SACHELLA, Bartolomeo
– Nacque, presumibilmente a Milano, intorno al 1380 dal nobilis Lantelmolo o Lantelmo, figlio di Beltramolo o Beltramo dei conti di S. Pietro. Ebbe due fratelli, Lodovico, che diede origine a una discendenza di notai, e Antonio.
Tra il 1379 e il 1410 Lantelmolo aveva ricoperto numerose cariche di controllo delle finanze locali e di supervisione degli ufficiali del Comune ed era stato tra i deputati della Fabbrica del Duomo. Negli atti notarili e nei documenti della Fabbrica il cognome di famiglia è indicato tanto come Sachela, Sachella, Sacchella, quanto de Sachella, de Sacchella, de Sachelli, de Sacchelli, de Sachelis, de Sachellis. La variante Sachela / Sachella è usata di preferenza dall’autore stesso nelle testimonianze autografe in latino e in volgare; in una nota di possesso espressa in latino è usata la forma «Bartolomeus de Sachellis».
Da atti notarili del novembre 1402 relativi alla divisione dei beni fra i tre fratelli Sachella, che risultavano già emancipati dal padre, si ricava che del consistente patrimonio familiare a Bartolomeo erano spettate centoventicinque pertiche di terreno, per lo più coltivato a vigna, nel territorio di Cambiago, pieve di Gorgonzola. Nel 1422 Sachella poteva godere anche della proprietà dei due terzi di un terreno con immobili a Milano che, dati in affitto, gli fruttavano una rendita di sedici lire imperiali all’anno. Da tali fonti si evince che nel 1402 dimorava a Cremona, vicinia di S. Lucia, porta Po, mentre nel 1422 abitava nella casa di Milano, porta Orientale, parrocchia di S. Vito in Pasquirolo, che sembra essere stata di proprietà della famiglia Sachella perché indicata negli atti quale luogo di residenza di buona parte dei suoi componenti (Susto, 1960). Secondo quanto si desume da un documento datato 19 maggio 1417, Bartolomeo fu cancelliere della Fabbrica del Duomo e negli anni 1418-20 figura negli elenchi dei cittadini deputati a coadiuvare i fabbriceri (Annali della Fabbrica, II (1877), pp. 24, 26, 29, 33).
Alcuni dati biografici di Sachella si deducono da un corpus di suoi cinquantanove testi poetici in volgare lombardo con influenze toscane, per lo più «frottole», tramandato in forma autografa dal ms. AD.XVI.20, conservato a Milano, presso la Biblioteca nazionale Braidense. Si tratta di uno zibaldone recante la nota di possesso «sum Bartolomei de Sachellis frotuliste mediolanensis», allestito in fasi differenti tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Quattrocento e contenente, oltre alle frottole sachelliane, testi in latino e in volgare di varia natura, tra cui i Trionfi e parte del Canzoniere di Petrarca.
Dai componimenti poetici, quasi sempre firmati, si deduce che Sachella era stato costretto a espatriare e aveva subito danni al patrimonio (frottole I, XIX, XX), aveva avuto due figlie, Susanna e Stellina, e forse un figlio adottivo, Stefano (XXI; per Susanna v. Frottole, a cura di G. Polezzo Susto, 1990, p. XXIII n. 6), ed era stato detenuto a Tortona intorno al 1410, al tempo in cui Facino Cane era governatore del Ducato (XXII). La frottola XIX contiene un’apostrofe a Jacobino Porro, maestro delle entrate ducali dal 1399 al 1403, e un accenno a «questa patria nova», probabile allusione a una Milano mutata dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti (1402). Si può ipotizzare che Sachella fosse stato costretto all’esilio a seguito dei torbidi avvenimenti successivi a questo decesso, come parrebbero confermare i versi «io pur stento / fuor di la mia terra» e «a me pur conviene / lacrimare, / mutando ’l parlare / ambrosiano in foresto» (I) e la circostanza della dimora a Cremona nel 1402 (Frottole, cit., p. XXVI). In una frottola datata 7 marzo 1446 Sachella sembra parlare di una sua attività di insegnamento condotta non per necessità economiche (LVI); in un altro componimento del 6 giugno 1446 pare far riferimento a sé stesso come a un «magistro di scola» (LIII). La circostanza del domicilio presso S. Vito in Pasquirolo, l’appartenenza a una famiglia i cui membri avevano ricoperto vari ruoli all’interno della Fabbrica del Duomo e la documentata presenza a metà Quattrocento di quattro maestri di scuola presso la cattedrale permettono di supporre che l’attività di Sachella si svolgesse proprio nei dintorni del Duomo o in ambienti limitrofi (cfr. G. Polezzo Susto, Una “frottola” milanese del secolo XV: che brutta cosa il credito!, in Rivista milanese di economia, XVIII (1986), pp. 129-140, in partic. p. 134). Bartolomeo non nascondeva le sue ambizioni di letterato esprimendo il desiderio di unirsi alla schiera degli intellettuali composta da Antonio da Rho, Francesco Filelfo, Leonardo Bruni, Pier Candido Decembrio, Antonio Panormita e Guiniforte Barzizza (XLIX) ed è possibile che la sua principale attività fosse quella letteraria, come sembra confermare l’autodefinizione di «frotulista mediolanensis» ad apertura del suo zibaldone. In due componimenti Sachella sosteneva di aver subito alcuni furti di libri: in una frottola lamentava di essere stato derubato di un volume cartaceo dal milanese Stefano Brugno (XXIII); in un’altra denunciava la sottrazione di un libro perpetrata da Paolo Alchiero (XXV). Le sottoscrizioni di Bartolomeo in calce ad alcuni manoscritti, talune datate, provano che fu copista. Allo stato attuale dodici codici sono riconducibili a Sachella, alcuni dei quali recanti sue esplicite sottoscrizioni, altri a lui attribuiti grazie all’esame paleografico.
Si tratta dei seguenti manoscritti: Bruxelles, Bibliothèque royale de Belgique, 14873: Cicerone, De officiis (sottoscritto il 23 dicembre 1428); Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Nuovi Acquisti, 270 (risultato dello smembramento di due diversi codici, di cui uno posteriore al 1444): Petrarca, Posteritati e Privilegium laureationis; Antonio Panormita, Versus de Elisia nympha; Persio e brevi testi minori; Biblioteca Riccardiana, Riccardiano, 526: Seneca tragico; Milano, Biblioteca Ambrosiana, F.92 sup.: Terenzio; H.123 inf.: Rhetorica ad Herennium; V.10 sup.: Francesco Filelfo, orazione agli esuli fiorentini contro Cosimo de’ Medici (1437), ed epistola a Francesco Sforza «Quod antea consilium instituerat» (1438), che discende dall’originale filelfiano (per cui v. F. Filelfo, Collected letters. Epistolarum libri XLVIII, ed. critica a cura di J. De Keyser, Alessandria 2015, I, Ep. III 1, p. 189); Trotti, 167, pp. 1-105: De imitatione Christi; Biblioteca nazionale Braidense, AD.XVI.20: contenente, oltre a componimenti sachelliani e petrarcheschi (tra cui Posteritati e Privilegium laureationis), poesie di Francesco di Vannozzo, Matteo d’Orgiano e Girardo Patecchio, vari testi ed estratti in latino, prevalentemente di scuola (Ilias latina, Persio, excerpta da fonti classiche, medievali e bibliche), e cospicuo materiale linguistico volgare settentrionale, influenzato dal latino e dal toscano, in un glossario; Napoli, Biblioteca nazionale V. Emanuele III, IV.B.14, più mani: L. Bruni, Vita Ciceronis e relativa praefatio; Senofonte, De tyranno, trad. Bruni; Cicerone, Catilinarie, I-IV; invettive apocrife tra Cicerone e Sallustio; Rhetorica ad Herennium; frottola sachelliana «Luce meridiana» (XXXIX) e altri componimenti (secondo le note in testa e in calce alla Rhetorica ad Herennium, Sachella avrebbe trascritto da un esemplare di proprietà di Guiniforte Barzizza); IV.G.8: Cicerone, De officis, De amicitia, De senectute, Paradoxa Stoicorum, Somnium Scipionis; Ciceronis epitaphia XII sapientium; Paris, Bibliothèque nationale de France, Par. lat., 5836: Plutarco, Vita Artaxersis, trad. Lapo da Castiglionchio il Giovane (non datato ma trascritto intorno al 1438 o poco dopo); Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, K.V.16: Giustino (sottoscritto il 29 aprile 1432). Una nota di pagamento contenuta nel ms. di Milano, Biblioteca Ambrosiana, R.85 sup., attesta che Sachella aveva lavorato come rilegatore di libri per gli agostiniani del convento di S. Maria Incoronata di Milano, che intorno agli anni Cinquanta del Quattrocento avevano fatto rilegare un gruppo di manoscritti da botteghe della città (Ferrari, 1988, p. 28).
Le frottole, di metro vario, fanno capo a un genere poetico tipicamente settentrionale, caratterizzato dal ricorso a un linguaggio di tono umile e da proverbi e modi di dire quotidiani per esprimere un’ampia varietà di temi. In Sachella prevalgono le frottole moraleggianti, cui seguono le autobiografiche, le cronachistiche, le satiriche e le amorose scritte su commissione. I componimenti prendono di mira i vizi comuni, come i sette peccati capitali, ma anche quelli ‘pubblici’, relativi alla politica. Denunciando la corruzione dei funzionari statali, le sopraffazioni di esattori e dazieri, le razzie delle compagnie di ventura, questi versi sono un’importante testimonianza dei problemi che affliggevano il tessuto sociale milanese al tempo delle signorie di Giovanni Maria e di Filippo Maria Visconti e si propongono come voce critica e indipendente rispetto alla letteratura di corte. In un testo datato 1440 è descritta la barbara uccisione di Pietro Paolo d’Arsago, ingegnere ducale, del quale Bartolomeo si professava «cordiale amico» (XXXIII). Una frottola contiene accuse a carico di personaggi illustri della Milano viscontea come Zanino Riccio e Sperone di Pietrasanta (LII). Un’altra, indirizzata a Iñigo d’Avalos, consigliere di Alfonso d’Aragona, e a Tommaso dei Tebaldi da Bologna, familiare di Filippo Maria Visconti, ha come esplicito bersaglio Filelfo (XXXVI), biasimato per la maldicenza, l’astiosità e la supponenza, ma elogiato per la cultura (v. anche XLIX); a Filelfo sembrano alludere polemicamente altri due componimenti (XXXIV e XXXV). In alcuni testi della raccolta si colgono accenni alla vecchiaia dell’autore (XLI, XLVI, XLIX); alcune frottole recano nella data l’indicazione esplicita dell’anno di composizione (XXXIII: 23 ottobre 1440; XL: 8 marzo 1442; LIII: 6 giugno 1446; LIV: 26 febbraio 1447; LV: 1447; LVI: 7 marzo 1446).
Non si conosce la data esatta di morte di Bartolomeo Sachella, ma egli visse almeno fino al 1450, periodo cui si fanno risalire frottole che paiono alludere in maniera negativa a Francesco Sforza, divenuto signore di Milano in quell’anno (XLVI, L, LI).
Opere. Frottole, ed. critica a cura di G. Polezzo Susto, Bologna 1990 (cui si rinvia per ulteriori riferimenti bibliografici).
Fonti e Bibl.: Studi critici su singoli testi dello «Zibaldone Sachella» non citati nell’edizione delle Frottole: C. Ciociola, Nuove accessioni Acerbiane. Cartoni per la storia della tradizione, in Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei, Rendiconti, classe di scienze morali, storiche e filologiche, XXXVIII (1978), pp. 491-509 (in partic. pp. 505-508); P. Mainoni, Una testimonianza di denuncia politica e di costume sociale nella Milano viscontea. Le frottole di B. S., in Nuova Rivista storica, LXXV (1991), pp. 134-146; P. Trovato, Da Milano a Cosenza a Napoli. Una raccolta ciceroniana del S. e la prima redazione della frottola «Luce meridiana», in Omaggio a Gianfranco Folena, I-III, Padova 1993, pp. 813-825. Documenti archivistici utili alla ricostruzione della biografia sono segnalati in Annali della Fabbrica del Duomo di Milano dall’origine fino al presente, I-II, Milano 1877; G. Susto, B. S. “frotulista” milanese, da documenti inediti, in Archivio storico lombardo, s. 8, X (1960), pp. 253-259. Sui manoscritti di mano di Sachella: G. Susto, Note sul ms. Braidense AD.XVI.20, in Rendiconti dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, cl. di lettere, XCI (1957), pp. 547-582; M. Ferrari, La «littera antiqua» à Milan, 1417-1439, in Renaissance- und Humanistenhandschriften, a cura di Jo. Autenrieth - U. Eigler, München 1988, pp. 13-29; L. Refe, Un nuovo manoscritto copiato da B. S., in Studi medievali e umanistici, IV (2006), pp. 137-160, tavv. V-VIII; Ead., Il ms. 526 della Biblioteca Riccardiana di Firenze tra B. S. e Giovanni Olzina?, in Storie di libri e tradizioni manoscritte dall’antichità al Rinascimento. In memoria di Alessandro Daneloni, a cura di C. Mussini - S. Rocchi - G. Cascio, in corso di stampa (cui si rimanda per ulteriori riferimenti bibliografici).