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GUASCO, Bartolomeo

di Stefano Simoncini - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 60 (2003)
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GUASCO, Bartolomeo

Stefano Simoncini

Nacque sul finire del XIV secolo probabilmente a Genova, anche se non è da escludere un'origine alessandrina della sua famiglia attestata da un documento notarile del 1402, in cui il fratello del G., Lodovico, è definito "alessandrino". Secondo i documenti rinvenuti da Dino Puncuh, genitori del G. furono Guglielmo, doctor gramatice, e Marita, figlia di Nicolino, scriba della terra di Gavi, e sorella di Cristoforo, anch'egli scriba dello stesso paese; i suoi fratelli furono Lodovico, che a partire dal 1408 esercitò come maestro di grammatica, Nicola e Carlo. In altra fonte del 1422 lo stesso G. si dichiara, in quanto capofamiglia, unico sostegno della madre anziana e vedova. Se la notizia di una sua primogenitura non è confermata da altri documenti, la morte del padre è invece attestata fin dal 1402.

In una lettera indirizzata al G. nel 1431, Giovanni Aurispa rievoca la biografia dell'amico come dimostrazione dell'adagio "Fortunae sapiens vir sese accomodat omni", tratteggiandone il progresso alla sapienza in tre fasi: dapprima affermato mercante ("negotiator non obscurus") in Sicilia, quindi celebre e dotto segretario di principi, infine maestro di retorica e grammatica "magna cum tua utilitate et summo honore" (Carteggio, p. 75).

In realtà il G. visse esperienze difficili e una carriera che egli stesso percepì ben poco gratificante. La testimonianza relativa al primo periodo della supposta mercatura in Sicilia, da collocarsi con approssimazione nel primo decennio del sec. XV, non è confortata da ulteriori riscontri documentari. Poco si conosce anche del periodo di formazione, ma da una lettera ad Antonio Beccadelli, il Panormita, del 3 genn. 1432 sappiamo che il G. si sentiva in parte autodidatta, in parte debitore del magistero dello stesso Panormita, dell'Aurispa, di Tommaso Pontano e di Giovanni Toscanella; in altra lettera del 1428, indirizzata a Pontano dalla fortezza di Sarzanello, egli altresì definisce Francesco Filelfo "preceptorem meum virum prestantissimum". Ma egli poté frequentare gli insigni umanisti a Bologna soltanto successivamente al 1424.

Le prime notizie certe che abbiamo del G. riguardano il suo apprendistato politico che lo vede dapprima al seguito del cardinale Ludovico Fieschi, come suo segretario, quando il prelato fu inviato a Bologna da Giovanni XXIII nell'ottobre del 1412 per ristabilirvi la signoria della Chiesa dopo la cacciata del cardinale Corrado Caracciolo da parte della cittadinanza. Fu poi, sempre al seguito del Fieschi, a Costanza, dove dopo la deposizione di Giovanni XXIII ricoprì la carica di notaio del concilio almeno a partire dal maggio 1415 e fu testimone del supplizio di Girolamo da Praga, secondo quanto da lui stesso riferito: "Iheronimus Plagensis velifista [sic] et husista, cuius mortem oculis spectavi, cuius verba auribus audivi et tanquam evangelista Constantiensis concilii notavi et scripsi" (Vendôme, Bibliothèque municipale, ms. 112, c. 190v); sempre a Costanza, come segretario del Fieschi, trattò con l'ambasceria aragonese nel 1417.

Contestualmente al servizio presso il Fieschi il G. dovette entrare in stretti rapporti con il doge di Genova Tommaso Fregoso, per il quale s'avventurò nel 1422 in una impresa oltremodo rischiosa. Deposte le insegne dogali nel 1421 e ottenuta da Filippo Maria Visconti, in cambio della resa, la signoria di Sarzana, il Fregoso intese strappare a Ludovico Alidosi, signore di Imola, la reggenza di Forlì, per reinsediarvi la spodestata Caterina Ordelaffi sua cognata. Approfittando dello scontento manifestato dalla cittadinanza per il governo dell'Alidosi, il Fregoso inviò il G., probabilmente per la sua esperienza di fatti e persone della Romagna, perché studiasse la possibilità di ordire una congiura. In seguito a una delazione il G. fu catturato a Imola a fine novembre del 1422, sottoposto ai tiri di fune e condannato all'impiccagione, alla quale scampò, con ogni probabilità, grazie a un accordo politico tra il Fregoso e l'Alidosi. Della sua prigionia, che durò almeno fino al maggio del 1423 (quando i Forlivesi, ribellatisi, consegnarono la città al Visconti), abbiamo vivida testimonianza in una raccolta di lettere che il G. scrisse dal carcere all'Alidosi, tramandata dal citato ms. 112 della Bibliothèque municipale di Vendôme, già appartenuto con ogni probabilità al celebre medico pavese Antonio Guaineri, che compare tra i destinatari delle lettere del G.: "ad M. Antonium de Papia, qui de Cherio recesserat" (ibid., c. 40v), al quale con rimarchevole forza d'animo, scaltrezza e orgoglio impetrava clemenza.

Roberto Cessi, nel pubblicare parte della raccolta (in La vita politica…), giudicò negativamente il valore letterario di queste epistole, e fu anche poco generoso in merito alla personalità e alla condotta del Guasco.

Un "argumentum comicum" precede nel manoscritto la raccolta vera e propria, per narrarne l'antefatto che il lettore stenterebbe a comprendere dalle coperte allusioni delle epistole; in esso esplicitamente si attribuisce al G. un'abile dissimulazione per portare a compimento le sue mire. Le lettere confermano in concreto la destrezza retorica e politica del loro autore, poiché egli vi alterna fermezza minacciosa nel far leva sulle proprie illustri protezioni, orgoglioso risentimento nell'accusare l'Alidosi di crudeltà immotivata, audacia nel proporre vantaggi in cambio della propria liberazione, abilità nel giustificare con l'amor di patria e spirito di servizio le proprie azioni. Ma a prescindere da ogni giudizio morale ed estetico, è proprio l'esplicarsi della retorica umanistica in un frangente così estremo di vita, politica e personale, che rende questo documento unico e rimarchevole per la storia della cultura e della mentalità quattrocentesche.

Successivamente alla prigionia imolese le notizie biografiche del G. si fanno discontinue, almeno fino al 1428. Nel 1424 due lettere indirizzate da Lucca (forse entrambe in ottobre) a Pileo De Marini, arcivescovo di Genova già legato al cardinale Fieschi appena scomparso, mostrano un G. dolente per l'esilio (dovuto alla sua vicinanza al Fregoso), inviso ai suoi concittadini e ansioso di trovare una collocazione più sicura al di fuori della cerchia sarzanese: egli confida al De Marini la sua intenzione di rientrare nella Curia romana (non si ha notizia però di un suo precedente passaggio a Roma, che potrebbe essere avvenuto al seguito del Fieschi) e chiede al presule sostegno e consigli, promettendogli come contropartita di tenere alta la sua fama in Curia, forse in vista di una sua promozione cardinalizia. Tra il 1424 e il 1425 è anche da collocarsi la lettera dell'Aurispa al G. in cui l'umanista siciliano accoglie favorevolmente l'annunciata visita dell'amico a Bologna, offrendogli calorosamente ospitalità. Se si esclude una misteriosa missione in Sicilia condotta insieme con il fratello Nicola (che emerge sempre dal carteggio con il De Marini; ci si chiede se a questa missione non debba riferirsi l'attività di mercatura in Sicilia riferita dall'Aurispa nella menzionata epistola del 1431), il G. probabilmente non riuscì nell'immediato a mettere in atto questi suoi propositi di evasione dall'ambiente sarzanese: lo troviamo ricordato infatti nel novembre del 1425 come bibliotecario dei Fregoso nell'inventario conservato a Parigi. Ma proprio a partire dal 1425, quando si avviò la controffensiva del Fregoso per strappare Genova al Visconti, il G. riprese forse fiducia nelle sue prospettive d'impiego al seguito dei Fregoso, accarezzando anche l'idea di rivestire un ruolo politico oltre a quello di precettore dei figli di Spinetta Fregoso, morto proprio nel 1425. Così lo troviamo, a partire dal novembre del 1427, a Ferrara insieme con Antonio Fieschi per trattare la risoluzione del conflitto che in quello stesso anno aveva visto Tommaso Fregoso battersi al fianco dei Fieschi per liberare Genova dal dominio visconteo. In questa occasione il G. ebbe modo di coltivare le sue amicizie nei circoli umanistici di Bologna e Ferrara: frequentò Pontano, Filelfo, Panormita, Aurispa. Secondo Sabbadini e altri studiosi egli alternò vari soggiorni bolognesi ben prima del congresso di Ferrara, ma è un'ipotesi non dimostrabile; in questi mesi probabilmente godé di un certo prestigio per i suoi incarichi diplomatici poiché a lui si rivolsero per ottenere una collocazione presso la corte estense sia l'Aurispa sia il Panormita. A quest'ultimo, dal quale ricevette in prestito dei codici, il G. promise appoggi per un impiego a Genova, nell'illusione di un prossimo ritorno del Fregoso.

Poco prima che sfumasse questa illusione con il lodo sfavorevole del cardinale Niccolò Albergati, il G. lasciò Ferrara insieme con Antonio Fieschi, recandosi dapprima a Firenze, con una lettera commendatizia del Filelfo ad Ambrogio Traversari, quindi nuovamente a Sarzana dopo un breve passaggio a Piombino, in visita alla sorella del Fieschi. Ancora nel 1428 il G. scrive al Pontano da Sarzanello, rievocando il viaggio di ritorno, gli amori vissuti a Ferrara e a Piombino, la delusione per "l'amarissima sentenza" dell'Albergati e la preoccupazione per l'incerto futuro, con la speranza riposta di trovare un porto sicuro "ad regum curias" o "ad apostolicam Romanam sedem" (Sabbadini, 1919, pp. 230 s.).

Forse licenziato dal Fregoso, il G. dovette accontentarsi negli anni successivi di più umili occupazioni. Fu infatti pubblico maestro in alcuni Comuni del Piemonte: a Chieri (dalla fine del 1428), a Savigliano (1430-31) e a Pinerolo (dall'ottobre del 1431 alla primavera del 1434), dove ebbe la carica di rettore delle scuole. Il suo scontento e la sua frustrazione, a fronte di una situazione in cui le modeste condizioni di vita potevano essere aggravate da ritardi nei pagamenti del suo stipendio, possono essere misurati dal carteggio con il Panormita, al quale si affidava per favori presso il Visconti, resi difficili dalla sua precedente devozione al Fregoso, e confidava di riflettere notte e giorno su come riuscire ad abbandonare una terra e una popolazione dai quali si dichiarava "stomachatus" (Sabbadini, Briciole umanistiche, p. 222). Le peregrinazioni del G. si spinsero nel 1435, non si sa a quale scopo, fino a Marsiglia, da dove scrisse al Panormita per essere raccomandato ad Alfonso d'Aragona. Ma proprio nel 1435-36 la situazione, con l'insurrezione dei Genovesi e la nomina del Fregoso a doge, tornò a essere in qualche modo favorevole per il G.: dell'elezione si rallegra con lui Francesco Barbaro, in risposta a una lettera del G. da Milano. Nella seconda lettera, dai toni molto cordiali, del Barbaro si evince che il G. ottenne a Genova un incarico presso il Fregoso. Le ultime notizie sul G. si ricavano da due lettere di Poggio Bracciolini a lui indirizzate nel 1439: il G. è podestà in Corsica e, a sua insaputa, qualcuno a Genova ha combinato il suo matrimonio. Poggio gli consiglia di leggere il suo An seni sit uxor ducenda e, sul suo soggiorno in Corsica, afferma di meravigliarsi che un uomo consacrato agli studi umanistici fin dalla prima età potesse dimorare così a lungo fra gente barbara. Probabilmente Poggio, dalle vette della sua brillante carriera, non poteva ben misurare le ambasce in cui si era dibattuto il suo sfortunato collega.

Del G. si ignorano sia il luogo sia la data della morte.

Fonti e Bibl.: H. von der Hardt, Magnum oecumenicum Constantiense concilium, IV, Francofurti-Lipsiae 1699, pp. 196, 1144; P. Bracciolini, Epistolae, a cura di T. Tonelli, II, Florentiae 1859, p. 206; III, ibid. 1861, pp. 10-12; R. Cessi, La corrispondenza tra il Panormita ed il G., in Arch. stor. per la Sicilia Orientale, XIII (1916), pp. 235-252; Epistolario di Guarino Veronese, a cura di R. Sabbadini, III, Venezia 1919, pp. 229-231; H. Finke, Acta concilii Constantiensis, IV, Münster 1928, p. 108; Carteggio di Giovanni Aurispa, a cura di R. Sabbadini, Roma 1931, pp. 21, 51, 74 s.; Carteggio di Pileo De Marini arcivescovo di Genova (1400-1429), a cura di D. Puncuh, Genova 1971, pp. 44-48, 158 s., 160-162, 167-169, 192; C.A. Valle, Storia di Alessandria: dall'origine ai nostri giorni, IV, Torino 1855, p. 385; L. Delisle, Le cabinet des manuscrits de la Bibliothèque nationale, II, Paris 1874, p. 346; Catalogue général des manuscrits des bibliothèques publiques de France, III, Manuscrits de la Bibliothèque de Vendôme, Paris 1885, pp. 426-429; R. Sabbadini, Biografia documentata di Giovanni Aurispa, Noto 1891, p. 56; Id., Briciole umanistiche, III, B. G., in Giorn. stor. della letteratura italiana, XVIII (1891), pp. 216-224; Id., Vita di Guarino Veronese, in Giornale ligustico, XVIII (1891), pp. 201 s.; F. Sthur, Die Organisation und Geschäfts-ordnung des Pisaner am Konstanzer Konzil, Berlin 1891, pp. 43, 45; F. Gabotto, Un nuovo contributo alla storia dell'umanesimo ligure, in Atti della Società ligure di storia patria, XXIV (1892), pp. 46-56; Id., Il soggiorno di B. G. a Pinerolo, Pinerolo 1894; Id., Lo Stato sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Filiberto, III, Torino-Roma 1895, pp. 288, 321-326; L. Frati, La legazione del cardinale Lodovico Fieschi a Bologna, in Arch. stor. italiano, s. 5, XLI (1908), pp. 144-151; R. Cessi, La vita politica di B. G., in Atti e memorie dell'Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova, XXXII (1916), pp. 302 s.; G. Vinay, L'umanesimo subalpino nel secolo XV, Torino 1935, pp. 28-32; A. Mercati, Dall'Archivio Vaticano, I, Una corrispondenza fra curiali della prima metà del Quattrocento, Città del Vaticano 1951, p. 6.

〈/voce>

Vedi anche
Repubblica di Genova Libero comune che si affermò come potenza navale e commerciale a partire dalla fine dell'11° secolo. la rivalità con pisa e venezia La Genova, Repubblica di di Genova, Repubblica di si trovò presto a contendere l'egemonia sul mare a Pisa e Venezia. Il duello con Pisa, incentrato sul controllo della Sardegna, ... cardinale Titolo di alta dignità ecclesiastica. Storicamente, i cardinale sono i più importanti e stretti collaboratori del pontefice. ● La nomina dei cardinale spetta esclusivamente al pontefice e la sua scelta deve cadere su uomini che siano già stati nominati sacerdoti e che eccellano per dottrina, moralità, ... Trinacria Antico nome della Sicilia presso i Greci (comp. di τρεῖς «tre» e ἄκρα «promontorio»). Gli antichi ritenevano che fosse l’isola chiamata da Omero Θρινακίη; più tardi se ne inventò un eponimo in Trinaco, eroe leggendario o primo re dell’isola. ● Recava sul rovescio la figurazione simbolica della Trinacria ... Forlì Forlì Comune della Romagna (228,2 km2 con 114.683 ab. nel 2008), capoluogo della prov. di Forlì-Cesena. È situata presso lo sbocco in pianura delle valli confluenti del Montone e del Rabbi. Chiusa a NE dalla ferrovia Bologna-Ancona e a O dal torrente Montone, si è estesa principalmente lungo l’asse SE ...
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