PARETO, Bartolomeo
– Sacerdote e cartografo genovese, il suo nome completo era Bartolomeo Trincherio di Pareto; il luogo e la data di nascita sono sconosciuti.
Nel 1455, oltre al presbiterato, aveva già conseguito il titolo di accolito papale; questa circostanza ha portato a pensare che Bartolomeo avesse frequentato la corte pontificia e, di conseguenza, mette in dubbio la sua condizione di maestro artigiano specializzato nella realizzazione e riproduzione di opere cartografiche. D’altro canto, nel XV e XVI secolo, il titolo di accolito costituiva una carica onorifica che il papa conferiva a sua discrezione e che non richiedeva la residenza a Roma; tale carica potrebbe essere considerata l’equivalente, nella corte pontificia, della condizione di ‘familiare della Corona’ che veniva concessa da alcuni sovrani del Mediterraneo e costituisce un’ulteriore prova del fatto che Pareto era diventato fornitore cartografico di papa Niccolò V.
A questo pontefice fu dedicata inizialmente la famosa carta nautica firmata da Bartolomeo Pareto a Genova nel 1455 (Roma, Biblioteca Nazionale, Carte Nautiche, 1), che riportava nella parte del collo, su ogni lato dello scudo araldico, rispettivamente, una “N” con il segno generale di abbreviazione sovrapposta (abbreviazione di Nicolaus) e una “V” senza segno di abbreviazione (il numero romano relativo all’ordinale del suddetto papa). La morte del pontefice, il 24 marzo di quello stesso anno, potrebbe spiegare la parziale cancellazione dalla carta, in un secondo momento, dell’iniziale che rappresentava il nome del papa. Tuttavia, non è certo che la carta avesse una seconda iscrizione sotto la precedente (Cavallo, 1992, pp. 311-316); ciò che fu raschiato successivamente non era un testo, bensì la rappresentazione della mitica isola di Sarauagio.
In realtà, non meraviglia il fatto che Pareto fosse, già nel 1455, fornitore cartografico del citato papa genovese. Dagli atti della riunione del Consiglio di S. Giorgio del 26 novembre 1453, sappiamo che egli era già in quel periodo l’unico genovese «peritum in arte ipsa conficiendarum cartarum navigabilium» (Belgrano, 1867, pp. 495 s.). Per questa ragione, e poiché questa funzione era considerata dal Consiglio come indispensabile per i navigatori genovesi, fu deciso di concedergli un’esenzione fiscale fino a dodici libbre, come era già stato stabilito per Agostino da Noli nel 1438.
Sulla vita di Pareto si può soltanto aggiungere che, per ragioni sconosciute, compì almeno un lungo viaggio marittimo nel quale attraversò il mare di Alborán. Egli stesso ne dà notizia nella già citata carta del 1455, giustificando un cambiamento nel disegno cartografico tradizionale dell’isola di Alborán con la frase «Alborame, unde ego sic vidi».
L’opera più antica di Pareto arrivata ai nostri giorni è la già citata carta nautica del 1455, famosa da quando la rese nota il gesuita valenziano Juan Andrés. Si tratta di una carta portolana, caratterizzata da grande raffinatezza estetica e qualità tecnica, ma ben poco innovativa dal punto di vista cartografico. La carta si avvicina molto ai modelli cartografici e toponomastici del suo predecessore genovese Battista Beccari. L’elemento più interessante della carta del 1455 è che essa estende la rappresentazione dell’area tradizionalmente inclusa nelle carte medievali, fino a Oriente, arrivando a comprendere la parte occidentale del Mar Caspio fino al Golfo Persico e alla parte settentrionale del mare arabico. Tale caratteristica, tuttavia, non risulta particolarmente innovativa, esistendo diversi precedenti maiorchini di molto anteriori, a cominciare dalla carta firmata da Angelino Dulceti a Mallorca nel 1339 (Paris, Bibliothèque Nationale de France, Dép. des Contes et plans, Rés. Ge. B696), ma la fa diventare fondamentale per distinguere i mappamondi d’origine genovese da quelli realizzati a Venezia e a Maiorca. È, inoltre, funzionale all’attribuzione certa al laboratorio di Pareto di un altro lavoro di cui non era stato possibile in precedenza determinare l’origine. Effettivamente, nel Topkapi Sarayi Müzesi di Istanbul (H 1827) si conserva un frammento di 500 x 850 mm corrispondente al settore settentrionale del continente asiatico di un grande mappamondo. La valutazione sbagliata di Destombes che lo considerò come un mappamondo veneziano (p. 150), unitamente al suo cattivo stato di conservazione e alla qualità pessima delle riproduzioni disponibili, avevano impedito che ci si rendesse conto della paternità paretiana del frammento. Tuttavia, il confronto analitico delle numerose miniature, dei testi latini con volgarismi liguri e dei contelli o titoli riportati nella suddetta carta di Pareto del 1455 nell’area orientale, con gli equivalenti presenti nel frammento di Istanbul, permette di dimostrare che quel mappamondo fu realizzato nel laboratorio cartografico di Pareto. Infatti, nonostante le differenze nel dettaglio e nel contenuto – dovute alla loro diversa natura – è evidente che la scrittura e la decorazione siano state realizzate da una stessa mano o, almeno, da due persone formate per imitare gli stessi modelli di riferimento, fin nelle caratteristiche più convenzionali (ampliamenti circolari nel tracciato di molte delle capitali umanistiche, rappresentazione ridotta di una vocale nello spazio della consonante precedente...). Inoltre la bordatura con fregio vegetale che decora la scala grafica è identica a quella ricamata nel famoso mappamondo genovese del 1457 (Firenze, Biblioteca Nazionale, Portolano 1), che imita rozzamente gli accurati modelli paretiani. Tuttavia, tanto l’aumento del manierismo umanistico della scrittura quanto l’introduzione di alcune migliorie nel disegno cartografico, fanno pensare che il frammento di mappamondo conservato a Istanbul sia posteriore di alcuni anni alla carta del 1455.
Infine, benché pochi dubbi sussistano attualmente sull’attribuzione del suddetto frammento di Istanbul al laboratorio di Pareto, non esiste alcun dubbio sulla paternità paretiana di un’altra carta completamente sconosciuta fino a oggi, perché nel secolo XVII è stata tagliata e riutilizzata come copertura dei protocolli notarili. Si tratta di una grande, dettagliatissima e preziosa mappa della penisola italiana – la più spettacolare di tutte quelle che ci ha lasciato il periodo medioevale – di cui sono sopravvissuti tre grandi frammenti. I primi due corrispondono alla rappresentazione della parte nordoccidentale dell’Italia, centrata sulla valle del Po e limitata a est e a nord dalla catena montuosa delle Alpi e, a sud, dalla costa della Liguria e della Toscana settentrionale. Il terzo frammento rappresenta l’area peninsulare al sud dell’asse latitudinale Policastro-Monopoli ed è firmata con la seguente sottoscrizione: «Presbiter Bartolomeus Trincherius de Pareto, civis Janue, sanctissimi domini nostri pape acollitus, me fecit in Janua, Mº CCCC LVII, IIª november (sic)». La carta, che sembra sia stata realizzata con fini politici e militari, rispecchia meticolosamente i grandi cambiamenti politici avvenuti in seguito alla pace di Lodi del 1454.
La sua scoperta conferma che, nonostante la sua condizione di accolito papale, Bartolomeo Pareto risiedeva e lavorava abitualmente a Genova e che qui era maestro, responsabile di un importante laboratorio cartografico.
Morì in data antecedente al 9 novembre 1464; in questa data, infatti, papa Paolo II concesse la prepositura della chiesa di S. Giorgio di Genova, carica che Pareto ricopriva a vita almeno dal 1460, al canonico Pietro de’ Carderini (Archivio di Stato di Genova, Notai Antichi, filze 727, doc. 4, e 730, doc. 261; Canale, 1866, pp. 457 s.).
Fonti e Bibl.: M. Degli Alberti, Institutione canonica, Venecia 1569; M.G. Canale, Storia del commercio, dei viaggi, delle scoperte e carte nautiche degl’Italiani, Genova 1866; L.T. Belgrano, Correzioni ed aggiunte relative a la cartografia ligustica, in Atti della Società ligure di storia patria, IV (1867), pp. 494-496; A. Ferretto, Giovanni Mauro di Carignano, rettore di S. Marco, cartografo e scrittore (1291-1329), in Atti della Società ligure di storia patria, LII (1924), pp. 35-52; P. Revelli, Cristoforo Colombo e la scuola cartografica genovese, Genova 1937; M. Destombes, Fragments of two Medieval word maps. Saray Library, in Imago Mundi, XII (1955), pp. 150-152; J. Riera i Sans, Cresques Abraham Jueu de Mallorca, Mestre de mapamundis i de brúixoles, in L’Atles Català, ed. a cura di J. Riera, Barcelona 1975, pp. 14-22; T. Campbell, Portolan Charts from thirteenth century to 1500, in Cartography in Prehistoric, Ancient and Medieval Europe and the Mediterranean, in The history of cartography, I, a cura di D. Woodward - J.B. Harley, Chicago 1987, pp. 370-463; Cristoforo Colombo e l’apertura degli spazi. Mostra storico-cartografica (Genova, Palazzo Ducale, 1992), a cura di G. Cavallo, Roma 1992; C. Astengo, La cartografia mediterranea dei secoli XVI e XVII, Genova 2000; R. J. Pujades i Bataller, Les cartes portolanes: la representació medieval d’una mar solcada / Portolan Charts: the Medieval Representation of a Ploughed Sea, Barcelona 2007; Id., A newly Discovered Late Medieval Map of Italy by the Genoese Bartolomeo Trincherio de Pareto (1457), (in corso di stampa).