GRAZIOLI, Bartolomeo
Nacque a Fontanella Mantovana (oggi Fontanella Grazioli, frazione di Casalromano) il 25 sett. 1804 da Giovanni e da Caterina Donelli, entrambi di condizione piuttosto modesta. Compiuti gli studi inferiori nel paese natale, entrò nel seminario vescovile di Mantova.
Sul piano del carattere palesava una certa insofferenza delle costrizioni tanto da scegliere di vivere fuori del seminario mentre ancora lo frequentava, su quello della crescita culturale affiancava alla lettura dei testi sacri e all'approfondimento della teologia un interesse assai vivo per i filosofi greci e per la lezione di umanità che essi avevano dato. Col tempo avrebbero trovato posto nella sua concezione della società il sentimento della maggiore autenticità della devozione popolare e l'aspirazione a fecondare la religiosità con la promozione del benessere spirituale e materiale del popolo.
Ordinato prete nel 1827, ebbe la sua prima sede nel paese dove era nato. Successivamente - sembra - una malcerta condizione di salute lo tenne per alcuni anni lontano dal ministero sacerdale; nel dicembre 1842 fu nominato arciprete a Revere, altro paesino del Mantovano, dove assistette con partecipazione alla maturazione di quei fermenti patriottici e indipendentistici che di lì a poco avrebbero animato la rivoluzione lombarda, anch'essa ispirata nella sua prima fase dalle teorie di V. Gioberti e dalle riforme attuate da Pio IX nel biennio iniziale del suo pontificato. Nel marzo 1848 ebbe qualche parte nella rivolta contro l'Austria.
Secondo una fonte poliziesca di qualche anno successiva il G., descritto come uomo "di carattere scaltro e doppio, ma di maniere insinuanti", al tempo del conflitto "fu caldo partitante della rivolta alla quale cercò giovare con consigli, raccomandazioni, incitamenti e predicazioni […] oltre a ciò, essendosi presentati alcuni militari nella sponda del Po, egli suscitò la popolazione di Revere ad armarsi ed impedirne loro il passaggio" (Praticò, p. 238).
Malgrado questo suo comportamento il G. non subì conseguenze immediate al momento del ritorno degli Austriaci. È presumibile, tuttavia, che quando cominciò a prendere corpo l'iniziativa di lotta che nelle intenzioni di G. Mazzini e delle correnti democratiche da lui guidate avrebbe dovuto rinnovare con le sole forze popolari l'insurrezione antiaustriaca nel Lombardo-Veneto, il G. fosse già sorvegliato per i suoi trascorsi. Quando poi, caduta la Repubblica Romana, la strategia mazziniana divenne operativa, il G. fu uno dei tanti preti mantovani che, abbandonato definitivamente il moderatismo di derivazione giobertiana, scelsero la via della cospirazione diffondendo tra gli Austriaci il timore che grazie a loro gli impulsi sovversivi potessero penetrare a fondo negli strati più bassi della popolazione.
Coinvolto nella preparazione della congiura da don E. Tazzoli, il G. si diede da fare per diffondere tra i suoi parrocchiani, insieme con i fogli clandestini che incitavano alla rivolta, le cartelle del prestito nazionale lanciato dal Mazzini. Questo lavorio sotterraneo di cui non gli erano ignoti i rischi, soprattutto dopo che nel corso del 1851 si erano avuti i primi arresti e le prime condanne a morte (in particolare quella di don Giovanni Grioli), fu scoperto allorché un altro prete, don F. Bosio, all'inizio del 1852 diede il via con le sue rivelazioni a una lunga serie di denunce, confortata presto dalle confessioni di altri cospiratori e dalla decifrazione del registro sul quale il Tazzoli aveva annotato in codice i nomi dei percettori del prestito e l'entità delle somme percepite.
Catturato nella notte tra il 16 e il 17 giugno 1852, il G. fu trasferito dopo un primo interrogatorio in una cella del castello di S. Giorgio a Mantova. Nonostante respingesse recisamente ogni addebito ed evitasse qualunque chiamata di correo, il 28 febbr. 1853 fu portato davanti a un consiglio di guerra con l'accusa "di essere stato nominato dal Comitato mantovano Capo circolo di Revere, e di avere come tale mediante affigliazione di congiurati e diffusione d'ingente quantità di cartelle dell'imprestito mazziniano e di proclami incendiari, cooperato alla violenta mutazione del Governo" (Luzio, 1905, II, p. 30). La sentenza di condanna a morte per impiccagione, che colpiva con lui anche T. Speri e C. Montanari, fu pronunziata il 3 marzo 1853 ed eseguita a Belfiore nello stesso giorno.
Il nome del G., la cui posizione all'inizio del processo non sembrava così grave da meritare la pena capitale, fu aggiunto a quello dei due compagni di sventura in sostituzione di un terzo condannato che aveva avuto la pena commutata in 15 anni di carcere. Al sacerdote fu concesso di inviare un saluto d'addio ai suoi parrocchiani. Come altri giustiziati a Belfiore, anche il G. nei giorni che precedettero l'esecuzione fu assistito da mons. L. Martini; come era già accaduto con don Tazzoli, giustiziato il 7 dic. 1852, anche a lui il vescovo di Mantova non riuscì a risparmiare la sconsacrazione, essendo andati a vuoto tutti i tentativi compiuti dal presule presso lo stesso Pio IX per ottenere che la misura richiesta dalle autorità austriache non fosse decretata. Tumulati sul luogo dell'impiccagione, i resti del G. furono disseppelliti clandestinamente nel giugno del 1866, prima cioè che avesse termine la dominazione austriaca, e inumati nel cimitero di Mantova; il 27 sett. 1930 furono traslati nel famedio della città.
Fonti e Bibl.: Gli atti del processo in Arch. di Stato di Mantova, Atti dell'I. R. Auditorato di Guarnigione in Mantova. Processo dei martiri di Belfiore, bb. 1-4. L. Martini, Il Confortatorio di Mantova nel 1851, 52, 53 e 55, II, Mantova 1867, pp. 14-41, 100-146, 204-208, 215-227, 231-239; P. Cipriani, Belfiore e S. Giorgio. Cenni storico-biografici delle vittime dei processi di Mantova, Mantova 1872, pp. 35-39; G. De Castro, I processi di Mantova e il 6 febb. 1853, Milano 1893, pp. 109 ss., 459, 461, 467 s.; A. Luzio, I martiri di Belfiore e il loro processo, Milano 1905, I, pp. 128, 153, 224, 246, 273, 277 s., 298 s., 301, 314 s., 400 ss.; II, pp. 30, 33, 87 ss., 262; Id., I processi politici di Milano e Mantova 1851-53 restituiti dall'Austria, Milano 1919, p. 51; F. Siliprandi, Memorie storiche politiche mantovane dal 1848 al 1866, Mantova 1953, pp. 66 s.; G. Praticò, Le fonti per la storia del Risorgimento nell'Arch. di Stato di Mantova con particolare riguardo ai martiri di Belfiore, in Atti del XXXI Congresso di storia del Risorgimento, Mantova… 1952, Roma 1956, p. 238; E. Di Nolfo - C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, VIII, Milano 1965, pp. 74, 98, 114; Mantova nel Risorgimento. Compromessi politici nel Mantovano (1848-1866), a cura di R. Giusti, Mantova 1966, ad ind.; R. Giusti, Il Risorgimento a Mantova 1849-1866, Mantova 1978, ad ind.; R. Salvadori, Studi sulla città di Mantova 1814-1960, Milano 1997, pp. 52, 61; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v.; Enc. Italiana, XVII, sub voce.