BATTISTA da Rapallo
Scarse e frammentarie le notizie che ci sono pervenute sulla vita di B.; visse nella seconda metà del sec. XV, probabilmente a Genova, ove acquistò una certa reputazione come chirurgo. In tale veste B. è menzionato in un documento saluzzese del 27 sett. 1473 da cui apprendiamo come si trovasse già da alcuni anni a Saluzzo, presso il marchese Ludovico I, che, affetto da calcoli, era ricorso alle sue cure. Nel documento in questione, riferito dal Malacarne (p. 128), si dispone la nomina di B. a consigliere di Ludovico I e gli si assegna uno stipendio di 400 fiorini.
B. si trasferì così per un lungo periodo a Saluzzo, ove probabilmente tenne un insegnamento privato di medicina e chirurgia, avendo tra i suoi discepoli Facinotto Tiberga e Giovanni de' Romani.
Quest'ultimo viene preposto a B. per quel che riguarda l'adozione di un nuovo metodo operatorio per la cura chirurgica dei calcoli vescicali. L'intervento per l'estrazione dei calcoli vescicali, o "taglio della pietra", certamente praticato fin dall'antichità (la formula del giuramento ippocratico, infatti, imponeva ai medici di non eseguire tale tipo di operazione, ma di lasciarlo ai chirurghi che specialmente vi si dedicavano), fu per la prima volta descritto da Aulo Cornelio Celso nel De re medica: l'intervento, non scevro di pericoli e di esecuzione tutt'altro che semplice, veniva eseguito preferibilmente su giovanetti con l'impiego di una serie di piccoli strumenti chirurgici, chiamata "piccolo apparato". Successivamente, il taglio della pietra venne operato, in Italia, dai chirurghi norcini o preciani, secondo l'antica tecnica tramandata, tra quei rozzi cultori dell'arte, da maestro ad allievo. Fu soltanto all'inizio del sec. XVI che, con l'introduzione della cistotomia perineale con taglio laterale, si registrò il primo grande progresso nella tecnica della litotomia e l'intervento acquistò nuova dignità medico-chirurgica. Il nuovo metodo, descritto per la prima volta da Mariano Santo da Barletta nella sua opera De lapide renum, et de vesicae lapide excidendo, Venetiis 1535, per la cui esecuzione era necessario uno strumentario chirurgico più grande di quello celsiano ("apparato grande"), era senz'altro più sicuro e praticabile su pazienti d'ambo i sessi e di varia età; il Santo ne attribuì appunto la priorità al proprio maestro, Giovanni de' Romani.
Il Malacarne, basandosi su un passo della cronaca genovese del Senarega, in cui tale intervento, consistente in una cistotomia perineale con taglio laterale, viene descritto accuratamente ed attribuito ad un "chirurgus praexcellentissimus", morto a Genova nel 1510 e identificabile con B., è propenso invece ad attribuirne la paternità a B. stesso, argomentando inoltre che Giovanni de' Romani si trovava a Saluzzo proprio negli anni della maggior fama di B., ed alla sua scuola avrebbe appreso anch'egli le modalità di tale intervento. Successivamente, a metà del sec. XVI, un allievo del Santo, Ottaviano da Villa, recatosi in Francia, insegnò la nuova tecnica litotomica a Lorenzo Collot, e questi la tramandò ai suoi figli, che ne custodirono gelosamente il segreto: per circa due secoli l'intervento fu eseguito in Francia, soltanto dai Collot, tanto che alcuni autori vollero far risalire a tale famiglia la priorità del metodo.
B., che alla morte del marchese Ludovico I era passato alle dipendenze del figlio Ludovico II, si trovava ancora a Saluzzo, nel 1487, quando la città venne assediata da Carlo I di Savoia e in tale occasione egli fu messo a capo del magistrato della Sanità insieme a Giovanni Rosso e Giorgio Gastaudo.
Poco più tardi B. avrebbe lasciato Saluzzo e sarebbe tornato a Genova, ove nel 1504 assistette il marchese Ludovico II che, di ritorno da Napoli, vi moriva, il 27 gennaio di quell'anno. Non abbiamo altre notizie sulla sua vita; se l'identificazione di B. con il "chirurgus praexcellentissimus" della cronaca genovese del Senarega viene accolta, sulla traccia del Malacarne, egli sarebbe morto a Genova nel 1510.
B. ebbe un figlio, Giovanni, che fu anche suo discepolo e divenne in seguito archiatra di Giulio II e che prese il nome di Giovanni "de Vigo" (di Ludovico), per l'amicizia che lo legava a Ludovico II, marchese di Saluzzo. Anche B. è di ríflesso spesso ricordato come "de Vigo".
B. non va confuso con quel Battista di Rapallo menzionato nel commento del Pandiani alla cronaca del Senarega.
Fonti e Bibl.: B. Senaregae De rebus Genuensibus commentaria, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXIV, 28, a cura di E. Pandiani, p. 138; B. Orsero, L'assedio di Saluzzo dell'anno 1487, a cura di D. Muletti, Saluzzo 1831, pp. 20-23; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VI, Modena 1776, pp. 369 s.; VII, ibid. 1778, p. 90; G. Marini, Degli archiatri pontifici, I, Roma 1784, p. 300; V. Malacarne, Delle opere de'medici e de cerusici..., Torino 1786, pp. 128-133, 179, 181-184, 187 s., 215-217; Costa de Beauregard, Mémoires historiques sur la maison royale de Savoie..., I, Turin 1816, p. 225; G. Muletti, Storia di Saluzzo e dei suoi marchesi con documenti, V, Saluzzo 1831, pp. 126 s., 294 s., 388393; G. G. Bonino, Biografia medica piemontese, I, Torino 1834, pp. 83-86; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, II, Napoli 1845, p. 445; G. B. Pescetto, Biografia medica ligure, Genova 1846, pp. 55-61; Dizionario classico di medicina, XXII, Venezia 1852, p. 692; J. D. Barney, Lithiasis, in History of Urology, II, Baltimore 1933, pp. 1-25; C. Ravasini, L'urologia in Italia, Udine 1936, pp. 10-14, 32, 34; L. Gualino, Storia medica dei romani pontefici, Torino 1934, pp. 423 s.; A. Pazzini, Storia della medicina, I, Milano 1947, p. 746; C. Mancini, Il "Metodo Santiano" in chirurgia urologica e maestro B. da Rapallo, in Riv. di storia d. medicina, VI, 2 (1962), pp. 237-244.