VITELLESCHI, Bartolomeo
(Bartholomaeus de Vitellensibus). – Nacque agli inizi del Quattrocento a Corneto (oggi Tarquinia) da Jacopo e da una donna dal nome ignoto (B. Vitelleschi, Il Passaggio e gli altri scritti del 1463, a cura di G. Insolera, 1998, p. 25). Nipote – ma non si conosce l’esatto grado di parentela – di Giovanni Vitelleschi, ebbe due fratelli, Sante e Alessandro.
Francesco Todeschini Piccolomini, nipote di Pio II e futuro Pio III, in una lettera indirizzata a Felino Sandei (non datata, ma risalente al periodo 1495-1502) circa le creazioni cardinalizie di Alessandro VI, segnala una parentela tra i Todeschini e i Vitelleschi, poiché suo padre Nanni discendeva da un avo di Bartolomeo (Märtl, 2009, p. 3). Non esistono tuttavia ulteriori attestazioni di tale legame, tanto più che lo stesso Pio II nei suoi Commentarii mai cita tale evenienza quando narra del cornetano. Sorge il dubbio quindi che l’affermazione di Todeschini Piccolomini possa essere un’excusatio non petita per la smisurata considerazione che il pontefice aveva di Vitelleschi.
Studiò legge a Padova, dove si addottorò nel 1435 (Acta graduum..., a cura di C. Zonta - I. Brotto, 1970, n. 1060). Si può presumere che nello stesso tempo intraprendesse la carriera ecclesiastica.
A questo periodo giovanile risalgono i primi suoi scritti, due Orationes (Nurnberg, StaatsBibliothek, Cent. V, App. 15, cc. 329v-339r), di cui una indirizzata a un collega padovano.
Entrò quindi a servizio del potentissimo zio, che fece di lui il suo braccio destro sia nell’amministrazione temporale sia in quella spirituale. Intorno al 1435 Bartolomeo ricevette il dominio sul castello di Tolfanova; fu amministratore dell’arcidiocesi di Firenze, retta appunto da Giovanni Vitelleschi tra 1435 e 1437 (e nella città toscana ebbe modo di conoscere Enea Silvio Piccolomini); nel 1437 fu procuratore di Giovanni nel titolo cardinalizio di S. Lorenzo in Lucina.
Nel febbraio 1437 partecipò al Concilio di Ferrara, essendo presbyter; il 23 settembre seguente fu nominato amministratore della neoeretta diocesi di Corneto (unita a Montefiascone), della quale fu eletto vescovo il 17 marzo 1438. Nel 1439 lo zio gli concesse la reggenza del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia; Bartolomeo fu gratificato, insieme ai parenti, con il conseguimento della cittadinanza senese.
La sua fortuna precipitò rapidamente con l’arresto e la morte del cardinale Vitelleschi (2 aprile 1440). Da Firenze, ove si trovava, fuggì prima a Siena (dove scrisse invano una supplica, per chiedere protezione a Cosimo de’ Medici), quindi a Civitavecchia, portando con sé gli oggetti di valore, per poi, passando da Talamone, tornare a Siena, venendo ospitato da Ghino Bellanti, della consorteria dei Petrucci. Il nuovo commissario generale delle armate pontificie, il cardinale Ludovico Trevisan, gli diede la caccia; ma il vescovo di Corneto, scampato all’avvelenamento da parte di un servitore tedesco, riuscì con il presumibile aiuto del governo senese a raggiungere Basilea, dove venne incorporato al Concilio il 23 settembre 1440 e ritrovò Enea Silvio Piccolomini.
Passato ormai tra le file dell’antipapa Felice V (Amedeo VIII, duca di Savoia), fu privato da Eugenio IV dei suoi beni (autunno 1441) e della diocesi di Corneto (23 marzo 1442). Partecipò quindi alle congregazioni conciliari dell’autunno-inverno 1442 a Losanna e fece parte della Deputatio Reformatorii, una commissione che istruiva i lavori sui problemi della Riforma. Dal febbraio 1443 compì la visita pastorale nella diocesi di Ginevra per conto dello pseudocardinale François de Meez (creato da Felice V nel 1440), anche per mezzo di un procuratore.
Il 4 luglio 1443 fu nominato ambasciatore del Concilio nel Regno d’Inghilterra, ma ancor prima di partire fu sostituito da Niccolò Amici, vescovo di Vich, e fu destinato a rappresentare l’assise alla Dieta di Francoforte. Alla corte imperiale, anche grazie ai buoni offici di Piccolomini (con cui aveva iniziato a tenere corrispondenza), divenne consigliere dell’imperatore Federico III. Tornato in Svizzera continuò la visita nella diocesi di Ginevra. Alla morte del cardinale de Meez (7 marzo 1444) Felice V tenne per sé la Chiesa ginevrina, costituendovi Bartolomeo come vescovo ausiliare e vicario generale e creandolo cardinale del titolo di S. Marco il 6 luglio successivo.
L’abbandono delle posizioni conciliariste dell’imperatore e dei principi tedeschi e la morte di Eugenio IV (23 febbraio 1447) convinsero Vitelleschi a ritornare all’obbedienza romana: rinunciò al cardinalato e fu assolto dalle censure cui era incorso. Il 14 luglio 1449 Niccolò V gli assegnò il vescovado di Carpentras, per poi trasferirlo, appena una settimana dopo, alla ‘sua’ diocesi di Corneto.
In occasione della venuta a Roma nel 1452 dell’imperatore Federico III d’Asburgo per le nozze con Eleonora del Portogallo, una serie di eventi risarcì il prestigio dei Vitelleschi nella città eterna: su interessamento di Enea Silvio Piccolomini, Sante e Alessandro, i fratelli di Bartolomeo, vennero insigniti del cavalierato il 4 marzo e il 22 seguente furono nominati conti palatini; il 1° aprile, Bartolomeo stesso fu autorizzato dal papa a traslare il corpo dello zio Giovanni da S. Maria sopra Minerva a Roma alla cattedrale di Corneto.
Il 14 febbraio 1454 gli fu rinnovata la concessione di Tolfanova (che però nel 1457 fu assegnata da Callisto III al nipote Pier Luigi Borgia), e negli anni seguenti riprese anche la carriera amministrativa: nel 1455-56 fu governatore di Foligno e Perugia.
Il 23 marzo 1461 il suo amico Piccolomini, eletto pontefice con il nome di Pio II nel 1458, lo nominò legato presso l’esercito papale, in occasione della campagna contro Sigismondo Malatesta. L’armata di Vitelleschi, superiore numericamente, subì però una grave sconfitta alla battaglia di Nidastore (2 luglio), in cui fu anche dileggiato con il furto dei paramenti che furono indossati a sfregio dai soldati nemici. Ciononostante Pio II non gli tolse il suo favore, e progettò di crearlo cardinale nel Concistoro del 18 dicembre 1461; ma il tentativo fallì per la ferma contrarietà di buona parte del Collegio cardinalizio. I buoni rapporti con il papa furono confermati dall’ospitalità a lui offerta nell’isola Bisentina (lago di Bolsena) nel luglio 1462.
Si dedicò quindi al governo della diocesi di Corneto (stesura delle Constitutiones che avrebbero regolato la gestione della sua Chiesa, ristrutturazione della cattedrale) e alla scrittura di opere spirituali (il Memoriale ad passagium mortis, un’ars moriendi che molta fama ebbe nei decenni successivi). Il 27 luglio 1463 rogò il suo testamento, allo scopo di partire in pellegrinaggio verso la Terrasanta, ove però non giunse.
Morì in viaggio, entro il 13 dicembre 1463, quando il suo cadavere fu sbarcato a Modone, nel Peloponneso meridionale, dalla nave che lo trasportava. Traslato il corpo a Corneto, fu sepolto nella sua cattedrale ai piedi del monumento funebre dello zio.
Perfetto esemplare di chierico rinascimentale, Vitelleschi fu amministratore, condottiero, pastore, mecenate e letterato. La sua biografia fu però ‘segnata’ più dalla parentela con il controverso zio che dalle azioni e dalle vicende che aveva vissuto, tanto da non riuscire ad assurgere a più prestigiosi incarichi in seno alla Chiesa di Roma, come invece riuscirono a fare altri suoi pari.
Fonti e Bibl.: Codex Diplomaticus Dominii Temporalis Sanctae Sedis, a cura di A. Theiner, III, Romae 1862, pp. 416 s.; Cronache e statuti della città di Viterbo, a cura I. Ciampi, Viterbo 1872, ad ind.; Précis de la visite de Genève commencée en 1443 par Mgr. Barthélemy, évêque de Corneto et de Montefiascone, in Mémoires et documents publiés par l’Académie salésienne, VI (1883), pp. 300-325; Il Registrum cleri cornetani e il suo contenuto storico, a cura di F. Guerra, Corneto-Tarquinia 1908, ad ind.; Concilium Basiliense, VII, Protokolle des Concils 1440-1443, a cura di H. Herre, Basel 1910, ad ind.; La «Margarita Cornetana». Regesto dei documenti, a cura di P. Supino, Roma 1969, ad ind.; Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini. Ab anno 1406 ad annum 1450, a cura di C. Zonta - I. Brotto, II, 1, Padova 1970, n. 1060; M. Polidori, Cronache di Corneto, a cura di A.R. Moschetti, Tarquinia 1977, pp. 58 s., 89, 94, 151, 235; E.S. Piccolomini, I Commentarii, a cura di L. Totaro, Milano 1984, pp. 1006 s., 1009, 1011, 1015, 1423, 1429, 1431, 1443, 1623, 1625, 1629, 2431; I. Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), a cura di P. Cherubini, I-III, Roma 1997, ad ind.; B. Vitelleschi, Il Passaggio e gli altri scritti del 1463, a cura di G. Insolera, Tarquinia 1998; Supplementum ad Bullarium Franciscanum, a cura di C. Cenci, II, Grottaferrata 2003, pp. 1023 s.
L. Dasti, Notizie storiche e archeologiche di Tarquinia e Corneto, Roma 1878, pp. 151-155; C. Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi, II, Monasterii 1914, pp. 10, 119, 137 s.; S. Guerri, B. V. vescovo di Corneto e Montefiascone, in Bollettino della Società tarquiniense di arte e storia, II (1973), pp. 9-21; A. Pardi - M. Corteselli, Testamento del vescovo B. V., ibid., XI (1982), pp. 125-143; G. Insolera, I riti della morte nel testamento di B. V. (1463), ibid., XIII (1984), pp. 23-35; C. Canonici, I Vitelleschi nel panorama politico-amministrativo della Corneto quattrocentesca, in I Vitelleschi. Fonti, realtà e mito, a cura di G. Mencarelli, Tarquinia 1998, pp. 37-53; L. Radif, Bartholomaeus de Vitellensibus, in Compendium Auctorum Latinorum Medii Aevi, II, 1, Firenze 2004, pp. 97 s.; Ead., B. V. corrispondente di Pio II, in Pio II umanista europeo. Atti del XVII Convegno internazionale, Chianciano-Pienza... 2005), a cura di L. Secchi Tarugi, Firenze 2007, pp. 301-316; C. Märtl, B. V. († 1463). Ein italienischer Rat Friedrichs III, in König, Fürsten und Reich im 15. Jahrhundert, a cura di F. Fuchs - P.-J. Heinig - J. Schwarz, Köln 2009, pp. 3-19; C. Canonici, I Vitelleschi di Corneto, in Famiglie nella Tuscia tardomedievale. Per una storia, a cura di A. Pontecorvi - A. Zuppante, Orte 2011, pp. 323-334.