ROVERELLA, Bartolomeo
– Nacque a Rovigo nel 1406, figlio del notaio Giovanni di Bartolomeo di Gennaro e di Beatrice di Giovanni Leopardi, esponente di una notabile casata di Lendinara.
Ebbero numerosi altri figli: Elica (sposa di Nicolò detto Rustichello dal Molin), Maria Giglia (sposa di Francesco Calcagnini, da cui avrebbe avuto Teofilo, poi cortigiano estense), Giacomo, Florio, Caterina (sposa di Nicolò Brusati), Pietro (sposo prima di Leoparda Leopardi e poi di Contessa Zabarella, e padre del futuro arcivescovo di Ravenna, Filiasio), Giovanni Francesco e, infine, Nicolò e Lorenzo, avviati dal padre, con determinazione e lungimiranza, agli studi (che ne favorirono le fortunate carriere ecclesiastiche): il primo fu olivetano in S. Giorgio di Ferrara, il secondo, medico e dottore in teologia, fu vescovo di Ferrara dal 1460 fino alla morte nel 1474. Quella dei Roverella nel XV secolo fu un’ascesa sociale ben riuscita, che dal Polesine allargò l’orizzonte a Ferrara: a fine secolo un cronista li annoverò nella lista dei «zentilhomini moderni» della città (U. Caleffini, Croniche 1471-1494, 2006, p. 109).
Nella seconda metà del Trecento, i Roverella facevano parte del gruppo di famiglie che, attraverso l’esercizio del notariato e il controllo di crescenti patrimoni fondiari, cominciavano a emergere nel panorama sociale di Rovigo, all’epoca compresa nei domini della casa d’Este. Il ramo di Gennaro Roverella (con i figli Florio, Pietro e Bartolomeo) ricoprì varie cariche civili ed ecclesiastiche, ampliando così un ‘capitale sociale’ prezioso per le carriere dei discendenti (per esempio Bartolomeo, avo di Roverella, collaborò con il consiglio di reggenza di Nicolò III). I Roverella risiedevano a Rovigo, nel borgo di S. Giovanni; nel 1393 ricevettero inoltre la cittadinanza di Ferrara. Il padre di Bartolomeo fu a sua volta notaio (e gastaldo della corporazione); membro del consiglio cittadino, rinsaldò le fortune patrimoniali della famiglia anche con la produzione laniera (Archivio di Stato di Modena, Archivio Segreto Estense..., 11 aprile 1424); fu pure incaricato di uffici amministrativi estensi per Rovigo e il Polesine; ottenne nel 1444 il titolo comitale da Federico III.
Il nome di Bartolomeo si legge nella matricola dei notai di Rovigo nel 1426, senza che egli tuttavia abbia mai esercitato. Frequentò a Ferrara il cenacolo di Guarino Veronese (dove studiava anche Francesco Calcagnini, poi suo cognato); si laureò in diritto civile a Bologna il 23 aprile 1438. Probabilmente a Bologna nacquero i primi contatti con la corte papale di Eugenio IV, che vi si trovava per il concilio; si segnala il legame duraturo con Ludovico Trevisan (vescovo di Traù in Dalmazia nel 1435, dal 1437 arcivescovo di Firenze, poi patriarca di Aquileia a fine 1439), del quale nel 1439 Bartolomeo era fiduciario per un pagamento. In più occasioni i due collaborarono o si avvicendarono nel ricoprire ruoli ecclesiastici.
Nel giugno del 1439 il vescovo di Ferrara, Giovanni Tavelli, concesse a Roverella il beneficio della pieve di Voghenza; in quel momento tale qualifica arcipretale aveva probabilmente valore più giuridico che sacramentale, dato che solo nell’aprile 1441 a lui, «dottore di leggi e chierico della diocesi di Adria» (B. Roverella, Lettere..., a cura di P. Griguolo, 2014, p. 53), furono conferiti a Firenze gli ordini minori e il suddiaconato.
Roverella ricoprì incarichi pastorali di responsabilità e prestigio crescente, in sedi prevalentemente circumvicine o correlate alla sua zona d’origine; va tuttavia osservato che sovente l’esercizio effettivo del governo fu affidato ai vicari. La sua presenza in sede fu alquanto intermittente poiché intensa fu la sua attività presso la Curia papale, sia come cancelliere e segretario sia come diplomatico, incaricato di diverse missioni nelle quali si distinse per le capacità di mediazione e per l’amabilità con cui seppe intessere positive relazioni, risolvendo talora alcune frizioni fra sovrani e pontefice, come nel caso di Napoli. La scalata fu rapida. Il 15 luglio 1444 fu nominato vescovo di Adria, succedendo a Giacomo Bertucci degli Obizzi da Lucca. Nel settembre del 1445 fu poi nominato arcivescovo di Ravenna (della quale la stessa Adria era suffraganea); nel 1475 gli sarebbe succeduto il nipote, Filiasio Roverella. Inoltre, quando, nel 1445, Ludovico Trevisan, patriarca di Aquileia, fu nominato commendatario dell’abbazia di S. Maria della Vangadizza (attuale Badia Polesine), chiamò Roverella in qualità di proprio vicario; a sua volta questi assunse la commenda della Vangadizza nel marzo 1465.
Quanto agli incarichi civili e di politica ‘internazionale’, ebbe buoni rapporti con vari papi (dopo Eugenio IV, Niccolò V, Callisto III e Pio II); fu governatore di Perugia nel 1448, nunzio apostolico in Inghilterra nel 1451, governatore della Marca di Ancona nel 1452, nunzio a Siena nel 1454, governatore a Viterbo nel 1459 e nel 1460 a Benevento (recuperata al dominio pontificio dopo una breve parentesi aragonese). Rilevante il suo operato a Napoli (1459-64), dove riuscì a mediare la posizione pontificia circa il conflitto fra Angioini e Aragonesi: ne conseguì la legittimazione della presenza della Casa d’Aragona, contribuendo così a mantenere il tessuto diplomatico degli Stati italiani idoneo alla costruzione di un fronte unico contro la minaccia turca – un tratto caratteristico della politica pontificia del tempo. In questo contesto, contribuì alla maturazione delle nozze fra Ercole I d’Este ed Eleonora d’Aragona, da lui stesso celebrate a Ferrara nel 1473.
Anche per il successo della missione napoletana, Pio II lo nominò cardinale, con il titolo di S. Clemente, il 18 dicembre 1461.
Come è normale per un cardinale quattrocentesco, anche per Roverella la dimensione culturale e ‘letteraria’ si intreccia strettamente con l’attività politica e diplomatica: nei registri della cancelleria pontificia e nei brevi i suoi autografi mostrano l’influenza crescente della scrittura umanistica, durante il pontificato di un papa amico dell’umanesimo come Eugenio IV. Frequentò e mantenne corrispondenza epistolare con diverse personalità (Scipione Mainenti, Girolamo Aleotti, Poggio Bracciolini, Leonardo Dati, Enea Silvio Piccolomini). Il suo stesso entourage fu popolato da giovani che successivamente divennero a loro volta letterati o diplomatici di successo (Francesco Bertini, Antonio Calcillo, Filippo Buonaccorsi, Glauco Condulmer: nel 1468 coinvolti, questi ultimi due, nella congiura ‘dell’Accademia romana’ contro Paolo II); alcuni gli dedicarono dei loro scritti (Leonardo Montagna, Bartolomeo Sacchi).
Negli anni finali della vita, Roverella si dedicò ai luoghi delle proprie origini: nominato commendatario sia della Vangadizza (1465) sia del monastero di S. Bartolomeo di Rovigo (1474), curò il passaggio di quest’ultimo all’Ordine olivetano (che lo fece rinascere). Promosse, in qualità di metropolita ravennate, una visita pastorale nella diocesi di Adria e nelle pertinenze della Vangadizza (1473), incaricandone il vicario Giovanni Antonio Gotti da Messina. A Rovigo, inoltre, negli anni Sessanta i fratelli Roverella avviarono l’edificazione del palazzo familiare (affacciato sulla piazza Maggiore): il progetto è attribuito a Biagio Rossetti e la costruzione fu completata verso il 1478.
Roverella morì il 3 maggio 1476 a Roma; qui fu seppellito, come suo desiderio, nella basilica di S. Clemente.
Dispose lasciti per l’arca sepolcrale del fratello Lorenzo nella chiesa di S. Giorgio a Ferrara (dove si trovava anche il polittico Roverella, opera di Cosmè Tura), così come elargizioni al monastero di S. Bartolomeo a Rovigo e all’ospedale dell’Annunziata di Napoli.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Modena, Archivio Segreto Estense, Cancelleria ducale, Leggi e Decreti, B, IV, c. 194, 11 aprile 1424. U. Caleffini, Croniche 1471-1494, Ferrara 2006; G. Ferrarini, Memoriale estense (1476-1489), a cura di P. Griguolo, Rovigo 2006; B. Roverella, Lettere ai principi d’Este (1462-1476), a cura di P. Griguolo, in Analecta Pomposiana, 2014, n. 38, pp. 5-261.
P. Medioli Masotti, L’Accademia romana e la congiura del 1468 (con un’appendice di Augusto Campana), in Italia medioevale e umanistica, 1982, vol. 25, pp. 189-204; G. Montanari, Istituzioni religiose e vita religiosa a Ravenna in età veneziana, in Ravenna in età veneziana, a cura di D. Bolognesi, Ravenna 1986, pp. 69-88; Ead., La società rodigina nel basso Medioevo, in S. Collodo, Società e istituzioni in area veneta. Itinerari di ricerca (secoli XII-XV), Firenze 1999, pp. 171-187; L. Contegiacomo, Dalla fine del ’200 alla Riforma, in Diocesi di Adria-Rovigo, a cura di G. Romanato, Padova 2001, pp. 97-133; T. Frenz, L’introduzione della scrittura umanistica nei documenti e negli atti della curia pontificia del secolo XV, Città del Vaticano 2005; E. Peverada, Ritratti di famiglia nel Polittico Roverella, in Ferrara - Voci di una città, 2008, n. 28; S. Lanzoni, Palazzo Roverella fra storia ed architettura, in Studi Polesani, n.s., 2009, nn. 1-2, pp. 39-78; V. Tommasi, Il palazzo del cardinale. Ricerche e documenti sul Palazzo Roverella a Rovigo, in Palazzo Roverella a Rovigo. Le vicende del suo recupero, a cura di G. Vio, Padova 2013, pp. 113-135.