BATICLE (βαϑυκλῆς, Bathycles)
Scultore da Magnesia sul Meandro. Nel periodo arcaico Ia sua figura appare isolata, quasi leggendaria, senza che si possa determinare in qual momento gli Spartani l'abbiano chiamato a eseguire il trono dell'idolo primitivo colossale di Apollo che si venerava ad Amicle, pochi chilometri a sud di Sparta. Già nel sec. V il nome dell'artista è associato alla leggenda dei sette sapienti, ossia riferito alla fine del sec. VII. Singolare non meno l'ordinazione così importante data a un maestro della Ionia, quando fiorivano nel Peloponneso le scuole d'artisti che la tradizione ricollega al magistero dei Dedalidi.
Dell'unica opera che si ricordi, Pausania (III, 18-19) ci ha lasciato una descrizione alquanto sommaria. Collocato all'aperto, era una specie di banco (Paus.: "cattedra a più posti") certamente con alta spalliera, ornato d'una serie di rilievi con figurazioni mitologiche. Lo scrittore indica 45 suggetti, in più le figure dei concittadini condotti da B. per aiutarlo nel lavoro, e sfingi e belve consuete nella decorazione arcaica. I nomi indicati con sicurezza da Pausania fanno credere che alle figure s'accompagnassero delle iscrizioni, benché il testo non lo dica: 12 quadri rappresentavano fatti di Eracle, parecchie erano le leggende dei numi, quelle degli eroi appartenevano a varî cicli (Teseo, Perseo, Bellerofonte, Tindaro, i Dioscuri, Peleo, Cadmo, ecc.). Più della metà di tali scene si riscontrano in originali, specialmente pitture di vasi, del periodo arcaico: l'incertezza cronologica già accennata impedisce di riconoscere i paralleli tipologici. Il trono recava pure un simulacro d'Artemide Leucofriene, divinità peculiare della città di origine di B., simile all'Artemide Efesia, insieme alle Cariti, probabilmente due come si veneravano ad Amicle. A destra, ma non è detto come, c'erano Echidna e Tifone, a sinistra dei Tritoni. Sotto il sedile, davanti e dietro, due Cariti e due Ore (stagioni), e tra queste statue, poste come sostegni, l'ara che reggeva il peso dell'idolo, scolpita con figure di numi e di eroi, tra i quali Giacinto che la tradizione locale asseriva sepolto là sotto. Una porta di bronzo nella parete sinistra dava accesso all'heroon, per le celebrazioni di culto in onore del giovane eroe. La materia, benché Pausania non l'indichi, è da credere che fosse il marmo, certamente policromato: di bronzo, con la faccia dorata, era il colosso d'Apollo, alto circa 14 metri. Tal misura ci permette d'immaginare le dimensioni del trono.
Poiché la descrizione non basta per dare un'esatta idea del monumento, tutte le ricostruzioni grafiche tentate finora hanno un valore molto relativo. Questa, fig. 2, disegnata sotto la direzione di A. Furtwängler circa 35 anni fa, benché assai discutibile in molti particolari, si può confrontare con una moneta di Eno in Tracia, che presenta un simulacro dello stesso tipo su un trono assai più piccolo, e può dare un'idea dell'insieme, per quanto abbastanza vaga. L'ultima, del Fiechter, utilizza elementi architettonici rinvenuti nello scavo del 1904, ma non è, nell'insieme, gran che più certa: il trono risulta cinto da una sorta di tempietto a colonne doriche. Il Furtwängler ha immaginato le Cariti e le Ore nel tipo ionico del sec. VI, assegnando così al monumento una data probabile, che concorda con lo stile di qualche ornato rinvenuto più tardi in luogo. L'elemento più sicuro è la figura d'Apollo, che si vede su monete della Laconia, come quella qui riportata (fig. 1).
Bibl.: W. Amelung, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, III, Lipsia 1909, p. 31 segg.; E. Fiechter, Amyklae, in Jahrbuch des deut. arch. Instit., XXXIII (1918), p. 107 segg. (con 17 tav.). Per il testo di Pausania si vedano specialmente le edizioni di J. G. Frazer, Londra 1898, e di Blümner-Hitzig, I, 2, Lipsia 1899.