SPONTONE (Spontoni), Bartolomeo
SPONTONE (Spontoni), Bartolomeo. – Nacque a Bologna il 22 agosto 1530, figlio primogenito di Guido, guardiano della gabella al servizio del Comune, e fratello di Alessandro (secondogenito, anch’egli musicista), Giuditta e Guglielmo. Il nome della madre non è noto.
Il Blasone bolognese di Floriano Canetoli (Bologna 1791) reca due stemmi tra le famiglie «cittadine» (n. 1255) e le «paesane» (n. 960) di nome Spontoni.
Bartolomeo apprese «le prime e fundamentali regole del contrapuntizzare» da Nicolò Mantovano, alias Cavallaro (divenuto poi maestro di cappella in S. Petronio a Bologna dal 1551 al 1557), indi negli anni Quaranta in Roma «fu primieramente discepolo di Giaches de Ponte» (Jacques du Pont) «e poi di [Cristóbal] Morales» (Bottrigari, 1994, p. 340); in seguito, fu conosciuto e stimato da Cipriano de Rore (p. 341).
Cantore, è documentato nella cappella musicale di S. Petronio dal 1551 al settembre 1552 e poi di nuovo, come «maestro del canto», ossia maestro di cappella, dal maggio del 1577 al maggio del 1583. Dal 1553 al 1568 e negli anni 1581-82 fu altresì musico (suonatore di cornetto) nel Concerto palatino, l’organico di strumentisti e cantori istituito dalla Signoria bolognese per condecorare le cerimonie pubbliche; ne fece parte, con il medesimo ruolo, anche il fratello Alessandro tra il 1569 e il 1581. Risalgono a questi anni bolognesi i suoi primi tre libri di madrigali (tutti pubblicati in Venezia, salvo diversa menzione): il primo a quattro voci, dedicato a Ercole Bottrigari (Girolamo Scotto, 1558); il secondo a cinque «con uno dialogo a otto», dedicato a Michele Casali (Antonio Gardano, 1561); e il terzo a cinque «con una canzone» (Gardano, 1567, senza dedica).
Altri brani apparvero in raccolte miscellanee: La verginella è simile a la rosa a quattro voci (Ludovico Ariosto), nelle Villotte del fiore di Filippo Azzaiolo (Gardano, 1557); Li modi vari d’achistar onori a cinque, nelle «greghesche» di Manoli Blessi alias Antonio Molin (Gardano, 1564; ed. a cura di S. Cisilino, Padova 1974); Alma, se stata fossi a pien accorta a sette (Pietro Bembo), nel postumo quinto libro di Cipriano de Rore (Gardano, 1566; ed. in B. Spontone, Due madrigali a 7 e 5 voci miste, a cura di F. Piperno, Roma 1984); Donna gentil, che sopra l’altre bella e Donna, senza cercar campagne e boschi a tre, nel Gaudio a cura di Giulio Bonagiunta (Scotto, 1567; edd. modificate in Piperno, 1985); Il vago e lieto aspetto e Se tutta ghiaccio sete a cinque, nel Terzo libro delle fiamme a cura dello stesso (Scotto, 1568); Ove ch’i’ posi gli occhi lassi o giri a cinque (Francesco Petrarca), nei Dolci frutti a cura di Cornelio Antonelli (Scotto, 1570); Madonna, al dolce riso a cinque, nella Musica di XIII autori illustri dedicata al duca di Baviera (Gardano, 1576; ed. in B. Spontone, Due madrigali..., cit.).
Poco tempo dopo la nomina alla testa della cappella in S. Petronio il musicista fu fatto bersaglio di un aspro precetto del cardinale Alessandro Sforza, legato di Bologna: «Commandiamo a te Bartolomeo Spontoni, che sotto qual si voglia causa o pretesto non ardischi in modo alcuno come Mastro di Capella di S. Petronio comparire in Coro di d.a Chiesa, né ivi o altrove come tale fare o esercitare atto alcuno» (Archivio del Capitolo di S. Petronio, tit. XVII, sez. II, n. 2; in Gaspari, 1875, pp. 54 s.). Spontone era bensì stato nominato dal collegio dei canonici di S. Petronio, ma dal canto suo la Fabbriceria – l’organismo civile che gestiva la basilica – aveva appena designato maestro di cappella un altro musicista (il cantore Adam Ena). Il dissidio interno si placò, e nonostante le tensioni intestine Spontone mantenne ed esercitò il ruolo con soddisfazione di ambo le parti finché rimase in servizio. Non è noto se tali dissidi abbiano poi avuto parte nell’interruzione volontaria del servizio: il musicista infatti «se ne partì al cadere del maggio 1583 dopo aver tenuto solo sei anni il seggio primario nella cappella. È ignota la cagione di questo suo accomiatarsi» (Gaspari, 1875, p. 58).
Nel 1583 apparve il suo libro terzo a cinque (Gardano, 1583; ed. a cura di J. Rodil Rodríguez, Bologna 2016), dedicato all’allievo e amico Bottrigari, legato da amicizia anche al fratello Alessandro. La dedicatoria è del figlio maggiore di Bartolomeo, Ciro, umanista, che la firmò da Moncalieri; al Bottrigari aveva già dedicato Le differenze poetiche di Torquato Tasso (Verona, Discepolo, 1581).
Frattanto, nel 1582 Torquato Tasso aveva promosso la pubblicazione di una collettanea di madrigali epitalamici in onore della cantante Laura Peperara (Il lauro secco, Ferrara, Baldini, 1582): ai musicisti ferraresi del momento si aggiunse il fior fiore dei polifonisti d’Italia, tra cui Spontone con il madrigale a cinque T’amai, frondosa pianta (ed. modificata in Piperno, 1985). In data anteriore al 1584 doveva inoltre essere uscito un suo madrigale a cinque voci sul sonetto Ben sapev’io che natural consiglio (Petrarca), di cui Vincenzo Galilei pubblicò l’intavolatura nel Fronimo: dialogo ... sopra l’arte del bene intavolare (Scotto, 1584).
Nel 1580 Bartolomeo aveva concorso, invano, al posto di maestro di cappella nella cattedrale di Padova; lo stesso incarico ebbe, invece, nella basilica di S. Maria Maggiore in Bergamo, dove esercitò dal 17 dicembre 1584 al 5 luglio 1586.
Risalgono a questo periodo diversi brani apparsi in raccolte miscellanee: Deh morte, vien a chi tanto ti chiama a otto voci, nella Musica de diversi auttori illustri (Vincenti e Amadino, 1584); Fors’è cagion l’aurora (Tasso) nel libro II e Leggiadra pastorella al giovinetto giorno nel libro III De floridi virtuosi d’Italia a cinque (Giacomo Vincenti e Ricciardo Amadino, 1585 e 1586; edd. modificate in Piperno, 1985); Signor, la notte e ’l giorno a cinque, nella Musica spirituale (Gardano, 1586).
Spontone fu poi maestro di cappella nella cattedrale di Verona, dal 25 giugno 1586 all’aprile del 1588, e nel contempo maestro di canto nelle Scuole accolitali della città scaligera. Il Missarum quinis, senis et octonis vocibus liber primus (Amadino, 1588) contiene quattro messe, di cui due ad imitazione di madrigali a sei voci di Philippe Verdelot e di Costanzo Festa (ed. modificata di quest’ultima in L. Torchi, L’arte musicale in Italia, II, Milano 1897, pp. 31-78). Nel dedicare il libro al conte Mario Bevilacqua, accademico filarmonico e suo mecenate, Spontone alluse a un suo ritratto commissionatogli dal nobile veronese per la propria quadreria, irreperito. Non vi sono notizie su di lui nel triennio 1588-91: è stata avanzata l’ipotesi di un abbandono delle mansioni di precettore per causa di salute malferma (Spagnolo, 1904, p. 83).
Nel 1590 il cantore milanese Francesco Lucini – forse su sprone dell’allora maestro di cappella in duomo, il bolognese Giulio Cesare Gabussi – compilò una collettanea «di diversi eccellentissimi musici della città di Bologna», intitolata Le gemme (Milano, Tini, 1590): Spontone è uno dei pochi autori che vi figurino con due madrigali, quello d’apertura (Leggiadra pastorella, già apparso nel 1586) e Vieni felice e lieto.
L’ultimo incarico svolto da Spontone fu in Treviso, maestro di cappella in cattedrale, quantomeno dall’aprile del 1591 e fino al 1592. Il 17 aprile 1591 sposò Antonia, vedova del notaio Cipriano Cernaggia (probabilmente in seconde nozze, giacché Ciro, figlio di Bartolomeo, era nato a metà degli anni Cinquanta; altri figli di primo letto furono Guido, Camilla, Ortensia).
Morì a Treviso, probabilmente nell’anno 1592.
A partire da tale data comparve ancora nelle collettanee un certo numero di composizioni sue non attestate in precedenza: le due «napolitane» Io vo cercando, o belle donne, ’l core ed Eccoti il cor, o tu che ’l vai cercando a cinque, in Spoglia amorosa (Gardano, 1592; edd. modificate in Piperno, 1985); Beata morte e cara a cinque, nella canzone erotica Florindo e Armilla (Maffeo Venier), a cura di Giovanni Matteo Asola (Amadino, 1593); Tirrena bella al suo Menalca chiede a sei (Lorenzo Guicciardi), in Madrigali pastorali... intitolati Il bon bacio (Gardano, 1594; ed. modificata in Piperno, 1985); il mottetto Ecce venit desideratus diu a sette, in Reliquiae sacrorum concentuum (Norimberga, 1615).
La copiosa presenza di composizioni commissionate ad hoc per collettanee madrigalistiche di spicco testimonia l’alta considerazione in cui Spontone fu tenuto dai contemporanei. Tra il 1585 e il 1600 alcuni madrigali suoi già apparsi in Italia furono peraltro ripresi in antologie transalpine.
Per quanto attiene alle scelte poetiche, Spontone attinse agli autori canonici: Petrarca, Bembo, l’Ariosto dell’Orlando furioso, i due Tasso. Tra gli altri autori spiccano: in apertura del primo libro a quattro voci una canzone in sette stanze del nobile bolognese Tommaso Castellani (dalle Rime del 1545); nel primo a cinque una canzone in dieci stanze di Cosimo Rucellai dalle Rime diverse di molti eccellentissimi autori dell’editore Gabriele Giolito de’ Ferrari del 1545; nel secondo a cinque un’altra vasta canzone (un inno ad Apollo in ventuno stanze) di Petronio Barbati dalle Rime di Giolito del 1547; e dalla stessa collettanea, in apertura del terzo libro, le nove stanze della «canzone pastorale» Quando il dì parte e l’ombra il mondo copre ivi attribuita a Giulio Camillo, detto Delminio (di cui il figlio Ciro nella dedica dei madrigali esalta le «dilettevoli e nuove vaghezze»).
Un doppio ritratto del musicista accanto all’allievo e amico Ercole Bottrigari, proveniente dalla quadreria di padre Giambattista Martini, è nel Museo della Musica di Bologna.
Alessandro Spontone, secondogenito di Guido, fu battezzato il 1° giugno 1549 a Bologna. Suo primo maestro nell’apprendimento musicale dovette essere il fratello maggiore, Bartolomeo. Dal 1569 al 1581 ricoprì il medesimo ruolo del germano, suonatore di cornetto nel Concerto palatino; ma dal 1573 al 1578 si fece surrogare da Bartolomeo, giacché, accusato di aver ferito una persona in tempo di Carnevale (Maule, 1994, pp. 14 s.), chiese protezione al duca Alfonso II d’Este e riparò a Ferrara. Lì fu raggiunto nel 1576 dall’amico Ercole Bottrigari, che ne parla nel dialogo Il Trimerone, definendolo «buon musico prattico», «gratissimo amico», «suo continuo commensale e ne loro essilii, e ne[l] ritorno alla Patria, per alcuni anni sin ch’ei morì» (Bottrigari, 1994, p. 339). Dal 1582 al 1587 fu maestro di cappella nella cattedrale di S. Croce in Forlì; se ne può collegare la nomina con l’ingresso in città del cardinale Giovanni Francesco Mazza di Canobio, il 12 ottobre 1581: a lui Alessandro dedicò Il primo libro de madrigali a cinque voci, insieme doi a sei (Gardano, 1585), che contiene rime di Bembo, Petrarca, Torquato Tasso e del ravennate Muzio Manfredi. Tre sue canzonette in endecasillabi sono nel terzo e nel quarto libro di canzoni a cinque del riminese Giovanni Piccioni (Scotto, 1582; il terzo libro è dedicato a Nicolò Scadinari, governatore di Forlì). Intorno al 1587 rientrò in Bologna, probabilmente in concomitanza con l’abbandono della carica episcopale di Canobio, in esito ai rapporti tumultuosi con la città. Un suo madrigale figura nelle citate Gemme dei musicisti bolognesi (Milano, Tini, 1590).
Morì a Bologna il 13 luglio 1591.
Lodovico (Ludovico) Spontoni, figlio di Costanzo, fu battezzato a Bologna il 2 marzo 1555: si ignora l’eventuale rapporto di parentela con i due concittadini musicisti, Bartolomeo e Alessandro. Si può tutt’al più congetturare che Alessandro, nel suo periodo forlivese, abbia avuto un ruolo nella formazione del più giovane Lodovico, che a Forlì compì gli studi teologici e divenne poi precettore del seminario. Fu maestro di cappella nella cattedrale di S. Croce, e dal 1571 nella cattedrale di S. Colomba in Rimini. La relazione della Visita apostolica del 1571 a Rimini riporta alcune raccomandazioni fatte a Spontoni in qualità di maestro di canto in seminario; l’atto del notaio Pietro Merenda, espressamente a lui rivolto, richiedeva «che si comportasse correttamente, e scrupolosamente insegnasse ai fanciulli sia canto gregoriano, sia canto polifonico, e i versetti, e tutte le altre cose che da questi fanciulli solitamente si cantano in coro, e sia presente nel coro della chiesa cattedrale per cantare qualche canto polifonico ogni singolo giorno festivo di precetto per la celebrazione delle messe solenni, e dei vespri, e dell’ufficio del mattino, e facesse tutte quelle cose che ci si aspetta e sono di competenza di un maestro di musica» (Rimini, Archivio di Stato, Archivio notarile Merenda Pietro, c. 213 s., in Righini - Gemmani, 2010, p. 593). Promotore dei suoi studi musicali fu il forlivese Silvio Torelli, dedicatario del suo Primo libro de madrigali a cinque voci (Vincenti, 1586). Vi figurano versi di Iacopo Mancini Poliziano, Manfredi, Battista Guarini, Giovanni Guidiccioni, e in coda una canzone pastorale di autore ignoto, in dieci stanze, Quando scaccian di Febo i rai lucenti, di fatto una parafrasi di quella, affine, inclusa nel terzo libro di Bartolomeo: è un dato, questo, che, fossero o no parenti, avvicina il più giovane al più anziano dei tre Spontone musicisti.
Morì presumibilmente prima del 1609. Il 15 febbraio di quell’anno il nipote Francesco dedicò a don Battista Benci, priore in S. Giuliano di Rimini, l’edizione di un secondo libro di mottetti a otto voci lasciatigli dallo zio (Gardano, 1609). Deve dunque essere esistito un primo libro di mottetti, non pervenuto.
Fonti e Bibl.: G. Gaspari, Memorie risguardanti la storia dell’arte musicale in Bologna al XVI secolo, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le province di Romagna, s. 2, I (1875), pp. 50-71; Id., Dei musicisti bolognesi al XVI secolo e delle loro opere a stampa. Ragguagli biografici e bibliografici, ibid., II (1876), pp. 66-69 (entrambi ristampati in Id., Musica e musicisti a Bologna, Bologna 1969, pp. 186-205, 334-337); A. Spagnolo, Le Scuole accolitali in Verona, Verona 1904, pp. 82 s.; G. Donati Petténi, L’arte della musica in Bergamo, Bergamo 1930, p. 15; R. Casimiri, Musica e musicisti nella cattedrale di Padova nei secoli XIV, XV e XVI, in Note d’archivio per la storia musicale, XVIII (1941), pp. 112 s., XIX (1942), p. 70; G. D’Alessi, La cappella musicale del Duomo di Treviso (1300-1633), Vedelago 1954, pp. 136-138, 217; F. Piperno, Gli «eccellentissimi musici della città di Bologna», Firenze 1985, ad ind.; O. Gambassi, La Cappella musicale di S. Petronio: maestri, organisti, cantori e strumentisti dal 1436 al 1920, Firenze 1987, pp. 73, 84-87, 334; Id., Il Concerto palatino della Signoria di Bologna, Firenze 1989, pp. 157, 177, 622-631; E. Bottrigari, Il Trimerone, a cura di E. Müller, diss., Universität Karlsruhe, 1994, pp. 337-341; I. Illuminati, Su Lodovico Spontoni e il primo libro dei madrigali a 5, in Quadrivium, n. s., V (1994), pp. 67-118; E. Maule, Su Alessandro Spontone, la scuola musicale bolognese del Cinquecento e il primo libro dei madrigali a cinque (1585), in Quadrivium, n. s., V (1994), pp. 5-66; F. Tirro, voci S., B., S., A. e S., L., in Grove music online, 2001, http:// www.oxfordmusiconline.com (29 ottobre 2018); M. Giuliani, «Musica spirituale di eccellentissimi autori» (1586): un itinerario devoto collettivo nel mondo del madrigale, in Rivista italiana di musicologia, XXXVII (2002), pp. 219-248; O. Gambassi - L. Bandini, Vita musicale nella cattedrale di Forlì tra XV e XIX secolo, Firenze 2003, pp. 41 s.; V. Panagl - O. Mischiati, S., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XV, Kassel 2006, coll. 1225 s.; P. Righini - M. Gemmani, Compendio di storia della musica sacra a Rimini: dalle origini all’età napoleonica, in Storia della Chiesa riminese, a cura di R. Savigni, I, Rimini 2010, pp. 581-593; L. Bianconi et al., I ritratti del Museo della Musica di Bologna, Firenze 2018, pp. 135-137.