ZORZI, Bartolomeo
Nacque a Venezia, presumibilmente intorno al 1230, e fu uomo politico della repubblica, mercante e compositore di poesie in lingua occitana.
I tentativi di ricostruzione della sua vita sono stati sempre basati sulle informazioni contenute in due tipi di fonti letterarie: quattro dei suoi sirventesi (i soli databili, tutti risalenti al periodo compreso tra il 1266 e il 1270: cfr. Folena, 1990, pp. 113-126) e le sue due biografie provenzali, trascritte, insieme alle sue liriche, in tre canzonieri trobadorici, confezionati a Venezia intorno all’ultimo quarto del Duecento (la prima nel manoscritto della Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 5232, la seconda nei manoscritti gemelli di Parigi, Bibliothèque nationale de France, fr. 854 e fr. 12473; cfr. l’edizione di Boutière - Schutz, 1964, pp. 576-580 e, per la localizzazione dei codici e per la raffigurazione di Zorzi nelle loro miniature, Canova Mariani, 2008). I dati in esse contenuti si integrano tra loro e restituiscono la storia di un nobile mercante veneziano che, catturato dai genovesi dopo uno scontro navale avvenuto durante un’operazione commerciale nell’impero latino d’Oriente, tornò in patria dopo sette anni di prigionia nel comune ligure (dove conobbe il trovatore Bonifacio Calvo, cui si rivolse in un sirventese), per poi essere nominato castellano in Morea (di Corone e Modone, secondo il codice vaticano; della sola Corone, stando a quelli parigini), dove infine morì, presumibilmente in un periodo compreso tra la fine del XIII e l'Inizio del XIV secolo.
A differenza di molte altre vidas, quella di Zorzi è stata comprovata nelle sue fondamenta da diverse fonti storiche coeve. Da un lato, gli Annales ianuenses (cfr. Annali genovesi, 1926, pp. 93 s.) e le Estoires de Venise di Martino da Canal (cfr. Canal, 1972, vol. II, pp. 22-25) hanno consentito di collocare lo scontro navale tra i veneziani e i genovesi nell’ottobre 1266, a Citera, e di datare la fine della settennale prigionia del trovatore al 1273 (cfr. Schultz-Gora, 1883, pp. 226-229, confermato da Folena, 1990, pp. 107-112). Dall’altro, le ricerche negli archivi veneziani svolte da Claudia Serra hanno permesso di documentarne sia l’attività mercantile sia quella politica.
Più precisamente, nel Codice diplomatico veneziano è rimasta traccia di una testimonianza resa in una causa del 1262, dell’incarico ricevuto da un concittadino, nel 1278, per commerciare in suo nome ovunque lo ritenesse opportuno e dell’acquisizione, nel 1295, di beni a Bissuola, Cavergnago, Favaro e Carpenedo. I risultati dello spoglio della lista degli eletti del Maggior Consiglio, del Codex publicorum e dei Regimina posti in appendice alla Venetiarum Historia, invece, hanno consentito di attribuirgli lo svolgimento di diversi mandati nel massimo organo politico veneziano (a partire dal 1266 e fino al 1294, passando per il triennio 1281-83). Con essi si possono annoverare anche la podesteria di Lido Maggiore (nel 1292) e dell’istriana Isola (nel 1294) e, a conferma dell’ultimo tassello del mosaico presentato dalle vidas, la reggenza delle fortezze di Corone e Modone, per un totale di quattro incarichi: il primo è anteriore al 1292, anno del conferimento della medesima responsabilità a Nicolò Falier, Graton Dandolo e Marco Basilio; gli altri tre, tutti successivi a questo unico riferimento cronologico, si devono essere esauriti «al più presto nel corso del primo decennio del Trecento» (cfr. Serra, 1990, pp. 122 s., 137-139, con citazione a p. 123).
L’ampiezza dell’arco cronologico che il materiale storico copre (dal 1262 all’inizio del XIV secolo), le difficoltà d’interpretazione delle fonti d’area veneziana dalle quali è possibile evincere il conferimento di incarichi politici tra Due e Trecento (spesso lacunose rispetto ai limiti cronologici delle singole cariche) e le informazioni sul sestiere d’origine dei Bartolomeo menzionati in questi documenti (assenti o riguardanti quello di San Marco e quello di Santa Croce; ma si nota che, in un caso, entrambi i riferimenti geografici sono accompagnati da un’unica indicazione patronimica: «f. quondam Marci») non consentono di escludere possibili casi di omonimia. Tuttavia, con l’eccezione della menzione della scomparsa, riguardo cui nulla è possibile affermare, il nucleo narrativo delle due vidas esce rafforzato da questo confronto con le fonti d’archivio.
Unico trovatore veneziano, Zorzi ha lasciato un canzoniere di diciotto liriche, raggruppate su base tematica in cinque sezioni (cfr. Folena, 1990, pp. 119-130). Quella più cospicua riunisce sette canzoni (Aissi co·l fuocx consuma totas res, Atressi cum lo camel, En tal dezir mos cors intra, L’autrier quant mos cors sentia, Entre totz mos cossiriers, Pron si deu mais penssar, al mieu semblan e Si tot m’estauc en cadena), fedeli – pur con alcune innovazioni – al modello del servizio amoroso canonizzato dalla tradizione trobadorica. La seconda, quella storico-politica, comprende i quattro testi datati con certezza (Mout fort me sui d’un chant meravillatz, Non laissarai qu’en chantar non entenda, On hom plus aut es pojatz e Si·l monz fondes, a maravilla gran) ed esprime da un altro punto di vista l’impegno civile di Zorzi, comune a quello di gran parte dei trovatori italiani. A essa fanno seguito il gruppo di tre sirventesi morali (Mout fai sobrieira foillia, S’ieu trobes plazer a vendre e Totz hom qu’enten en valor) e quello composto da due canzoni religiose (Ben es adreigz e Jesu Crist per sa merce) che, nel rispetto della tradizione, presentano rispettivamente il lamento per la decadenza dei costumi cortesi e il pentimento dell’io lirico. L’ultima sezione è costituita dai due testi metapoetici (Puois ieu mi feing mest los prims entendenz e Mal aja cel que m’apres de trobar), importanti per comprendere le scelte formali dell’autore. A questo riguardo si osserva che il corpus lirico si segnala soprattutto per lo sperimentalismo e per la versatilità, oltre che per il costante confronto con i modelli presi a riferimento, quali Arnaut Daniel (come testimoniato dal contrafactum della sua sestina) e, a conferma del ruolo giocato da Genova nella sua formazione trobadorica, Lanfranco Cigala.
Der Troubadour Bertolome Zorzi, herausgegeben von E. Levy, Halle 1883; C. Serra, Le poesie del trovatore veneziano B. Z.. Edizione critica con studio introduttivo, glossario e concordanze, diss., Università degli Studi di Bologna, Bologna 1991.
Per il versante più specificamente storico, cfr. O. Schultz-Gora, Die Lebenverhältnisse der italienischen Trobadors, in Zeitschrift für romanische Philologie, VII (1883), pp. 177-235, in partic. pp. 226-229; Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori dal MCCLI al MCCLXXIX, nuova edizione a cura di C. Imperiale di Sant’Angelo, Roma 1926, pp. 93 s.; J. Boutière - A. H. Schutz, Biographies des troubadours. Textes provençaux des XIIIe et XIVe siècles, [...] avec la collaboration d’I.-M. Cluzel, Paris 1964, pp. 576-580; M. Canal, Les Estoires de Venise. Cronaca veneziana in lingua francese dalle origini al 1275, a cura di A. Limentani, I-II, Firenze 1972, vol. II, pp. 22-25; C. Serra, Nuove ricerche storiche sul trovatore B. Z.. Parte I: Venezia, in Quaderni di Filologia romanza della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, VIII (1991), pp. 105-144; S. Guida - G. Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2013, pp. 106-108. Per il versante letterario, cfr. G. Bertoni, I trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, pp. 114-118, 157, 173-175, 446-456, 586 s.; V. De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, I-II, Roma 1931, vol. I, pp. LXXXVI s.; ibid., vol. II, pp. 241-244, 260-263, 270-274; G. Folena, Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete, in Id., Culture e lingue del Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137, in partic. pp. 106-134; P. Gresti, La canzone S’ieu trobes plazer a vendre di B. Z. (PC 74.15), in Italica-Raetica-Gallica. Studia linguarum artiumque in honorem Ricarda Liver, a cura di M. Grünert - I. Werlen - P. Wunderli, Tübingen-Basel 2001, pp. 521-537; G. Peron, Sitot m’estauc en cadena: le prigioni di B. Z., in Le loro prigioni: scritture dal carcere. Atti del Colloquio Internazionale... 2005, a cura di A. M. Babbi - T. Zanon, Verona 2007, pp. 61-96; G. Canova Mariani, Il poeta e la sua immagine: il contributo della miniatura alla localizzazione e alla datazione dei canzonieri provenzali AIK e N, in I trovatori nel Veneto e a Venezia. Atti del Convegno Internazionale..., Venezia... 2004, a cura di G. Lachin, Roma-Padova 2008, pp. 47-76; M. Grimaldi, Allegoria in versi. Un’idea della poesia dei trovatori, Bologna 2012, pp. 123-142; A. Bampa, Guilhem de Saint Gregori, Ben grans avolesa intra (BdT 233.2); B. Z., En tal dezir mos cors intra (BdT 74.4), in Lecturae tropatorum, VII (2014), pp. 1-47; Id., La prima ricezione di Arnaut Daniel in Italia (con nuove prospettive sull’analisi della produzione lirica nel Duecento), in Medioevo letterario d’Italia, XII (2015), pp. 9-53, in partic. pp. 23-28; B. Solla, B. Z., Atressi cum lo camel (BdT 74.2), in Lecturae tropatorum, IX (2016), pp. 1-34; G. Peron, L’enfernal chambra. Implicazioni scritturali e moralistico-religiose nella sestina di B. Z., in Tra chiaro e oscuro. Studi offerti a Francesco Zambon per il suo settantesimo compleanno, a cura di D. Mariani - S. Scartozzi - P. Taravacci, Trento 2019, pp. 241-256.