GUELFO, Bartolomeo
Non si conosce la data di nascita di questo pittore, figlio di un Niccolò da Pistoia, la cui attività è documentata in Italia meridionale tra il 1503 e il 1527.
I natali pistoiesi, sebbene non confermati dalle carte d'archivio (Bisceglia, p. 102), vengono dichiarati dall'artista stesso nella sua prima opera nota, un polittico firmato e datato "Bartolomeus Pistoia pinsit MCCCCCIII", raffigurante una Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista e Nicola negli scomparti laterali, Dio Padre nella cimasa, Cristo e gli apostoli nella predella, realizzato per la chiesa di S. Giovanni Battista a Calciano (Matera).
I caratteri stilistici del dipinto sono di chiara matrice umbra nella definizione del paesaggio e della fisionomia della Madonna, nonché nella selezione delle tonalità cromatiche, secondo una "interpretazione eccentrica dei modelli perugineschi" (Bisceglia, p. 103). Occorre peraltro notare come a proposito della stessa opera la critica abbia formulato nel tempo giudizi assai discordanti, sottolineando elementi formali di ascendenza eterogenea e difficilmente conciliabili (oscillanti tra la cultura ferrarese e i modi di Andrea Solario) e contribuendo a ingenerare una certa confusione nella definizione della maniera e del pur esiguo catalogo del pittore. I confronti proposti da Alparone (p. 12), inoltre, genericamente accettabili sebbene non sempre stringenti, hanno richiamato l'attenzione sulla componente toscana del sistema di rappresentazione adottato dal G.: una componente, che, secondo Previtali, legata ad alcuni episodi meno classici di quella cultura figurativa (Piero di Cosimo, Michele di Ridolfo del Ghirlandaio), rimarrebbe presenza costante nell'elaborazione stilistica del pittore pistoiese, tanto da riemergere anche nell'ultima produzione.
Sulla base di riscontri formali sono state attribuite all'attività del G. dello stesso periodo due tavole raffiguranti S. Nicola e S. Giovanni Battista, conservate nel convento dei cappuccini di Gesualdo (Avellino) e provenienti dalla chiesa di S. Antonino (Kalby).
I due santi, che dovevano costituire gli scomparti laterali di un polittico, presentano evidenti analogie tipologiche e stilistiche con quelli rappresentati nel polittico di Calciano, stagliandosi su un fondo dorato caratterizzato da elementi decorativi identici al sistema ornamentale dell'opera del 1503. Il S. Nicola si distingue altresì per la notevole somiglianza con il medesimo santo raffigurato nel pannello di sinistra del trittico di Teggiano (Salerno), attribuito in modo convincente ad Andrea Sabatini. La vicinanza strettissima tra le figure ha dato origine all'ipotesi di un intervento del G. nel dipinto di Teggiano in collaborazione con Sabatini (Abbate, 1986, p. 214).
Al 31 marzo 1505 è datato un contratto in cui il G. si impegna a realizzare, in collaborazione con il pittore napoletano Pellegrino d'Isso, una pala d'altare destinata alla chiesa di Monteforte, su commissione di un certo Geronimo Giacchetta. Agli stessi anni è documentata la presenza di un suo polittico nella cappella della Crocifissione nella chiesa di S. Maria la Nova a Napoli (Filangieri, p. 348). Entrambe le opere non sono state identificate.
Sul modello di quest'ultimo polittico doveva essere esemplato quello per la chiesa di S. Pietro di Montecorvino Rovella, secondo il contratto stipulato dal pittore il 4 genn. 1507 con il vescovo di Acerno, Antonio Bonito da Cuccaro.
Della complessa struttura, che rappresentava una Madonna incoronata dagli angeli contornata da S. Pietro e S. Donato, una Crocifissione e Dio Padre nella cimasa e Le sette gioie di Maria nella predella, si conserva, nella stessa chiesa, solo lo scomparto laterale raffigurante S. Pietro. In merito alla connotazione stilistica del santo è stata avanzata l'interessante ipotesi di un contatto del G. con lo Pseudo Bramantino (Pedro Fernández de Murcia) sulla base dell'accentuazione quasi caricaturale della fisionomia del volto, che può trovare riscontri, per esempio, in alcuni personaggi del Miracolo di s. Eusebio da Cremona nella predella del polittico di S. Maria delle Grazie a Caponapoli, databile agli stessi anni e oggi conservata a Napoli nel Museo nazionale di Capodimonte (Andrea da Salerno…, p. 92).
La sua attività risulta nuovamente documentata soltanto nel 1520, quando realizzò, firmandola e datandola, una Madonna col Bambino, quattro angeli e s. Luca, per la cappella dei Ricamatori in S. Marta a Napoli. L'opera è andata distrutta nel 1647 (Celano).
Nel 1523 dipinse un'Adorazione dei magi, per la chiesa di S. Giuseppe dei Falegnami a Napoli.
L'opera, firmata e datata "Bartolomeus Guelfus/ pistoriensis pinxit/a. MDXXIII", è oggi conservata nei depositi del Museo nazionale di Capodimonte. La pala, come è stato notato (Zezza, p. 117; Bisceglia, p. 104), presenta un aggiornamento stilistico modellato sugli elementi classicheggianti della cultura romana, mediati probabilmente attraverso la recente produzione di Sabatini; la sua Adorazione dei magi, dipinta per il duomo di Salerno intorno al 1520-21 e attualmente nel Museo nazionale di Capodimonte, può ben aver fornito spunti per l'opera del G., ravvisabili soprattutto nel paesaggio e negli elementi architettonici dello sfondo. Di diverso avviso Abbate (1972, p. 840) che riscontrava una decisa influenza di Polidoro da Caravaggio al tempo del suo primo soggiorno napoletano. La figura del Dio Padre nella cimasa e i giovani sulla sinistra della composizione rimangono tuttavia legati stilisticamente alle modalità rappresentative di matrice umbra, contribuendo a costituire un insieme piuttosto eterogeneo.
L'ultima notizia documentata che riguarda il G. si trova negli atti di commissione di un grande retablo per la chiesa napoletana di S. Agostino della Zecca, redatti il 19 nov. 1527, in cui è menzionato insieme con Polidoro da Caravaggio e Girolamo Santacroce.
Dell'opera si conserva nel Museo nazionale di Capodimonte solo lo scomparto centrale (Disputa di s. Agostino con gli eretici) realizzato da Marco Cardisco probabilmente su disegno di Polidoro; mentre nulla si conosce dell'intervento del Guelfo.
La data di morte del G. non è nota.
Fonti e Bibl.: C. D'Engenio Caracciolo, Napoli sacra, Napoli 1624, p. 227; C. Celano, Notizie del bello dell'antico e del curioso della città di Napoli (1692), a cura di A. Morzillo - A. Profeta - F.P. Macchia, Napoli 1970, p. 887; G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napoletane, V, Napoli 1891, pp. 347 s.; F. Abbate, La pittura napoletana fino all'arrivo di Giorgio Vasari (1544), in Storia di Napoli, V, 2, Napoli 1972, p. 840; M. Rotili, L'arte del Cinquecento nel Regno di Napoli, Napoli 1972, p. 139; G. Alparone, Per B. di Nicolò G. da Pistoia, in Rassegna d'arte, III (1974), 7-8, pp. 10-16; L.G. Kalby, Classicismo e maniera nell'officina meridionale, Cercola 1975, p. 35; G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel Vicereame, Torino 1978, p. 10; Andrea da Salerno nel Rinascimento meridionale (catal., Padula), a cura di G. Previtali, Firenze 1986, pp. 90-93, 243-245; P. Leone De Castris, La pittura del Cinquecento nell'Italia meridionale, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, pp. 474 s.; Id., G., B. di Niccolò, ibid., p. 738; Id., La pittura del Cinquecento, in Storia e civiltà della Campania. Il Rinascimento e l'età barocca, a cura di G. Pugliese Carratelli, Napoli 1994, p. 194; A. Zezza, Documenti per la "Cona Magna" di S. Agostino alla Zecca (Girolamo Santacroce, Polidoro da Caravaggio, B. G., Marco Cardisco), in Prospettiva, 1994, nn. 75-76, pp. 117, 136-152; A. Bisceglia, Esperienze artistiche fuori contesto: da Pistoia al Viceregno di Napoli, in L'età di Savonarola. Fra Paolino e la pittura a Pistoia nel primo Cinquecento (catal., Pistoia), a cura di C. D'Afflitto - F. Falletti - A. Muzzi, Venezia 1996, pp. 99-105; F. Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale. Il Cinquecento, Roma 2001, pp. 76, 112; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 199.