi agli studi di storia, già coltivati dallo zio paterno Carlo. Fin dalla sua fondazione (1896) fu quindi socio assiduo della Società storica subalpina, dedicando le sue opere soprattutto alla ricostruzione delle genealogie di famiglie nobili, coadiuvato particolarmente da F. Gabotto e seguito da C. Patrucco, L. C. Bollea e C. A. Gerbaix de Sonnaz, anch'essi della scuola storica subalpina. Le sue più note ricostruzioni genealogiche sono quelle contenute negli studi: Le origini della feudalità nel Pinerolese (Biblioteca della Soc. storica subalpina, I, Pinerolo 1899, dove trattava, tra le altre, della famiglia Arduinica; Oddone II conte di Maurienne, in Bollettino storico bibliografico subalpino, VIII(1903), pp. 390 ss.; L'epoca del "Regno Italico" degli imperatori Lotario I e Ludovico II, in Miscell. di Studi di storia in onore di A. Manno, I, Torino 1912, pp. 141-152; Sulle origini della Casa di Savoia. La pace di Dio nel Viennese ed i conti di Vienne, in Bollett. stor. bibl. subalpino, XVIII(1913), pp. 131-163, 337-359; XIX (1914), pp. 81-139, 306-309; ed infine nella ricerca, rimasta incompleta e pubblicata postuma, Dai Supponidi agli Obertenghi. I marchesi di Liguria Orientale, del Monte di Santa Maria, i duchi di Romagna, i conti di Arezzo, di Lavagna, di Bologna e di Nola, i visconti di Genova, il comune di Bologna, ibid., XXII (1920), pp. 201-242.
Il B., come del resto gli altri studiosi subalpini già ricordati, ebbe il non piccolo merito di aver affrontato il difficile e delicato problema, in molti casi tuttora aperto, della ricostruzione sistematica degli stemmi delle grandi famiglie feudali del settentrione italiano dei secoli dell'alto Medioevo, in particolare dei Supponidi, degli Arduinici e degli Obertenghi; problema di non facile soluzione, sia per la scarsità della documentazione, sia per la dffficoltà d'una sicura interpretazione. Non si possono tuttavia non condividere gli appunti che ai lavori del B. sono stati fatti. Convinto della rigidità della società altomedievale, rigidità che non avrebbe permesso il rinsanguamento della vecchia classe feudale con uomini nuovi, per dimostrare la continuità delle vecchie stirpi attraverso i secoli colmò le lacune d'ogni famiglia, riuscendo a dare un quadro completo dei singoli rami e dei singoli membri fino a risalire al sec. IX e più indietro; e giunse alla conclusione che le stirpi che avevano originato la feudalità nell'Italia settentrionale erano in numero ristrettissimo e che le famiglie Capetingia, Aquitanica, Aleramica, Arduinica e Sabauda discendevano dallo stesso ceppo dei Kent. Tuttavia assai di rado i suoi risultati sono convincenti e tali da suffragare la tesi generale. Prescindendo infatti dalle molte affermazioni la cui prova è rimandata a studi mai pubblicati, il B. nell'interpretazione delle fonti, soprattutto documentarie, e in mancanza di queste nel formulare ipotesi, si basò spesso solo su principi che non sempre possono costituire di per sé una prova incontrovertibile, come al B. sembrò: il ripetersi cioè dello stesso nome nei membri d'una stessa famiglia, la contiguità dei beni fondiari più probabile tra famiglie parenti.
Il B. rivolse la sua attenzione anche ad altri aspetti della storia medievale: si sforzò di dimostrare L'origine romana del comitato longobardo e franco, in Bollett. stor. bibl. subalpino, VIII(1903), pp. 321-375; esaminò i regesti pontifici dei secc. XII e XIII, in pratica solo quello di Innocenzo III, un problema ancora oggi di delicata definizione, per concludere che si tratta di excerpta, in cui il materiale, non esclusivamente lettere e bolle pontificie, non è ordinato cronologicamente ma per argomento, ad uso speciale interno della cancelleria pontificia (I Regesti pontifici vaticani, in Bollett. stor. bibl. subalpino, VIII[1903], pp. 376-389). In occasione del bimillenario della fondazione di Ivrea ricostruì la figura di Arduino (Il re Ardoino e la riscossa italica contro Ottone III ed Arrigo I, Biblioteca della Società storica subalpina, VII, Pinerolo 1900, pp. 120), cercandone attentamente gli ascendenti e vedendo in lui l'ultimo rappresentante dell'idea carolingia "non il difensore dell'idea italiana contro la germanità invadente", giudizio che, seppur non condivisibile alla luce della più recente critica nella sua prima parte, ha il merito, e con ragione, di opporsi nella seconda parte alla tesi gabottiana, allora prevalente, che di Arduino faceva "il nobile e fiero rappresentante della riscossa italiana contro gli Ottoni, ossia contro il Germanesimo... sul finire del secolo X". Curò inoltre, insieme a E. Durando e F. Gabotto, il Cartario dell'abazia di Cavour, Biblioteca della Società storica subalpina, III, 1, Pinerolo 1900, e le Carte inedite e sparse dei signori e luoghi del Pinerolese fino al 1300, ibid., III, 2, Pinerolo 1909, in attuazione del programma di esplorazione metodica degli archivi promosso dalla scuola gabottiana per permettere la ricostruzione del panorama, soprattutto politico-diplomatico, che la regione subalpina presentava nell'età medievale.
Il B. morì a Torino il 23 nov. 1919.
Bibl.: A. Manno, Il patriziato subalpino, II, Firenze 1906, p. 203; Necrologio di B. B. di V., in Bollett. stor. bibl. subalpino, XXI (1919), pp. 306 s.; T.Rossi, Commemorazione di Ferdinando Gabotto e B. B. di V., ibid., XXIII(1921), pp. 3-5; F. Patetta, Genealogie vecchie e nuove. A proposito di uno scrittarello polemico sul Sigillum ospicii de Braida, in Atti della R. Accad. d. scienze di Torino, LXII(1926-27), pp. 385-404, ma specialmente pp. 396-404; F. Cognasso, Umberto Biancamano, Torino-Milano 1929, passim.