GEREMEI, Baruffaldino
Figlio di Guidone di Ramberto, nacque verosimilmente a Bologna intorno al 1180; non si conosce il nome della madre. La fama del G. è legata al nome del suo lignaggio, una famiglia cittadina di antica tradizione militare, con cui le fonti indicano a partire dalla metà del Duecento la parte guelfa bolognese ("pars geremea").
Un Geremia e i suoi fratelli, di cui non è possibile ricostruire l'ascendenza, compaiono già in un placito tenuto a Bologna nel 1030. In quell'occasione ebbero una disputa con la curia arcivescovile ravennate relativamente al possesso di alcuni beni, da questa concessi in enfiteusi, posti nella città e nel contado di Bologna. Dunque, a questa altezza cronologica, i Geremei possedevano case all'interno delle mura cittadine e manifestavano una volontà di autonomia propria di un radicamento urbano già avviato. I documenti superstiti consentono di seguire i discendenti di questo primo Geremia nel secolo successivo, soprattutto a partire da un Ramberto, i cui figli nel 1117 dotarono di beni il monastero di S. Vittore. Secondo il Savioli tra questi era anche Enrico, vescovo di Bologna dal 1129. Nel 1144 Rodolfo di Ramberto guidò il contingente bolognese alleato di Guido Guerra. Nell'ultimo quarto del XII secolo sei membri della famiglia ricoprirono per dieci volte incarichi consolari.
Gli elementi sicuri della vita del G. sono pochissimi. Allo stato attuale delle ricerche, l'unica fonte documentaria in cui venga fatta menzione certa di questo personaggio consiste in una copia del suo testamento, compilata dalla curia vescovile di Bologna nel 1268, sedici anni dopo la redazione originaria. Gli episodi della sua vita trasmessi dalla storiografia locale che non trovano conferme in questo documento devono essere pertanto assunti con particolari cautele.
Nel 1217, su invito del vescovo Enrico Della Fratta, un contingente bolognese partì per la Terrasanta. Secondo la tradizione tale contingente sarebbe stato composto da due distinti squadroni, capeggiati da Bonifacio Lambertazzi e, appunto, dal Geremei. Dai due squadroni, tornati in patria, sarebbero originate le fazioni cittadine, visibili tuttavia nelle fonti solo a partire dalla seconda metà del secolo XIII.
Una serie di atti redatti a Damietta nel 1220 (editi in Savioli, II, 2, Appendice) vede la presenza di due "capitanei crucesignatorum bononiensium" rispondenti ai nomi di "Bonifacius" e "Baruffaldinus". Non è certo che si tratti dei personaggi proposti dal Savioli, ma tre elementi nel testamento del G. concorrono a suffragare questa interpretazione. In primo luogo viene fatto esplicito riferimento a un viaggio compiuto dal testatore ultra mare; in secondo luogo, tra gli enti ecclesiastici beneficiati in caso di morte senza figli dell'erede ve ne sono tre di fondazione crociata; infine viene stabilito un lascito per finanziare il viaggio e la residenza di due soldati in Terrasanta. Dunque la ricostruzione del Savioli può essere accolta, con il beneficio del dubbio, quando identifica nel G. uno dei capitani crociati. In qualità di capitano il G. avrebbe presenziato alla divisione delle zone di Damietta appena conquistate fra il contingente bolognese e quello lucchese, alla concessione in affitto di alcuni beni della città a un privato e alla nomina del locale maestro dei templari a esattore degli affitti per conto del Comune di Bologna.
Sempre a giudizio del Savioli il G. ricoprì alcuni importanti incarichi politici negli anni Venti del Duecento. Nel 1222 egli avrebbe esercitato a Bologna la massima carica dell'amministrazione finanziaria comunale, quella di procuratore; nel 1228 sarebbe stato chiamato come podestà a Cesena.
La notizia dell'incarico di procuratore è desunta da alcuni documenti conservati nel Registro Grosso, il primo "liber iurium" del Comune bolognese. In questa serie di attestazioni effettivamente uno dei due procuratori reca il nome di "Baruffaldinus", ma nessun altro elemento suffraga l'identificazione con il Geremei. Quanto al riferimento alla podesteria di Cesena, l'unica fonte di cui si servì il Savioli è costituita dagli Annales Cesenates. L'autore di questa cronaca ricorda come nel 1228 un contingente cesenate fu affrontato e sconfitto dall'esercito filoimperiale composto da Cremona, Parma e Mantova. In questa occasione fu preso prigioniero un certo "Baruffaldinus" podestà di Cesena. Oltre a questa identità onomastica non esistono altri elementi che suffraghino l'identificazione proposta dal Savioli.
Risulta invece totalmente infondata la notizia, sempre ricordata dal Savioli, secondo cui nel 1235 il G. sarebbe stato fatto prigioniero dai Modenesi presso il ponte Navicello. Tra le varie fonti che ricordano questo episodio, solo la cronaca di Giovanni da Bazzano segnala la cattura di un capitano bolognese. Il riferimento riguarda tuttavia un "Guido Baruffaldini", che potrebbe essere identificato con Guidone, figlio del G., ricordato nel testamento. La fonte riferisce, infatti, che prima di partire per la Terrasanta, il G. contrasse un debito di 100 lire con una domina Jacobina, moglie del figlio Guidone. Dal matrimonio di Guidone con Jacobina nacque Bolnixia che, in seguito alla precoce morte del padre, sarebbe rimasta unica erede del patrimonio del Geremei.
Nonostante la scarsezza di riscontri, va osservato che tali identificazioni legano il G. alla forte connotazione guelfa che il Comune di Bologna andava assumendo nel periodo delle lotte con Federico II. Questa prossimità del G. allo schieramento guelfo appare evidente anche nel 1247. In quell'anno la parte guelfa modenese degli Aigoni, espulsa dai ghibellini Graisolfi, giunse a Bologna sotto la guida del podestà "Baruffaldinus", dove ottenne la custodia del castello di Savignano. Secondo un'identificazione compiuta dal Savioli e ripresa successivamente da A. Hessel, il podestà in questione sarebbe stato lo stesso Geremei.
Il G. morì tra il 1252 e il 1256, proprio negli anni che videro l'intensificarsi delle lotte faziose a Bologna e la loro sovrapposizione con i rispettivi schieramenti guelfi e ghibellini.
Dal testamento del G. è possibile ricostruire la rete di relazioni sociali in cui era inserito. Morendo, il G. favorì con porzioni del suo ingentissimo patrimonio numerose istituzioni ecclesiastiche, una parte della famiglia e alcuni influenti personaggi dell'ambiente politico bolognese, tra cui il giurista Odofredo Denari. Oltre ai lasciti alle fondazioni ultramarine, sono da ricordare quelli devoluti agli enti religiosi cittadini - soprattutto ai conventi degli ordini mendicanti -, del contado e di altre città, in particolare di Parma. Tra i familiari, il G. beneficiò il ramo dei discendenti dello zio Rainaldino e la nipote Bolnixia, già ricordata. Costei, che in occasione della liberazione dei servi del 1256 risultava possedere il più alto numero di servi (153) dell'intera città, nel 1274 vendette per 8000 lire a Biagio Angelelli e Albizzo di Duglolo le sue proprietà, consistenti in alcune case poste nella parrocchia di S. Fabiano, due torri e 1000 tornature di terra in località Calderara Pollicino.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune, Governo, Diritti e oneri del Comune, Registro Grosso, vol. 1, cc. 339rv, 348r, 351rv, 527rv; Ibid., Registro Nuovo, vol. 1, cc. 171, 184; Demaniale, Miscellanea delle corporazioni religiose soppresse, b. 168, doc. 2 (copia del testamento); Curia del podestà, Ufficio ai memoriali, n. 24 (Iohannes Salvi), c. 38r; Annales Cesenates auctore anonimo…, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XIV, Mediolani 1729, col. 1094; Cronache modenesi di Alessandro Tassoni, di Giovanni da Bazzano e di Bonifazio Morano, in Monumenti di storia patria delle provincie modenesi, Serie delle cronache, XV, 1, Modena 1888, p. 39; L. Savioli, Annali bolognesi, Bassano 1784-95, I, 1, p. 143; II, 1, p. 364; II, 2, Appendice, pp. 433, 442 s., 446 s., 448; III, 1, pp. 15, 52, 114; G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, II, Bologna 1869, p. 147; A. Hessel, Storia della città di Bologna dal 1116 al 1280, Bologna 1975, pp. 173 n. 71, 176 n. 105; A. Vasina, La città e il territorio prima e dopo il Mille, in Storia di Cesena, a cura di A. Vasina, II, 1, Rimini 1983, p. 180. N. Wandruszka, Die Oberschichten Bolognas und ihre Rolle während der Ausbildung der Kommune, Frankfurt a.M. 1993, p. 354; T. Lazzari, Istituzioni e gruppi dominanti a Bologna nell'XI secolo, tesi di dottorato, Università di Torino, a.a. 1995-96, pp. 148 s., 205 s.