VANZETTI, Bartolomeo
– Nacque l’11 giugno 1888 a Villafalletto (Cuneo) da Giovanni Battista (1849-1931), piccolo proprietario terriero e gestore di un caffè, e da Giovanna Nivello (1862-1907); i due ebbero in seguito altri tre figli, Luigina, Vincenzina ed Ettore.
Il suo nome si lega a quello di Ferdinando Sacco, detto Nicola. Erano entrambi anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti, che nel 1927 vennero processati per furto e omicidio, condannati a morte e giustiziati.
Così come i Sacco, i Vanzetti avevano una buona condizione economica e un certo riconoscimento all’interno della comunità locale. Il giovane Vanzetti visse un’infanzia felice; come il padre, amava lavorare la terra. Ereditò i forti sentimenti religiosi della famiglia: per lui la fede cattolica era qualcosa di scontato, tanto che in seguito alcuni suoi compagni di lavoro lo ridicolizzarono per questo, etichettandolo come bigotto.
Il padre riteneva che lo studio fosse una perdita di tempo, perciò nel 1901, ad appena tredici anni, Bartolomeo dovette cercarsi un lavoro e lo trovò in una pasticceria di Cuneo, dove rimaneva quindici ore al giorno. In seguito ebbe altri impieghi in due località nell’area di Torino, Cavour e Cuorgné, e infine, nel 1906, a Torino stessa. In quegli anni condusse una vita solitaria, infelice e soprattutto faticosa (anche se la sua devozione per i genitori lo spinse a non lamentarsi mai), tanto che nel febbraio del 1907 si ammalò di pleurite e dovette tornare a casa. Pochi mesi dopo, la morte per cancro della madre, a cui era molto legato, lo segnò profondamente, rendendolo ancora più taciturno. Nonostante le resistenze del padre – che tra il 1881 e il 1883 aveva vissuto negli Stati Uniti, per poi tornare in Italia – nel 1908 Vanzetti partì alla volta di New York, dove fu ospite di un cugino. Si spostò poi in Connecticut e infine in Massachusetts, stabilendosi a Plymouth.
Negli Stati Uniti aveva visto un luogo di possibile redenzione dalle proprie sofferenze, ma in realtà trovò una situazione assai difficile e dovette accettare ogni sorta di impiego, vivendo in condizioni lavorative, abitative ed economiche particolarmente precarie (giunse persino a dormire per strada). Venne anche fortemente discriminato per la propria origine italiana, come successe a molti suoi connazionali, umili lavoratori.
Dedicava il proprio tempo libero per lo più alla lettura, interessandosi soprattutto alla storia (quella greco-romana, degli Stati Uniti e della Rivoluzione francese), ma anche a scienza, filosofia, letteratura. Amava in particolare le opere di Karl Marx, Carlo Pisacane e Giuseppe Mazzini. Cercò anche di migliorare il proprio inglese frequentando le scuole serali.
La durezza della sua vita quotidiana e la maggiore consapevolezza acquisita grazie alle letture lo portarono a riflettere profondamente sulla durissima condizione dei lavoratori immigrati non qualificati, che stava sperimentando sulla propria pelle. Avvertendo la profonda ingiustizia di questa situazione, abbracciò l’ideologia anarchica, di cui apprezzava il proposito di creare una società priva di qualsiasi forma statuale e basata invece su amministrazioni pubbliche gestite direttamente dai cittadini, in grado di garantire la libertà per tutti. A suo parere lo Stato era un’istituzione tirannica e oppressiva che rendeva schiave le persone, tanto che per lui era giustificabile l’utilizzo della violenza per il suo abbattimento. Inoltre, poiché il capitalismo era il nemico letale dei lavoratori, Vanzetti auspicò la nascita di un’economia fondata sulle cooperative. L’esperienza statunitense lo spinse quindi a sostituire completamente la sua precedente religiosità giovanile con un radicalismo totale.
Si avvicinò agli ambienti dei militanti anarchici e trovò un punto di riferimento nel gruppo di Luigi Galleani, di cui condivideva le idee, anche se egli fu soprattutto un militante d’azione e assai poco un teorico. Ebbe tuttavia un ruolo particolarmente attivo, nel 1916, nel corso dello sciopero della Plymouth cordage company, per la quale aveva lavorato. Nelle manifestazioni che si svolsero in quella cittadina Vanzetti tenne discorsi, partecipò a picchetti e raccolse denaro per gli scioperanti. In seguito alle sue attività, cominciò a essere sorvegliato dalla polizia. È in questo anno che conobbe Sacco durante un’assemblea.
Il 5 maggio 1917 ottenne la cittadinanza del Paese che lo ospitava. Poiché pochi giorni prima gli Stati Uniti erano entrati nella prima guerra mondiale venne chiamato per il servizio militare. Per sfuggirvi, decise di riparare con una falsa identità in Messico, insieme a un gruppo di seguaci di Galleani, fra cui anche Sacco.
Nella primavera del 1918 tornò in Massachusetts e si stabilì a Boston, dove riprese la militanza politica. Fece parte di un gruppo anarchico che venne in seguito accusato di attacchi dinamitardi, nei quali però non è certo il suo coinvolgimento.
Il 5 maggio 1920 Vanzetti e Sacco vennero arrestati; le accuse erano di rapina e omicidio, ma inizialmente esse non vennero comunicate ai due. L’11 giugno Vanzetti venne incriminato per una tentata rapina avvenuta a Bridgewater (Massachusetts) il 24 dicembre 1919. Il processo iniziò il 22 giugno 1920 a Plymouth; il 1° luglio venne emesso il verdetto di colpevolezza e il 16 agosto Vanzetti fu condannato a una pena «non inferiore ai dodici anni e non superiore ai quindici».
L’11 settembre Vanzetti venne incriminato, questa volta insieme a Sacco, per la rapina a mano armata e il duplice omicidio avvenuti a South Braintree (sempre in Massachusetts) il 15 aprile 1920. A questo punto iniziò il celebre ‘caso Sacco-Vanzetti’; il processo, pesantemente condizionato dal fatto che i due fossero sia sovversivi sia di origine italiana, si concluse con la loro condanna a morte, eseguita il 23 agosto 1927 (per la vicenda giudiziaria si rimanda alla voce su Ferdinando Sacco in questo Dizionario).
Ancor oggi non è accertata la responsabilità di Vanzetti nelle due rapine. Egli si dichiarò sempre innocente, al punto da chiedere al suo avvocato, poco prima dell’esecuzione, di adoperarsi per la riabilitazione della sua reputazione.
A tale riabilitazione si dedicarono per molti anni le sorelle Luigina e Vincenzina, e questa causa venne a lungo perorata anche da vari comitati, statunitensi e italiani. Nel 1977, nel proclamare il Sacco and Vanzetti day, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis denunciò il pesante clima persecutorio contro il quale i due anarchici italiani avevano dovuto scontrarsi nel corso del procedimento giudiziario.
Fonti e Bibl.: Per la vita di Vanzetti si veda la sua autobiografia, Una vita proletaria, scritta nel dicembre del 1920, pubblicata nel gennaio-febbraio del 1921 sul mensile L’agitazione di Boston e più volte ristampata in seguito; l’ultima edizione italiana è a cura di L. Botta, Casalvelino Scalo 1987, 2017. Notizie su Vanzetti sono presenti anche in: S. Pugliese, Sacco and V., in The Italian American experience: an encyclopedia, a cura di S. LaGumina, New York 2000, pp. 562 s.; C. Signorile, V., B., in Dizionario biografico degli anarchici italiani, diretto da M. Antonioli - G. Berti - S. Fedele - P. Iuso, II, I-Z, Pisa 2004, pp. 653-666.
La storiografia sul caso Sacco-Vanzetti è assai cospicua; per un inquadramento aggiornato si rimanda a S. Luconi, L’ottantennale della morte di Sacco e V., in Archivio storico dell’emigrazione italiana, VI (2010), 1, pp. 117-132. Il migliore contributo storiografico sui due anarchici è quello di P. Alvich, Sacco and V.: the anarchist background, Princeton (N.J.) 1996 (trad. it. Ribelli in paradiso: Sacco, V. e il movimento anarchico negli Stati Uniti, Roma 2014). Per le reazioni ‘globali’ al caso Sacco-Vanzetti si vedano: L. McGirr, The passion of Sacco and V.: a global history, in Journal of American history, XCIII (2007), 4, pp. 1085-1115; M. Temkin, The Sacco-V. affair: American on trial, New Haven (Conn.) 2011. Per un recente quadro storiografico generale dell’anarchismo italiano si rimanda a L’anarchismo italiano: storia e storiografia, a cura di G. Berti - C. De Maria, Milano 2016 (in partic. notizie sugli anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti in P. Di Paola, Sviluppi e problematiche degli studi sull’esilio anarchico nel mondo anglosassone, pp. 325-327, 334).