TAGLIACARNE, Battista
Non sono note le date della sua nascita – si sa solo che proveniva dalla più importante famiglia di parte guelfa della città ligure di Levanto, nella riviera di Levante –, e dell’ingresso tra i francescani osservanti: ma floruit intorno al 1427 (Annales Minorum, 19323, X, p. 120), e la sua rapida carriera iniziò in età giovanile.
Dopo un primo incarico a fianco di frate Alberto da Sarteano e della delegazione di frati inviata da Eugenio IV in Etiopia nel settembre 1439 per riportare anche quella Chiesa all’unità con Roma (Ibid., XI, p. 71), Tagliacarne fu eletto nel 1449 vicario generale della Provincia d’Oriente dal capitolo generale dell’Osservanza cismontana riunito a Bosco ai Frati (Mugello, Comune di Scarperia e San Piero) e su indicazione del vicario generale Giovanni da Capistrano (Ibid., XII, p. 34). Ricoprì l’incarico fino al 1° maggio 1451. Una delle sue ultime disposizioni riguardò la nomina del guardiano del convento di Sant’Antonio dei Cipressi, a Costantinopoli, distrutto di lì a poco (Ibid., XII, p. 132). Nel giugno 1453 gli fu affidato il governo della Provincia di Genova (Ibid., XII, p. 199) a cui si aggiunse la nomina a diffinitore generale.
Tutto ciò preparò l’ascesa di Tagliacarne ai vertici della famiglia cismontana. Le carte del capitolo generale riunito il 25 maggio 1455 a Bologna ricordano l’ampio suffragio ottenuto. Benché più giovane degli altri candidati («etsi aetate adolescentiorem»: Ibid., XII, p. 333), le prime due votazioni lo designarono con la maggioranza dei voti, la terza votazione con l’unanimità. Di lui, il papa Niccolò V avrebbe scritto al da Capistrano che «linguam habet disertissimam, sicut gladium acutum, et animae viscera penetrantem. Brevis est in verbo, cunctis gratus, singulis acceptus» (Ibid.).
Nonostante la designazione unanime da parte dei Cismontani, la nomina non fu subito ratificata dall’allora ministro generale dell’Ordine, il conventuale Giacomo da Mozzanica, fortemente ostile all’autonomia degli Osservanti. Ciò fu senza conseguenze in virtù soprattutto della Ut sacra Ordinis Minorum religio, la bolla di Eugenio IV dell’11 gennaio 1446 che aveva di fatto sottratto i vicari generali dell’Osservanza alla giurisdizione dei ministri generali dell’Ordine. La vicenda annunciava però problemi futuri, di cui Tagliacarne informò Giovanni da Capistrano in due lettere del 18 luglio 1455 e del 5 febbraio 1456. Nikolaus Glassberger commentava così le preoccupazioni comunicate dal Tagliacarne al Capistrano: «Hic significavit patri Iohanni de Capistrano molestias, quas Minister Generalis Fratribus de Observantia inferebat» (Glassberger, 1887, p. 352).
La ratifica del da Mozzanica giunse solo il 22 aprile 1456 e su sollecitazione di Callisto III, limitandone tuttavia la validità «usque ad proxime futurum capitulum generale Mediolani» (Annales Minorum, XII, pp. 504 s.). Il primo incarico di Tagliacarne ai vertici dell’Osservanza cismontana durò quindi solo due anni e si concluse nel 1457 con le sue dimissioni e l’elezione al suo posto di Antonio da Montefalco. Il biennio coincise con la fase di maggior contrasto tra Conventuali e Osservanti, aggravato dagli alterni interventi dei papi a favore o degli uni o degli altri.
In particolare, nel 1455 Tagliacarne fu convocato da Callisto III ad Assisi all’assemblea capitolare da cui sarebbe uscita, con la mediazione di Giacomo della Marca, la Illius cuius in pace del 2 febbraio 1456 (Ibid., XII, p. 310): la bolla “di unione” o “di concordia” che non sortì però alcun effetto e venne di fatto oscurata dai capitoli generali del 1457 e del 1458.
Peraltro, alle grandi questioni che agitavano dall’interno l’Ordine minoritico causandone paradossi e fragilità faceva da contraltare il grande radicamento sociale dell’Ordine, di cui era espressione il gradimento dei frati presso le élites urbane e signorili dell’Italia centrosettentrionale. La documentazione degli anni Cinquanta e Sessanta del Quattrocento ci mostra Tagliacarne coinvolto in una pluralità di relazioni con i detentori del potere: dalla semplice familiarità che trapela dalla scrittura epistolare (in una lettera datata Milano, 14 novembre 1455, Francesco Sforza chiedeva al Tagliacarne di intercedere presso il Capistrano affinché questi si recasse a Milano: Agostino da Stroncone, 1890, p. 137), alle frequenti negoziazioni con le autorità e i poteri locali a sostegno dei nuovi insediamenti dell’Osservanza (nella Provincia di Genova e nel Piemonte, Tagliacarne concorse direttamente alle nuove fondazioni di Levanto nel 1449 e di Torino nel 1453 dopo aver predicato in città; ma le trattative per l’insediamento torinese si protrassero ulteriormente per almeno un decennio: Annales Minorum, XIII, pp. 291 s.), alla tutela (la determinatio del 1467 a favore di Bianca Maria Visconti, vedova di Francesco Sforza: Merlo, 1998) e all’indirizzamento etico-religioso degli stessi poteri politici attraverso il contrasto delle lotte di fazione.
Già nel 1454-55, predicando contro le fazioni dogali nel Ponente ligure, Tagliacarne era stato all’origine, ad Albenga e in altre località, del fenomeno delle «Sante Unioni». Dieci anni più tardi, a Genova, il 29 marzo 1465, ancora a seguito della predicazione di Tagliacarne «circa lo levar de li colori in questa cità e in lo nostro paixe» (ASG, Archivio segreto 557, c. 123r; Taviani, 2008, p. 102), la proposta conciliativa del frate fu presentata a un consiglio di quattrocento cittadini i quali, su suggerimento del giureconsulto Battista de Goano, incaricarono una commissione di dodici eletti «sine observantia dictorum colorum» (ASG, Archivio segreto 557, cc. 123-124; Musso, 2005, p. 534, nota 45; Taviani, p. 102) di trovare le modalità più opportune per procedere alla estinzione dei “colori” guelfi e ghibellini. La commissione redasse un progetto di riforma che introduceva un sistema di elezione mediante estrazione da un bussolo di habili per alcune delle più importanti magistrature (Anziani, Sindacatori, Padri del Comune, ufficiali di Moneta, Mercanzia, Banchi, Gazaria, Maestrali e Consoli della Ragione). Le élites politiche della Liguria reagirono variamente alla proposta del Minorita: ostacolata dai Doria e dagli Spinola, essa fu inizialmente favorita da Ludovico Fregoso e dal governatore sforzesco Corrado da Fogliano. Così, pur abolendo i partiti bianco e nero, la riforma non poté superare le divisioni tra nobili e popolani, tra mercanti ed artigiani (Musso, 2005, p. 534; Taviani, p. 102).
Dopo la morte di Tagliacarne, ci furono altri tentativi simili di riforma. A Chiavari, i capitoli concordati nel 1469 per la «conservatione in pace et carità de li burgesi» stabilivano «circa la expulsione de le parte» che nessuno osasse più «in palese o in secreto nominare o cridare o fare alchuna evidente demostratione de alcuna partialità, excepto solamente lo nome et la parte de le nostre ill.me Segnorie [i duchi di Milano] et de chi governa lo palacio de Genoa» (ASG, Archivio segreto, 5, doc. 24 marzo 1469; Musso, 2005, p. 534 nota). Ancora negli anni Settanta, a Savona, nuovi indirizzi in questo senso ci furono su sollecitazione del papa francescano Sisto IV; e a Genova, nel 1478, un altro frate dell’Osservanza, Giacomo de Rosa, si fece ancora latore della riforma ideata dal Tagliacarne.
Nel frattempo, la morte del da Mozzanica (luglio 1457, sostituito da un altro conventuale, il catalano Giacomo da Sarzuela, gradito a Callisto III) e del papa stesso (6 agosto 1458, avvicendato da Pio II, favorevole all’Osservanza e già amico di Giovanni da Capistrano) aveva favorito il secondo incarico di Tagliacarne al vertice della famiglia cismontana: fu rieletto nel capitolo generale riunito in quell’anno a Roma all’Aracœli, a seguito delle dimissioni del da Montefalco. La carica si protrasse regolarmente per un triennio, dal 1458 al 1461, e tra i temi che Tagliacarne dovette affrontare ci fu anche quello dei rapporti dei frati con la componente femminile dell’Ordine: suore del Terz’Ordine, monache di Santa Chiara, bizzocchere (Regestum, 1983, pp. 57 s., 111).
Il 24 maggio 1467 Tagliacarne ottenne dal capitolo cismontano riunito a Mantova la terza nomina al vicariato generale. A questo terzo ed ultimo incarico risalgono i viaggi nelle province francescane del sud, del centro e del nord Italia. Tra giugno e settembre 1467 egli attraversò la Provincia milanese visitando i conventi di Casale, di Santa Maria dell’Aguzzano a Orzinuovi (BS), di Asola (BS), di Milano (Santa Maria degli Angeli), e poi di Mortara, Crema, Lodi, Bergamo, Lecco, Como, nel tentativo di risolvere le spinte scissioniste di frate Pietro Capriolo, ma nonostante gli sforzi non riuscì a rimarginare i dissidi. L’anno successivo Tagliacarne si spostò nelle province meridionali di cui visitò i conventi di Trani e Gallipoli (Puglia), di Cariati (Calabria), di Napoli e Gaeta (Terra di Lavoro), di Sinalunga e Siena (Tuscia), della provincia Romana (risiedendo, a Roma, nella basilica di San Lorenzo fuori le mura). Il 29 dicembre 1468 Battista era a Chieti, nel convento di Sant’Andrea, dove presiedeva il capitolo della provincia di San Bernardino.
Da Gaeta, fra il 30 dicembre 1468 e il 7 gennaio 1469, Tagliacarne firmava le ultime missive del suo generalato. Interprete intransigente della regola, nel 1469 esortava contro il consumo della carne il mercoledì delle Ceneri, che invece i vicari provinciali e il vicario generale Marco da Bologna avevano lasciato alla decisione delle singole provincie (Regestum, p. 146). In quest’ultima data scrisse ai frati della Provincia milanese, ancora a proposito del conflitto in atto tra i frati milanesi e i bresciani riuniti intorno al Capriolo e al Malvezzi: gravemente infermo («infirmus sum graviter»: Ibid., p. 143), prese atto dolorosamente della non superata scissione della Vicarìa milanese.
Morì di lì a poco, nel febbraio 1469, e fu sepolto a Roma nel tempio dell’Aracœli.
Archivio di Stato di Genova (= ASG), Archivio segreto, Litterarum, XVII, p. 169; Archivio segreto, 557, cc. 123-124; Manoscritti 66, cc. 35-35v; Archivio segreto, 5, doc. 24 marzo 1469; Ms. tornati da Parigi, 19, cc. 87v-88r; Archivio di Stato di Milano, Sforzesco 977, lettera del 19 febbraio 1478; Sforzesco 980, lettera del 1 aprile 1478; Archivio segreto Vaticano, Monasteri soppressi, Franciscalia I, cc. 86r-96r; Torino, Archivio provinciale OFM, Carlo Emanuele De Gregori OFM, Memorie istoriche dell’antica chiesa e convento della Madonna degli Angeli altre volte di San Solutore Minore già abitato dai Frati Minori Osservanti di S. Francesco di Torino; Chronica fratris Nicolai Glassberger Ordinis Minorum Observantium, Quaracchi 1887, pp. 352, 374 s., 377, 445; Ioannes de Komorovo, Memoriale Ordinis Fratrum Minorum, Lwòw 1888, p. 203; B. Bernardini Aquilani Chronica fratrum minorum observantiae (Ex codice autographo primum edidit fr. L. Lemmens OFM), Roma 1902, pp. 66, 71-73, 83-88, 110 s.; L. Wadding, Annales Minorum seu Trium Ordinum a s. Francisco institutorum, Quaracchi 19323, X, p. 120; XI, p. 71; XII, pp. 33 s., 46, 132, 198 s., 310, 321, 333, 437, 504 s.; XIII, pp. 62, 66 s., 69 s., 291 s.; 458, 477-482, 483, 488 s., 502; Bullarium franciscanum, n.s., II, Quaracchi 1939, pp. 63, 90, 92, 103; Regestum Observantiae Cismontanae (1464-1488), Grottaferrata (Roma) 1983, pp. 13, 17-19, 30, 57 s., 65, 104-144, 146-153, 157-160, 267. [3] G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna, IX, Torino 1841, p. 424; G.B. Semeria, Secoli cristiani della Liguria, ossia storia della metropolitana di Genova, delle diocesi di Sarzana, di Brugnato, Savona, Noli, Albenga e Ventimiglia, I, Torino 1843, p. 188; Raffaelangelo da Faenza, Vita del B. Marco Fantuzzi da Bologna dell’Osservanza di S. Francesco, Bologna 1869, pp. 63 s.; F. Gabotto, L’introduzione dei frati Minori Osservanti in Torino nel secolo XV, in Miscellanea francescana di storia, di lettere, di arti, IV (1889), pp. 161-163; Agostino da Stroncone OFM, L’Umbria serafica, ibid., V (1890), p. 137; A. Calenda di Tavani, Patrizi e popolani del medio evo nella Liguria occidentale, I-II, Trani 1891 (rist. anast., Bologna 1979), II, pp. 21, 29, 59 s.; S. Basso OFM, Il nuovo collegio serafico-missionario di N.S. del Monte in Genova, Genova 1924; J. Hofer, Giovanni da Capestrano. Una vita spesa nella lotta per la riforma della Chiesa, trad. it., L’Aquila 1955, pp. 625 s., 632, 706; C. Cenci, Manoscritti francescani della biblioteca nazionale di Napoli, II, Grottaferrata 1971, p. 931 nota; M. Fois, I papi e l’Osservanza minoritica, in Il rinnovamento del francescanesimo. L’Osservanza. Atti dell’XI convegno internazionale, Assisi 1985, pp. 71 s.; A. Casini, La Provincia di Genova dei Frati Minori dalle origini ai nostri giorni, Chiavari 1985, pp. 333-339; G.G. Merlo, Gli inizi dell’Osservanza minoritica nella regione subalpina, in Frate Angelo Carletti osservante nel V centenario della morte (1495-1995), a cura di O. Capitani et al., in Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, CXVIII (1998), 1, pp. 32 s.; Id., Ordini mendicanti e potere: l’Osservanza minoritica cismontana, in Vite di eretici e storie di frati. A Giovanni Miccoli, a cura di M. Benedetti - G.G. Merlo - A. Piazza, Milano 1998, p. 291; “Vestigia Patrum”: tesori d’arte riscoperti nel Golfo della Spezia, a cura di F. Bonatti, Sarzana 2000, p. 60; R. Musso, “Viva el Duca et lo Sancto Padre”. Savona al tempo degli Sforza e di Sisto IV (1464-1478), in Atti e memorie della Società savonese di Storia Patria, XXXVII (2000), pp. 105 s.; Id., I “colori” delle Riviere: fazioni politiche e familiari a Genova e nel suo dominio tra XV e XVI secolo, in Guelfi e ghibellini nell’Italia del Rinascimento, a cura di M. Gentile, Roma 2005, pp. 534 s., 546; G.G. Merlo, Tra eremo e città. Studi su Francesco d’Assisi e sul francescanesimo medievale, Assisi 20072, pp. 379, 479, 481; C. Taviani, “Superba discordia”. Guerra, rivolta e pacificazione nella Genova di primo Cinquecento, Roma 2008, p. 102 e relative note; L Gaffuri - L. Barale, L’Osservanza minoritica in Piemonte nel Quattrocento, in “Fratres de familia”. Gli insediamenti dell’Osservanza minoritica nella penisola italiana (sec. XIV-XV), a cura di L. Pellegrini - G.M. Varanini, in Quaderni di storia religiosa, XVIII (2011), pp. 37, 48; R.L. Guidi, Frati e umanisti nel Quattrocento, Alessandria 2013, p. 253 nota 99.