Pagano, Bartolomeo
Attore cinematografico, nato a Sant'Ilario Ligure (Genova) il 27 settembre 1878 e morto ivi il 24 giugno 1947. Gigante dal fisico scultoreo e dall'espressione gentile, fu il Maciste del cinema muto italiano, personaggio d'immensa popolarità le cui imprese divennero proverbiali anche all'estero. A dispetto della sua imponente figura P. fu interprete assai misurato, dalla recitazione asciutta e sobria, lontano dai frenetici standard dell'epoca.
Camallo (scaricatore) del porto di Genova, nel 1914 P. fu invitato a partecipare alla selezione che la Itala Film di Giovanni Pastrone stava organizzando per quello che G. D'Annunzio aveva definito "un liberto, del paese prode dei Marsi, nomato Maciste, che è un antichissimo soprannome del semidio Ercole" (G. Pastrone, Cabiria: visione storica del 3° secolo a.C., 1977, p. 11). Selezionato tra cinquanta candidati, P. si impose con successo in Cabiria (1914), diretto dallo stesso Pastrone con lo pseudonimo Piero Fosco, fino a indurre la Itala Film a dedicare al personaggio di Maciste uno spazio autonomo. Lo schiavo africano di Cabiria diventò, così, valoroso portatore delle virtù italiche in opere come Maciste (1915) di Vincenzo C. Dénizot e Romano Luigi Borgnetto e Maciste alpino (1916) di Luigi Maggi e Borgnetto, con cui conquistò l'entusiasmo patriottico delle folle. Il periodo alla Itala Film proseguì su questa falsariga con opere come Maciste atleta (1918) di Dénizot, Maciste poliziotto (1918) di Roberto Roberti, il padre di Sergio Leone; non mancarono tuttavia un curioso Maciste innamorato (1919) e un Maciste in vacanza (1921) di Borgnetto. Passato alla Fert dopo un breve periodo in Germania, P. continuò ad alimentare il suo mito con Maciste e il nipote d'America (1924) di Eleuterio Ridolfi, Maciste imperatore (1924) di Guido Brignone e Maciste contro lo sceicco (1926) del giovanissimo Mario Camerini. Dopo essere stato ingaggiato dalla Pittaluga, P. abbandonò il suo eroe per interpretarne di nuovi (in verità non molto diversi) in Il gigante delle Dolomiti (1926) di Brignone, Il vetturale del Moncenisio (1927) e Giuditta e Oloferne (1928), entrambi di Baldassarre Negroni. All'avvento del sonoro fu costretto da problemi di salute a ritirarsi dalle scene, trascorrendo i suoi ultimi anni nella quiete di 'villa Maciste' che si era costruito nel suo paese natale.