Baschi
Benché soggette a sovranità politiche diverse, tra Medioevo ed età moderna le province basche cercarono sempre di difendere il sistema di autonomie e privilegi di origine medievale codificato a partire dal 14° sec. (fueros). Il crollo dell'Ancien régime aprì tuttavia la strada all'abolizione delle 'norme forali': per le province francesi del Nord fu la rivoluzione del 1789 a decretarne la fine, mentre per quelle spagnole a sud dei Pirenei i fueros costituirono lungo il 19° sec. uno dei principali motivi di scontro fra lo Stato centrale e il fronte tradizionalista delle province basche. Durante le guerre cosiddette carliste (1833-1839, 1872-1876), scoppiate attorno a questioni dinastiche e conclusesi con la vittoria dello Stato centrale e la conseguente liquidazione delle 'norme forali', furono poste le premesse del nazionalismo basco, che identificava nei fueros la principale garanzia dell'autonomia amministrativa della regione contro le pretese centralizzatrici dello stato liberale nonché l'origine storica dell'identità del popolo basco distinta da quella degli spagnoli. Negli ultimi decenni del 19° sec. prendeva così forma, soprattutto nell'importante provincia di Vizcaya, caratterizzata da uno straordinario sviluppo economico grazie al boom dell'industria siderurgica, un nazionalismo prepolitico che si sarebbe poi trasformato in un vero e proprio movimento organizzato con la nascita, nel 1895, del Partido Nacionalista Vasco (PNV). Fondato da S. Arana, il PNV presentava fin dagli esordi due istanze contrapposte che avrebbero percorso la storia dell'intero nazionalismo basco: quella antispagnola e indipendentista, da una parte, e quella che, nel rispetto della legalità e unità dello stato nazionale spagnolo, si limitava a richieste autonomistiche. Nell'arco di pochi anni il PNV pervenne a una scelta moderata, mantenendo però inalterata la componente marcatamente cattolica della propria ideologia insieme alla rivendicazione della specificità etnica del popolo basco. Il radicalismo indipendentista si sarebbe ripresentato nei decenni successivi, incarnandosi prima nell'organizzazione giovanile di Comunión Nacionalista Vasca (nome del PNV dal 1913) e dando poi vita, nel 1921, a un nuovo PNV, mentre il movimento nazionalista si diffondeva nella regione attraverso forme di socializzazione quali i sindacati, le organizzazioni delle donne, il vario associazionismo sportivo e ricreativo. Il ripiegamento sul piano organizzativo dei due partiti nazionalisti sotto la dittatura di M. Primo de Rivera produsse un loro riavvicinamento che portò nel 1930 alla riunificazione con il nome di PNV. La caduta di Primo de Rivera e le garanzie di autonomia regionale sancite dalla nuova costituzione repubblicana del 1931 portarono a un nuovo statuto per le province basche che fu approvato con referendum popolare nel 1933.
Parallelamente il movimento nazionalista si andava radicando in almeno due delle tre province basche (Vizcaya e Guipúzcoa) articolandosi in nuove forze politiche, tra le quali la Agrupación Vasca de Acción Social Cristiana (nata nel 1931), mentre il PNV assumeva, con i suoi 26.000 iscritti e le sue organizzazioni interne, i caratteri di 'partito-comunità'. Schieratosi allo scoppio della guerra civile dalla parte dei repubblicani, seppure con molte lacerazioni al suo interno dovute alle radici sostanzialmente cattoliche, antipopolari e moderate, il PNV avrebbe poi subito la repressione franchista, con l'esilio di molti suoi militanti e la nascita, nel 1940, a Londra, del Consejo Nacional de Euzkadi, caratterizzato, in questa nuova fase, da un'impronta decisamente indipendentista. A partire dal secondo dopoguerra, mentre il regime di F. Franco perseguiva una politica di 'denazionalizzazione' dell'identità basca, si andarono formando in clandestinità gruppi di giovani e di intellettuali che, inizialmente legati al PNV, nel 1959 ruppero con questo in nome di una radicalizzazione più decisa della linea politica, dando vita alla nuova organizzazione Euskadi ta Askatasuna (Patria basca e libertà, ETA). Questa, caratterizzata inizialmente da una linea indipendentista, socialista e antimilitarista, tra il 1964 e il 1965 cambiò rotta orientandosi decisamente, sotto l'influenza del modello 'terzomondista' delle lotte di liberazione nazionali nonché di una nuova cultura politica più attenta alle minoranze etniche europee, verso la lotta armata (grande risonanza nazionale e internazionale ebbe nel 1973 l'attentato spettacolare in cui trovò la morte il capo del governo C. Blanco). Il graduale ritorno alla democrazia seguito alla morte di Franco (1975) pose le premesse per l'accoglimento parziale delle rivendicazioni dei B. nel quadro di un generale processo di decentramento amministrativo. Nel 1980 entrò in vigore lo statuto di Guernica, approvato con referendum popolare nel 1979, che sanciva l'autonomia della regione e dotava le province basche di un parlamento e di una polizia propri. Tale statuto soddisfaceva però solo parzialmente le aspirazioni del nazionalismo basco più radicale tanto che, negli anni successivi, l'ETA proseguì con i suoi attentati, rivolti soprattutto contro le forze di sicurezza, continuando a farsi interprete di rivendicazioni profondamente radicate nella popolazione basca quali l'unificazione dei territori storici (le tre province spagnole, più la Navarra, e le tre province francesi), l'autodeterminazione, l'indipendenza. Ma tra gli anni Novanta del 20° sec. e i primi del 21° l'ETA mutò strategia, iniziando a colpire uomini politici locali ed esponenti dei partiti nazionali, provocando così, per la prima volta, una forte presa di distanza dell'opinione pubblica basca dalle ragioni del movimento indipendentista. Sulla scena politica nazionale il ruolo assunto dal PNV sia nel governo presieduto da F. González (1993-1996) sia in quello guidato da J.M. Aznar (1996-2000) dava frattanto una nuova centralità alle istanze autonomistiche, centralità ridimensionata tuttavia dopo le elezioni del 2000, quando Aznar e il suo partito conquistarono la maggioranza assoluta in parlamento. Sotto il secondo governo Aznar, anche in virtù della nuova linea antiterrorismo concertata con gli Stati Uniti dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, l'azione repressiva contro l'ala radicale del nazionalismo fu rafforzata e nel marzo 2003 il Tribunale Supremo dichiarò illegale il partito Herri Batasuna (Unità del popolo, HB), nato nel 1986, accusato di essere il braccio politico dell'ETA. Mentre l'attività terroristica proseguiva con forza, l'arrivo al governo di J.L.R. Zapatero nel maggio 2005 sembrò imprimere una nuova spinta alla linea della trattativa con l'ETA, linea peraltro già percorsa senza successo sia da González nel 1988-89 sia da Aznar nel 1999.
bibliografia
M. Escudero, Euskadi, dos comunidades, San Sebastián 1978; J.P. Fusi, El País Vasco. Pluralismo y nacionalidad, Madrid 1984; A. Botti, La questione basca. Dalle origini allo scioglimento di Batasuna, Milano 2003.