LOCATELLI (Loccatello), Basilio
Nacque molto probabilmente a Roma, dal tornitore Iacobo e da una Altabella, tra la fine del 1590 e l'inizio del 1591, dato che si desume dalla notizia del battesimo, il 24 febbr. 1591, che ebbe luogo nella chiesa di S. Maria in Vallicella. Il L. è tuttora personaggio alquanto sconosciuto, nonostante il suo nome sia legato a una delle prime raccolte di scenari della commedia dell'arte a noi pervenute, destinati alle recite all'improvviso degli attori dilettanti.
Pare che fosse stato avviato dal padre al mestiere di pittore, ma mancano sicure conferme archivistiche a riguardo. Nel 1632, alla morte del fratello Cesare, ricevette in eredità un'ingente fortuna. Cresciuto quasi certamente nell'ambiente oratoriano e legato all'entourage dei cardinali Barberini, si adoperò per far pubblicare postumo un trattato del fratello, Breviarium sive Compendiaria lucubratio, dedicato al cardinale Francesco Barberini (Roma 1637).
Come attore legato al fertile ambiente dilettantesco della commedia ridicolosa, da più parti il L. è stato ritenuto membro dell'Accademia degli Umoristi, anche qui senza il conforto di riscontri documentari. Secondo l'ipotesi di Lea, è possibile che il L. abbia fatto parte dell'Accademia degli Intrigati, fondata nel 1606 da Virgilio Verucci, autore di commedie ridicolose, il quale fu a sua volta anche un Umorista. Nonostante l'incertezza rispetto a tali appartenenze, il L. si esibì di sicuro - e probabilmente si formò anche - nell'ambito del teatro accademico romano, in una o più delle numerose accademie attive nella città oltre a quelle citate: i Desiosi, gli Infiammati, i Fantastici, i Disuniti, i Vogliosi.
La raccolta di scenari del L., intitolata Della scena de' sogetti comici e divisa in due parti datate rispettivamente 1628 e 1632, si conserva nei mss. 1211 e 1212 della Biblioteca Casanatense di Roma, provenienti dal fondo del cardinale Girolamo Casanate. Si tratta di centotré scenari di argomento in prevalenza comico, ma anche tragico, pastorale, eroicomico, tragicomico, il cui primo proprietario finora accertato, intorno al 1654, stando a Leone Allacci, fu il medico romano e accademico Umorista Vincenzo Buzzi. Ritrovati nel 1894 dal giornalista Antonio Valeri, gli scenari locatelliani sono elencati nella prima edizione romana della Drammaturgia dell'Allacci e poi dal Bartoli; i titoli, con la descrizione dei soggetti, sono trascritti in dettaglio da Pandolfi (V, pp. 223-252).
Cronologicamente successivi a Il teatro delle favole rappresentative di Flaminio Scala, apparso a Venezia nel 1611, gli scenari del L. sollevano la questione della loro stesura e redazione e quella dei rapporti con gli scenari della raccolta Corsiniana, databili intorno al 1613, e con altre raccolte simili, prima fra tutte la Casamarciana della Biblioteca nazionale di Napoli. Pur in mancanza di un'edizione filologica degli scenari locatelliani, si possono segnalare prestiti o recuperi della tradizione drammaturgica cinquecentesca: La fantesca, dall'opera omonima di G.B. Della Porta; Le due sorelle schiave dall'Emilia di L. Groto, a sua volta discendente dall'Epidicus di Plauto; Il finto schiavo dall'Olimpia di Della Porta e dall'Angelica di Fabrizio De Fornaris; Il finto servo da I Suppositi di L. Ariosto; Li furti da Il furto di Francesco D'Ambra; La zinghera da La Calandria di Bernardo Dovizi da Bibbiena. Cospicuo è l'apporto plautino, riscontrabile in modo scoperto almeno in La fantasma (dalla Mostellaria), Li prigioni (dai Captivi), La tramutatione dall'Amphitryon, rivisitato alla luce della tradizione comica quattro-cinquecentesca. Frequenti sono le trasposizioni di commedie ridicolose e i rimandi tra gli scenari locatelliani, quelli della precedente raccolta Corsiniana e quelli della Casamarciana, materiali drammaturgici che tendono spesso a fondersi e integrarsi vicendevolmente. Ne è prova l'iterazione di alcuni soggetti, come, per esempio, La commedia in commedia, Le arme mutate, Il giardino, Li finti turchi, Il principe severo, presenti con leggere varianti nelle tre citate raccolte. Non mancano soggetti ariosteschi, come Orlando furioso, né derivazioni dal Decameron, come La Inocentia rivenuta.
Nel Discorsoper il quale si mostra esser necessario le facetie alla vita umana et faceto chiamarsi il comico, che premette alla prima parte del Della scena de' sogetti comici, il L., ricalcando il De sermone di Giovanni Pontano, giustifica la necessità delle facezie e quindi del riso e del comico, e conclude facendo chiarezza sulla destinazione teatrale del suo lavoro: "se in questi soggetti non ho osservato come si richiederebbe li precetti dell'arte poetica, è da considerare che sono fatti per rapresentarli a l'improvviso, li quali si sogliono regolare bene, o male, conforme li portono l'interlocutori, ché altro è l'uffizio del recitante ed altro è quello del poeta" (La commedia dell'arte e la società barocca, p. 703). Tuttavia, nonostante tali affermazioni, i soggetti locatelliani sembrano essere il frutto più maturo dell'incontro tra la produzione drammaturgica dilettantesca e quella professionistica.
Il L. fu strenuo difensore del fenomeno del teatro dei dilettanti, di stampo umanistico-rinascimentale e accademico, contro il dilagare del teatro degli attori professionisti. Nel Discorso per il quale si mostra esser l'accademico virtuoso, le rapresentationi et commedie del quale si possono ascoltare et permettere et non quelle dell'histrione infame, premesso alla seconda parte del Della scena de' sogetti comici, dopo aver citato a suo sostegno il giudizio di autorità classiche e patristiche, scrive: "li istrioni esser quelli che per prezzo si esercitano sulla scena e dalle leggi sono dichiarati infami. Al contrario poi l'accademici letterati, che per loro gusto e piacere rapresentano commedie, sono detti comici e per virtuosi ed onorati sono stimati da tutti, e sì come questi nelle loro rappresentazioni sono di documento a gl'ascoltanti, così per il contrario l'istrioni sono di nocumento a chi l'ascolta. […] il comico essere l'accademico virtuoso, le representationi et commedie del quale si possono ascoltare et permettere et non quelle dell'istrione infame" (La commedia dell'arte e la società barocca, p. 707). Secondo quanto egli stesso dichiara, il L. scrisse delle perdute "obiezioni" intorno ai Discorsi intorno alle commedie, commedianti e spettatori di Pier Maria Cecchini, da lui considerato "publico istrione" e oggetto del suo disprezzo.
Il L. morì a Roma in una data imprecisata, comunque anteriore al 1654, termine desunto dalle vicende storiche a cui alludono i suoi scenari.
Uscì postuma Li sei ritrovati comedia nuova, e ridicolosa, con Coviello, Truffaldino e Pulcinella, stampata a Roma, presso F. Tizzoni, senza anno, ma datata intorno al 1656 (Lea, p. 93) o al 1673-81 (Testaverde, p. 44).
Alcuni scenari del Della scena de' sogetti comici sono parzialmente editi in Commedia dell'arte. Canovacci della gloriosa commedia dell'arte, a cura di A.G. Bragaglia, Torino 1943. I due Discorsi sono pubblicati in La commedia dell'arte e la società barocca, II, La professione del teatro, a cura di F. Marotti - G. Romei, Roma 1991, pp. 697-703.
Fonti e Bibl.: L. Allacci, Drammaturgia, Roma 1666, pp. 565-573; F.S. Bartoli, Notizie istoriche de' comici italiani, I, Padova 1781, pp. 291-295; F. De Boni, Biografie degli artisti, Venezia 1852, p. 573; F. De Simone Brower, Due scenari inediti del sec. XVII, in Giorn. stor. della letteratura italiana, XVIII (1891), pp. 277-290; A. Valeri, Gli scenari di B. L., in Nuova Rassegna (Roma), II (1894), pp. 441-456, 523-547 (contiene lo scenario L'acconcia serva); R. Bonfanti, Uno scenario di B. L., Noto 1901 (contiene lo scenario Il vecchio avaroovvero Li scritti); M. Apollonio, Storia della commedia dell'arte, Roma-Milano 1930, pp. 219-224; K.M. Lea, Italian popular comedy: a study in the commedia dell'arte 1560-1620 with special reference to the English stage, I, Oxford 1934, pp. 133-144; L. Mariti, Commedia ridicolosa. Comici di professione, dilettanti, editoria teatrale nel Seicento. Storia e testi, Roma 1978, pp. CXXVIII-CXXXIII, CXLII-CLV; F. Taviani - M. Schino, Il segreto della commedia dell'arte. La memoria delle compagnie italiane del XVI, XVII e XVIII secolo, Firenze 1982, p. 394 e n. 25; S. Franchi, Drammaturgia romana. Repertorio bibliografico cronologico dei testi drammatici pubblicati a Roma e nel Lazio. Secolo XVII…, Roma 1988, p. 781; V. Pandolfi, La commedia dell'arte. Storia e testo, a cura di S. Ferrone, Firenze 1988, III, p. 16; IV, pp. 353 s.; V, pp. 223-252; S. Carandini, Teatro e spettacolo nel Seicento, Roma-Bari 1990, p. 151 n.; L. Zorzi, L'attore, la commedia, il drammaturgo, Torino 1990, pp. 206 s., 213, 215-217; La commedia dell'arte e la società barocca: storia, testi, documenti, II, cit., pp. 572, 574, 693 s., 710 s., 743; A.M. Testaverde, "Della scena de' sogetti comici" di B. Loccatello romano (1618-1622): tra drammaturgia dei dilettanti e dei professionisti, tesi di dottorato di ricerca in storia del teatro e dello spettacolo, Università di Firenze, 1996; Enc. dello spettacolo, VI, coll. 1581 s. (F. Angelini).