FRESCOBALDI, Battista
Uomo d'affari fiorentino, nacque intorno alla metà del sec. XV da cospicua famiglia di banchieri e mercanti.
Appartenenti ai magnati, i Frescobaldi, a onta delle ricchezze accumulate con l'esercizio delle attività bancarie e della mercatura, raramente erano riusciti a conseguire cariche di governo in Firenze. Dopo l'isolato priorato di Ghino nel 1285, essi tornarono infatti a ricoprire quella carica soltanto nel 1433, con Francesco di Filippo. Tuttavia anche in questo caso si trattò di un evento isolato. Con l'avvento di Cosimo de' Medici, nel 1434, alcuni di loro furono banditi, segno che essi ne avevano in qualche modo ostacolato la politica. Comunque, quando il nuovo regime si fu rafforzato, non pochi membri dell'ampia e ramificata consorteria si riavvicinarono ai Medici e alla loro fazione, come fece, ad esempio, Giovanni, che rappresentò a Venezia la banca Medici ai tempi di Lorenzo il Magnifico.
Incline ad accettare la supremazia medicea fu probabilmente anche il Frescobaldi. Erede di una tradizione imprenditoriale, che in passato aveva spinto numerosi membri della sua famiglia a lasciare di frequente l'Italia per viaggi e lunghi soggiorni nei paesi dell'Occidente europeo e del bacino del Mediterraneo per seguire e incrementare le attività commerciali e bancarie promosse dalla loro consorteria - basti ricordare Lionardo e Filippo di Niccolò il quale ultimo nel 1472 esemplò la Pratica di mercatura di Francesco di Balduccio Pegolotti -, anche il F. si allontanò spesso dalla patria. Nel 1479 il F. era a Pera quando venne utilizzato, quasi certamente per incarico diretto di Lorenzo de' Medici, per snidare Bernardo Bandini. Questi, il 26 apr. 1478, aveva ucciso, con Jacopo de' Pazzi, Giuliano de' Medici e si era rifugiato prima a Napoli e poi a Costantinopoli, dove si riuscì a farlo arrestare dalle autorità ottomane nella tarda primavera del 1479. Fin dal 18 giugno di quell'anno, infatti, Lorenzo scriveva una lettera di ringraziamento a Bernardo Peruzzi che, da Pera, gli aveva dato l'"adviso" dell'arresto del Bandini. Il 5 e nuovamente il 15 luglio Lorenzo scriveva poi al console fiorentino di Pera (lo stesso F., secondo Capponi, Carlo Baroncelli, secondo Babinger) ringraziandolo per una sua lettera e comunicandogli l'imminente arrivo di Antonio di Bernardo de' Medici, inviato ufficiale del governo fiorentino presso Maometto II. Antonio de' Medici ottenne la consegna del Bandini che, ricondotto in patria, venne giustiziato.
L'episodio conserva per noi lati estremamente oscuri. Non conosciamo né le responsabilità del F., né la parte da lui avuta nella vicenda, né i rapporti che intercorrevano realmente tra lui e Lorenzo de' Medici. Siamo d'altro canto informati che il Magnifico diffidava del F., ed è probabile che i fatti di Pera siano stati strettamente connessi con la tragica fine del Frescobaldi.
Rientrato in patria, forse proprio con Antonio de' Medici e col Bandini, il F. venne forse sottoposto a una stretta sorveglianza da parte del governo finché il 2 giugno 1481 venne arrestato insieme con Amoretto Baldovinetti, sotto l'accusa di aver ordito una congiura per "tagliare a pezzi" lo stesso Lorenzo de' Medici. Si disse che dietro questa "machinatione" vi fossero trame ordite da Cola Montano e, attraverso lui, da Girolamo Riario, ma questa voce venne lasciata cadere dalle autorità, forse per non creare problemi sul piano diplomatico. Anche circa le ragioni di politica interna, che potevano aver mosso il F. a cospirare, le autorità evitarono di approfondire le indagini o preferirono non divulgarne le risultanze.
Si può avanzare l'ipotesi che un'eventuale frequentazione del Bandini durante la prigionia a Costantinopoli e forse nel corso del viaggio di ritorno in Italia poté spingere il F. a far proprie le tesi e le soluzioni politiche dell'attentatore. Nulla di tutto ciò trapela a ogni modo dalle fonti, secondo le quali - in definitiva - il F. si sarebbe fatto anima del complotto solo a causa del risentimento per non essere stato adeguatamente ricompensato dal Magnifico per la cattura del Bandini.
Nel suo progetto il F. era stato sostenuto da Neri Acciaiuoli, il maggior esponente della dissidenza fiorentina esule a Roma, il quale, come scrive il Mallett, "lo aveva anche presentato al Baldovinetti, che frequentava i circoli romani degli esuli fiorentini". Il Baldovinetti, per sua parte, sarebbe stato convinto dall'Acciaiuoli con la promessa del cappello cardinalizio per suo fratello Niccolò. Alla congiura avevano poi aderito anche Francesco e Antonio di Giovanni Baldinucci: quando essa venne scoperta, il primo riuscì a fuggire a Siena, il secondo fu arrestato nella sua villa il 4 giugno. Sottoposto a tortura, il F. rese una completa confessione e così fecero sia il Baldovinetti sia Antonio Baldinucci. Secondo i piani prestabiliti, il Magnifico doveva venir assassinato nel duomo di Firenze (nella chiesa del Carmine, afferma Machiavelli), il 10 giugno successivo, domenica di Pentecoste. I congiurati o si sarebbero dovuti subito dopo nascondere, in attesa del successo di una prevedibile sommossa popolare, o avrebbero chiamato essi stessi i loro concittadini a rivolta e a libertà, correndo per diversi quartieri innalzando il vessillo del popolo. Furono tutti condannati a morte.
Il 6 giugno il F. venne impiccato, insieme col Baldovinetti e col Baldinucci alla finestra del palazzo del Capitano. Fin dal giorno successivo Lorenzo de' Medici si affrettò a informare tutti i suoi corrispondenti stranieri della fallita congiura e dell'esecuzione dei suoi capi, attribuendo le maggiori colpe a "quello traditore di Batista Frescobaldi" (Protocolli, p. 149).
La pena capitale, così rapidamente comminata ed esemplarmente eseguita, non mancò di proporre un delicato problema politico. Nella sentenza i condannati venivano definiti responsabili non solo "contra presentem pacificum statum et libertatem civitatis Florentiae", ma anche "contra aliquem ex primoribus et optimatibus civitatis eiusdem". Il nome di Lorenzo de' Medici non vi veniva fatto; ma il solo richiamo a "un cittadino" faceva intendere che i congiurati erano praticamente accusati di un delitto di lesa maestà, nel senso che - come sottolinea Antonio da Montecatini, inviato degli Este a Firenze - si attribuiva a Lorenzo un "onore" e un "riguardo" non consoni a un qualsiasi privato, come invece lo stesso Lorenzo insisteva ufficialmente a presentarsi.
Fratello del F. fu Giuliano, che cadde combattendo tra i soldati di Francesco Ferrucci a Gavinana nel 1530.
Fonti e Bibl.: N. Machiavelli, Istorie fiorentine, a cura di F. Gaeta, Milano 1962, p. 576; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-74, 1477-92, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, pp. 92 s., 149; Lorenzo de' Medici, Lettere, a cura di M. Mallett, V (1480-1481), Firenze 1989, pp. 226-228; VI, (1481-1482), ibid. 1990, p. 294; A. Ademollo, Marietta de' Ricci ovvero Firenze al tempo dell'assedio, III, Firenze 1845, p. 1088; G. Capponi, Storia della Repubblica di Firenze, II, Firenze 1876, p. 407; F.T. Perrens, Histoire de Florence depuis la domination des Médicis jusqu'à la chute de la Republique (1434-1531), I, Paris 1888, pp. 510 s.; B. Barbadoro, Frescobaldi, in Enc. Italiana, XVI, Roma 1932, pp. 70 s.; F. Babinger, Maometto il Conquistatore, Torino 1956, pp. 572-574 (per la cattura del Bandini; ma non si cita il F. e si definisce Antonio de' Medici fratello di Lorenzo); F. Pegolotti, La pratica della mercatura, a cura di A. Evans, Cambridge, MA, 1936, pp. XI ss., XLII s., 383 (per Filippo di Niccolò Frescobaldi); W.J. Kennedy, Petrarchan figurations of death in Lorenzo de' Medici sonnets, in Life and death in fifteenth-century Florence, a cura di M. Tetel - R.G. Witt - R. Goffen, Durham-London 1989, pp. 48 s., 53; A. Brown, Lorenzo and public opinion in Florence. The problem of opposition, in Lorenzo il Magnifico e il suo mondo. Convegno internazionale di studi (Firenze 1992), a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1994, pp. 63 s.