BASILE, Andreana (Andriana), detta la bella Adriana
Nacque a Napoli verso il 1580 circa. Incerte sono le notizie sulla sua famiglia e sui suoi primi anni e si devono per lo più alle rievocazioni letterarie del fratello Giovan Battista. La B. oscurò la fama, nel primo ventennio del secolo XVII, di tutte le altre pur famose "virtuose". Testimonianze della sua grande avvenenza fisica e della sua rara abilità nell'arte del canto sono facilmente rintracciabili: è un coro di elogi che innalzano principi mecenati, amanti della musica, nobili, compositori, letterati. Da Napoli, ove riportò i primi successi artistici, la fama della B., che era anche provetta suonatrice di diversi strumenti, oltrepassò i limiti della terra ove era nata e dove si era unita in matrimonio con Muzio Baroni, un gentiluomo calabrese che era al servizio di Luigi Carafa, principe di Stigliano. Il duca di Mantova, Vincenzo Gonzaga, che si era circondato delle personalità più insigni del mondo musicale e che aveva preposto alla sua cappella C. Monteverdi, iniziò le trattative per avere alla sua corte la "sirena di Posillipo", trattative invero laboriose, come documenta il carteggio conservatoci fra il duca, i suoi agenti a Roma e a Napoli e la cantante: in un sol giomo, infatti, il 5 marzo 1610, il duca inviò sette lettere perché l'affare riguardante l'ingaggio della B. arrivasse a conclusione.
Il 23 maggio 1610 infine la B. con la famiglia lasciò Napoli e sostò a Roma dove conobbe e si fece apprezzare dal cardinale Ferdinando Gonzaga, il giovine figlio del duca. Scrivendo al padre il 27 maggio, Ferdinando lo assicurava che la B. "canta benissimo et finora al libro, tocca d'arpe eccellentemente e di chitara spagnola", ed ancora il 26 giugno che la B. "ha lasciato qui fama immortale et ha fatto stupir questa città sendo veramente la prima donna del mondo, sì nel canto come ancora nella modestia et honestà". A Firenze, ove giunse il 13 giugno, si fermò nella casa di Giulio Caccini, e qui si ritrovarono tutti i dotti della Camerata dei Bardi, concordi nel riconoscere - dopo aver ascoltato la B. cantare, assieme con Iacopo Peri ed altri, alcuni madrigali composti da Giovanni dei Bardi, conte di Vernio - che ella non aveva pari nel canto. Il 24 giugno 1610 la B. esordì a Mantova e perfino Monteverdi rimase conquistato dalla bravura della cantante: ciò si rileva in alcune sue lettere ove esalta la netta superiorità della B. su altre notissime "virtuose", quali Ippolita Recupito (meglio conosciuta come la "Ippolita del cardinal Montalto") e la Cecchina (Francesca, figlia di Giulio Caccini). Lo stesso Monteverdi dà notizia dei trattenimenti musicali che avevano luogo il venerdì nella "sala degli specchi" del palazzo ducale, e dei quali il canto della B. costituiva proprio la maggiore attrattiva.
In riconoscimento dei favori ricevuti alla corte mantovana, la B. pose il nome di Leonora alla figliola natale nel dicembre del 1611 - e che avrebbe poi, nell'arte del canto, eguagliato, se non superato, la madre, a in ricordo della duchessa Eleonora, morta nel settembre di quell'anno.
Nel 1612 il duca Vincenzo, poco prima di morire, assegnò alla B. la baronia di Piancerreto nel Monferrato e la famiglia Baroni continuò ad essere colmata di onori e benefici anche da parte dei successori del duca Vincenzo, da Francesco e soprattutto dal nuovo duca Ferdinando (l'ex cardinale), il quale aveva continuato a mantenere con la cantante un'assidua corrispondenza e le aveva di frequente inviato alcune sue composizioni musicali perché ella ne fosse l'interprete.
Alla corte dei Gonzaga vennero chiamati altri membri della famiglia Basile, tra cui il fratello Giovan Battista e la sorella Margherita, che si aggiunsero ai fratelli Lelio e Vittoria già a Mantova.
Nel novembre del 1618 la B. seguì a Firenze Ferdinando Gonzaga e la moglie Caterina de' Medici; proseguì probabilmente con il duca stesso per Roma, rimanendovi poi con l'intenzione di raggiungere Napoli al più presto, ove la richiamava, fra l'altro, il matrimonio del figlio Camillo. A Roma dovette trattenersi più del previsto per la nascita di un altro figlio e solo il 29 marzo 1619 ella comunicava al duca di Mantova che stava per partire per la sua città natale. Nel 1620 era già in viaggio per far ritorno a Mantova, ove, nel marzo del 1621, in occasione della elezione a papa di Gregorio XV e a re di Spagna di Filippo IV, prese parte, con le sorelle del duca, Margherita ed Eleonora, alla rappresentazione dell'egloga Licori o L'Incanto d'amore di Alessandro Guarini. Gli anni che immediatamente seguirono possono considerarsi l'apogeo della carriera artistica della B.: nel 1623 al seguito dei duchi si recò a Venezia e vi rimase anche dopo la partenza dei Gonzaga. Quivi venne stampato il Teatro delle glorie in onore della signora A. B., una raccolta di poesie, di autori noti ed ignoti, fra cui spiccano sei sonetti e due madrigali del Marino, raccolta che venne ristampata a Napoli nel 1628.
La B. lasciò definitivamente Mantova per far ritorno a Napoli all'inizio del 1624, dopo aver ottenuto dalla duchessa licenza di partire il 5 gennaio. Fino a tutto il 1625 ella venne costantemente esortata dai duchi a far ritorno alla corte mantovana, ma indugiò. Era infatti in trattative con il principe Ladislao di Polonia, il quale, il 18 aprile 1625, scriveva da Vienna a Muzio Baroni, insistendo perché - superata ormai ogni difficoltà - egli venisse con la moglie e le due figlie (Leonora e Caterina) "alla Corte in nostro servigio". Sia forse perché queste trattative - che del resto non approdarono poi a nulla - giunsero alle orecchie dei duchi di Mantova, sia forse per una certa gelosia dei Gonzaga verso don Alvarez de Toledo (duca d'Alba e viceré di Napoli dal 1622 al 1629), che sembrava particolarmente favorire la B. in questo suo nuovo soggiorno nella città partenopea, è certo che all'inizio dell'anno seguente, quando ella si apprestava a far ritorno a Mantova, i duchi non la vollero più.
Al periodo napoletano della B. appartiene certamente un manoscritto giunto sino a noi - da lei posseduto, e scritto fra il 1625ed il 1635 -, probabile omaggio del duca d'Alba alla cantante in quanto racchiude una serie di poesie spagnole messe insieme per uso del duca. La B. dovette farvi aggiungere più tardi poesie spagnole ed italiane dedicate a lei o alle figlie ed altre rime adatte al canto o di cui volesse semplicemente mantener vivo il ricordo, fra le quali si notano sette poesie spagnole del fratello Giovan Battista.
Nel 1630 la B. era di nuovo in viaggio, accompagnata dalla figlia Leonora e diretta a Genova "per sua negotia", secondo il cronista Cesare Tinghi che ne segnala il passaggio a Firenze nel mese di maggio. Nel 1633 si trasferì con la famiglia a Roma e nella sua casa si davano veri e propri concerti composti "de troix belles voix et de troix instruments differents", come scriveva il violista francese A. Maugars, il 1º ott. 1639, nella sua Response faite à un curieux, sur le sentiment de la musique d'Italie; egli ricordava di avere ascoltato le "Adriane" cantare insieme, accompagnandosi la madre con la lira, Leonora con la tiorba e Caterina con l'arpa. Nel 1637 la B. pubblicò il Teagene, opera postuma del fratello Giovan Battista, facendola precedere da una dedica del 1º aprile, al cardinale Antonio Barberini, sotto la cui protezione si trovavano la B. e le figlie, all'epoca del loro soggiorno romano. In un foglio di Avvisi di Roma del 1639 si legge ancora che la B., il 24 settembre, stava per abbandonare la città, assieme con le figlie, per un affronto subito, ma il cardinale Barberini riuscì a dissuaderla dal suo proposito. È questa una delle ultime notizie riguardanti la "bella Adriana", sicché si deve supporre che ella morisse, a Roma, nel 1640 o poco dopo.
Pur giovandosi dell'accompagnamento della chitarra spagnola o della lira o dell'arpa che la B. suonava con maestria, ella rispettava però "l'imperio della voce che comandava, la quale - così si esprime un anonimo autore che l'aveva ascoltata cantare a Milano nel 1611 (cfr. Ademollo) - com'è la più nobile, la più soave e la più stimata che mai s'udisse così legava, anzi uccideva i sensi e l'anima di chi sentiva". Ed ancora: "I soavi sospiri, gli accenti discreti, il gorgheggiar moderato, le portate felici, le ardite cadute, l'elevate salite, gli interrotti camini, lo sospingere, il morir d'una voce, onde usciva il ristoro d'un'altra che andava alle stelle à fermar quelle sfere, l'erano à punto meraviglie celesti...". Queste erano sostanzialmente le particolari doti interpretative della "bella Adriana", cantante, dotata di una bellissima voce di contralto, e che contribuì non poco all'affermarsi del nuovo stile vocale agli albori del melodramma.
Bibl.: P. Della Valle, Della musica dell'età nostra... [1640], in A. Solerti, Le origini del melodramma. Testimonianze dei contemporanei, Torino 1903, p. 165; S. Davari, Notizie biografiche del distinto maestro di musica Claudio Monteverdi desunte dai documenti dell'Archivio Storico Gonzaga, Mantova 1885, pp. 25, 38, 45, 46, 57, 58; A. Ademollo, I Basile alla corte di Mantova secondo documenti inediti e rari, Genova 1885; Id., La bell'Adriana a Milano (1611), Milano 1885; A. Neri, Gabriello Chiabrera e la corte di Mantova, in Giorn. stor. d. letter. ital., VII (1886), pp. 336, 337, 338; A. Ademollo, La bell'Adriana ed altre virtuose del suo tempo alla corte di Mantova, Città di Castello 1888; B. Croce, I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del secolo decimottavo, Napoli 1891, pp. 112 s.; Id., Illustrazione di un canzoniere manoscritto italo-spagnolo, del secolo XVII, in Atti d. Accad. Pontaniana, XXX (1900), pp. 2, 3, 9, 11, 30-32; A. Solerti, Musica, Ballo e Drammatica alla Corte Medicea dal 1600 al 1637, Firenze 1905, pp. 58, 142, 154 s., 196, 224; B. Croce, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari 1948, pp. 9, 10 s., 13, 20 s., 24, 101, 102 s., 108 s., 110; F. D'Amico, I capricci dei cantanti, in L'illustraz. ital., febbr. 1958, pp. 71 ss.; Encicl. d. spettacolo, II, coll.11 s.; Grove's Dict. of Music and Musicians, I, London 1954, p. 443; Diz. Ricordi della musica e dei music., Milano 1959, p. 111.