LAMBERTINI, Bartolomeo
Nacque a Bologna poco prima del 1410 da Alberto di Aldraghetto e da Maddalena di Francesco Capelli. Ebbe un fratello minore, Carlo, con cui condivise l'infanzia, segnata da avversità. Orfani presto di entrambi i genitori, subirono nel 1412 l'ostilità del nonno Aldraghetto, che nel testamento lasciò loro la sola quota legittima e nominò eredi universali i loro zii, figli di secondo letto. Ne sortì una profonda frattura tra i due rami dei discendenti di Aldraghetto, evidenziatasi nella causa promossa nel giugno 1417 dal curatore del L. e del fratello contro gli zii e la madre di costoro per la revoca del testamento e l'apertura della successione ab intestato. La causa fu conclusa da una transazione, che non eliminò risentimenti e attriti. La quota legittima e i beni pervenuti man mano ai due fratelli per eredità dalla nonna paterna, dalla madre e dai parenti di questa formarono comunque un patrimonio in grado di assicurare loro condizioni di vita consone a quelle dell'alta nobiltà cittadina.
A Bologna il L. frequentò lo Studio con ottimi risultati; il 6 sett. 1431 superò con votazione unanime l'esame privato, prova tecnica finale del corso di diritto civile, e subito dopo anche l'esame pubblico, e fu così insignito del titolo di doctor iuris. Il dottorato fu accompagnato, come prescritto, da un incarico di insegnamento, la lettura del Volumen, cui seguì, rara nella sua immediatezza, la cooptazione nel Collegio dei dottori di diritto civile, deliberata il 29 marzo 1432. Il L. si era indirizzato anche al diritto canonico e il 4 febbr. 1436 superò le prove finali del relativo corso. Chiese quindi la cooptazione nel Collegio dei dottori di diritto canonico e di nuovo la richiesta fu accolta in tempi brevi, il 15 nov. 1437. Vi fece seguito il relativo insegnamento e, lasciata la lettura del Volumen, il L. assunse quella del Liber sextus e delle Clementinae. Doctor in utroque, il L. si era dunque inserito immediatamente ai più alti livelli istituzionali dello Studio, i Collegi legali. Ne sostenne i ruoli con determinazione, fin dal suo primo priorato del Collegio civile nel settembre 1437. Il governatore pontificio era intervenuto alla riunione del Collegio per forzarne le decisioni circa la cooptazione di un nuovo membro, ma i dottori, con l'evidente sostegno del L., respinsero decisamente l'intromissione, nonostante il candidato, Gaspare d'Arengheria, fosse giurista di alto valore, come pochi anni dopo lo stesso L., di nuovo priore, ebbe correttamente ad ammettere.
Restano di questo periodo anche testimonianze della sua vicenda privata. Sposò verso il 1435 Gabriella di Paolo di Castro e ne nacque Alberto. Pochi anni dopo Gabriella morì e anche il fratello Carlo, con cui aveva condiviso i beni e l'abitazione, morì alla fine del 1438 lasciandolo erede universale. Intorno al 1440 il L. sposò Francesca di Nicolò Mazoli che gli dette numerosi figli: Gabriella, suora nel monastero di S. Agnese, Antonia e Margherita, rispettivamente spose di Orso Orsi e Antonio d'Arengheria, poi Carlo, Nicolò, Giovanni Battista, Bernardino, Lucrezia, Ludovica ed Elena.
Dagli anni '40 prese corpo una sua intensa attività patrimoniale, finalizzata alla gestione delle proprietà immobiliari ricevute in eredità dai vari congiunti e al loro progressivo incremento tramite l'acquisto di piccoli appezzamenti e di case a San Giorgio di Piano e Gherghenzano: un'azione simile a quella che aveva permesso ai suoi avi di formare nella limitrofa zona di Poggio Renatico i loro vasti possedimenti. Significativa fu anche la sottoscrizione di una quota del prestito emesso nel marzo 1440 a favore della nuova Tesoreria comunale. Con questo prestito una società di privati, esponenti dell'oligarchia cittadina, si assicurò la gestione della Tesoreria e con essa il controllo economico della città. La presenza del L., uno dei pochissimi dottori dello Studio tra gli oltre 50 sottoscrittori, ne rivela l'attenta percezione della realtà politica in atto e la cosciente integrazione in quella oligarchia che in tale realtà manteneva un ruolo attivo.
In questi anni il L. assunse incarichi pubblici che rivelano la stessa consonanza a questa sensibilità. Fu nel Collegio dei riformatori dello Stato di libertà con Annibale Bentivoglio nel giugno 1443; ma quando il più ristretto Collegio dei dieci di balia, diretta emanazione della fazione bentivolesca, ne prese il posto, il L. non vi figurò. Nel giugno 1445 fu il Collegio dei riformatori che aprì a Sante Bentivoglio la via del potere, decidendo il bando dei Canetoli e dei loro aderenti responsabili dell'uccisione di Annibale Bentivoglio. Tra il novembre 1445 e il marzo 1449, quando la scelta in favore di Sante fu decisa e avviata all'attuazione, il L. fu ripetutamente degli Anziani. Chiara era dunque la sua adesione ai Bentivoglio e in particolare a Sante, il cui potere, gradito all'autorità pontificia, si faceva sempre più saldo; ma era una adesione contenuta nelle manifestazioni a marcare il suo fondamentale distacco dalla ribalta politica cittadina. Lo si misura dal rarefarsi della sua presenza nel Collegio degli anziani (solo quattro volte dal 1453 al 1469) e soprattutto dall'assenza del suo nome - quello di un prestigioso dottore dello Studio, membro di entrambi i Collegi legali, discendente di una delle casate di più solida e antica nobiltà - negli elenchi dei Riformatori, il Collegio su cui si fondava il governo cittadino, e nelle varie ambascerie con cui il regime bolognese curava i rapporti esterni. Nel primo semestre del 1466 fu vicario a Cento, ma per nomina del vescovo di Bologna, Filippo Calandrini.
Molto più coinvolto il L. fu nello Studio: tenne l'incarico della lettura delle decretali fino al 1463 e passò al diritto civile alternando, a eccezione degli anni 1466-68, la lettura del Digestum vetus e quella del Codex fino al 1474.
Assidua e praticamente ininterrotta fu la sua presenza nei Collegi legali, la cui attività tipica era finalizzata allo svolgimento delle prove finali di laurea. In almeno una decina di casi le relative registrazioni attestano che il L. aveva prestato fideiussione per il pagamento da parte di studenti non cittadini delle forti tasse d'esame. Non era una pratica eccezionale, tuttavia il L. appare, tra i vari dottori, il più disponibile a simili interventi. È un dato coniugato a quello, anch'esso evidente, della sostanziale assenza in lui di avidità di denaro: un tratto poco frequente, in verità, nell'ambito dello Studio.
In qualità di priore del Collegio il L. si trovò a guidare sedute particolarmente contrastate, a motivo, per lo più, di richieste di cooptazione, sostenute da interventi di autorità pubbliche. Avvenne in ottobre 1442, febbraio 1458, maggio 1461 e maggio 1468. Nelle relative registrazioni il L., anche se solidale con la maggioranza dei dottori, decisi a bloccare ogni ingerenza esterna, non seppe celare il suo fastidio per le lunghe, pretestuose cavillazioni cui indulgevano i colleghi.
Nella registrazione del 14 maggio 1468 il disagio è molto chiaro ed è probabile che nell'occasione sia stato accentuato da uno stato di sofferenza fisica, che il testamento, redatto il 28 giugno, lascia intuire: vi disponeva la restituzione alla moglie Francesca della dote e di quant'altro da lei ricevuto, la creava usufruttuaria di tutti i suoi beni e raccomandava ai figli di attenersi scrupolosamente alle sue indicazioni. Stabiliva la dote per le figlie nubili e i legati per le altre. Nominava eredi universali i figli maschi al momento in vita, Alberto, Nicolò, Giovanni Battista e Bernardino. Coi vincoli imposti alle alienazioni e con le articolate sostituzioni sottolineava la volontà di trasmettere insieme col patrimonio il senso della continuità della sua casata.
Come legato particolare lasciava al figlio Giovanni Battista, studente di diritto, tutti i suoi libri di diritto civile e canonico. A questo figlio guardava infatti il L. come al suo vero successore e cercava in ogni modo di aprirgli la strada. Il 17 ott. 1471 Giovanni Battista superò l'esame privato di diritto civile e il 30 marzo 1473 quello di diritto canonico. Il 23 aprile successivo, superate entrambe le prove pubbliche, era doctor in utroque. La relativa registrazione sottolinea la fastosità della cerimonia di laurea, la solennità dei discorsi di circostanza e la ricchezza dei doni, ma accenna anche con una punta di malignità a quanto il L. aveva operato per far conseguire al figlio la più ambita delle lauree. Il progetto del L. stava dunque prendendo corpo, ma egli non poté condurlo a effetto, colto dalla morte il 15 marzo 1474 a Bologna, mentre era priore del Collegio di diritto canonico.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune-Governo, Consigli e ufficiali, b. 67, f. 15; Studio, 126: Liber secretus iuris pontificii, cc. 3, 66-87, 134v; Notarile, Ludovico Panzacchi, b. 723, 28 giugno 1468; Pietro Bottoni, b. 495, nn. 87, 108; Archivio Lambertini, bb. 12-15; Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Gozzadini, 85: Epitome ovvero Cronologia… della famiglia Lambertini, cc. 108-110v; I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese, a cura di U. Dallari, I, Bologna 1888, pp. 10-92; Chartularium Studii Bononiensis, I, Monastero di S. Giacomo, a cura di L. Nardi, Bologna 1909, ad ind.; Il "Liber secretus iuris caesarei" dell'Università di Bologna, II, 1421-1450, a cura di A. Sorbelli, Bologna 1942, ad ind.; Gli uffici economici e finanziari del Comune dal XII al XV secolo. Inventario, a cura di G. Orlandelli, Roma 1954, p. 170; Il "Liber secretus iuris caesarei" dell'Università di Bologna (1451-1500), a cura di C. Piana, Milano 1984, ad ind.; Il "Liber secretus iuris pontificii" dell'Università di Bologna (1451-1500), a cura di C. Piana, Milano 1989, ad ind.; P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna…, Bologna 1670, p. 443; G.N. Pasquali Alidosi, I signori anziani, consoli… della città di Bologna, Bologna 1670, pp. 2, 11, 14; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, p. 9; A. Longhi, Il palazzo Vizani (ora Sanguinetti) e le famiglie illustri che lo possedettero, Bologna 1902, pp. 116, 127, 169; G. Zaoli, Di alcuni "rotuli" dello Studio della prima metà del sec. XV, in Atti e memorie per la storia dell'Università di Bologna, IV (1920), pp. 243-248; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, III, a cura di A. Sorbelli, Bologna 1933, ad ind.; C. Piana, Nuove ricerche su le Università di Bologna e di Parma, Firenze-Quaracchi 1966, ad ind.; P. Montanari, La formazione del patrimonio di una antica famiglia bolognese: i Lambertini, in L'Archiginnasio, LXII (1967), pp. 353 s.