CAPELLO (Cappello), Bartolomeo Ignazio
Nacque a Borgo Valsugana (Trento) il 3 dicembre 1688 da Giacomo Antonio e da Caterina Iugolino. Dopo aver inizialmente seguito, per volontà del padre, studi scientifici, egli poté soddisfare, a quattordici anni, la propria inclinazione alla pittura, prima frequentando in Venezia lo studio di Gregorio Lazzarini, poi a Modena quello di Raffaello Rinaldi, infine, per circa tre anni, a Verona, quello di Antonio Balestra. Il Montebello, suo compaesano, un quarto di secolo dopo la scomparsa del pittore, scrisse che egli era stato uno dei tre discepoli più stimati dal maestro veronese, con Giambattista Cignaroli e Pietro Rotari. Continuò poi la propria preparazione indipendente ancora a Modena, esercitandosi sui dipinti della Galleria ducale e scegliendo soprattutto come modello il Correggio, da cui trasse varie copie ad olio, donate poi alla famiglia dei conti Giovanelli di Venezia (oggi irreperibili).
A Trento dipinse per due stanze del palazzo dei baroni a Prato (Fatti di Abramo,Fattidi Mosè) e per il palazzo dei conti Saracini quattro storie bibliche (tutti i dipinti sono oggi di ubicazione ignota). Soggiornò in Lombardia, a Verona, rinnovando i contatti con il Balestra, a Bologna, a Parma e più lungamente a Modena, dove oggi restano, nella chiesa di S. Vincenzo, tre tele con S. Nicola da Tolentino,S. Contardo Estense (dipinta per la chiesa di S. Agostino) e gli Evangelisti Matteo e Marco. Su interessamento del compositore trentino abate F. A. Bonporti, venne chiamato a Spira nel 1728 presso il principe-vescovo cardinale Damiano von Schönborn, per sostituire come pittore di corte il conterraneo Antonio Gresta.
A Spira ebbe l'incarico di dipingere una serie di tele ispirate all'Antico Testamento e alle allegorie delle virtù episcopali, ricevendo uno stipendio annuo di 100 ducati. Ma la lentezza con la quale il pittore assolveva al proprio incarico finì per deludere il cardinale, che, verso la fine del 1730, decise di liberarlo da ogni impegno. Alla sua partenza da Spira il C. lasciò ben sedici dipinti di notevoli dimensioni (quelli biblici misuravano otto braccia d'altezza, gli altri poco meno), ma tutti incompiuti ed oggi dispersi o distrutti.
Rientrato in patria, eseguì alcuni dipinti per la villa dei conti Giovanelli a Noventa (scomparsi) e per altre città del Veneto; a Borgo Valsugana, decorò la propria casa con paesaggi e composizioni storiche, e lavorò anche per chiese e famiglie del circondario.
Morì nel paese natale il 19 agosto del 1768.
Anche il C. seguì la strada d'obbligo di quasi tutti gli artisti trentini dei secoli scorsi, che era quella, dopo la formazione a contatto con l'arte italiana (veneta o romana), delle chiamate e delle commissioni della nobiltà e del clero austriaci e tedeschi; ma ricerche recenti hanno consentito di ritrovare solo venti disegni conservati nel Ferdinandeum di Innsbruck, altri due nella Biblioteca universitaria di quella città (questi due gruppi di disegni furono donati dal barone Carlo Giuseppe Hippoliti), e tre nella Graphische Sammlung di Monaco (due esemplari con Madonna con Bambino e s. Giovannino e uno con Madonna che allatta,con s. Giuseppe).
La dispersione della sua opera rende pressoché impossibile, allo stato attuale delle conoscenze, formulare una valutazione anche parziale dell'opera del Capello. L'anonimo estensore dell'articolo sul Bothe von und für Tirol del 1825, che è la fonte principale delle notizie sul C., cita il giudizio di un non meglio precisato "conoscitore italiano", che probabilmente era il fornitore delle notizie: "Le sue opere non mancano di notomia, di prospettiva, e di simmetria; egli era buon colorista ed armonico; le sue tele fanno conoscere una commendevole fierezza nel tocco, una buona leggiadria di pennello, congiunta ad un bell'impasto, franchezza e morbidezza di colore e di tinte; le pieghe sue sono disinvolte e graziose; nel paesaggio seppe imitare Tiziano, e Paolo nell'architettura. Egli si mostrò scrupoloso nel costume, spiritoso, fervido e naturale insieme nell'invenzione, saggio nelle disposizioni, e galante sugli aggruppamenti delle sue figure, veritiero nella storia, prudente ed espressivo negli affetti ed atteggiamenti; insomma si può dire ch'egli era un pittore in vero senso".
Bibl.: G. F. Pagani, Le pitture e sculture di Modena..., Modena 1770, p. 54; G. A. Montebello, Notizie storiche,topografiche e religiose della Valsugana e di Primiero, Rovereto 1793, p. 301; Bothe von und für Tirol und Vorarlberg (Innsbruck), 15 sett. 1825; G. Campori, Gli artisti italiani e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, p. 18; F. Ambrosi, Scrittori ed artisti trentini, Trento 1894, p. 154; J. Wille, Bruchsal. Bilder aus einem geistlichen Staat im 18. Jahrh., Heidelberg 1900, pp. 63, 95;G. Gerola, Artisti trentini all'estero, Trento 1930, p. 6; S. Weber, Artisti trentini ed artisti che operarono nel Trentino, Trento 1933, p. 60; G. B. Emert, Fonti manoscritte inedite per la storia dell'arte nel Trentino, Firenze 1939, pp. 32, 49; A. Costa, B. I. C., in Voci amiche (Borgo Valsugana), novembre 1961, pp. 13 s.; C. von Würzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Österreich, II, p. 274; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 551.