GRASSI, Bartolomeo
Nacque probabilmente a Roma, dove visse e lavorò nella seconda metà del XVI secolo. La sua famiglia era composta dalla moglie e da cinque figli, tre maschi e due femmine. Abitava nella parrocchia di S. Lorenzo in Damaso, a via del Pellegrino, dove aveva anche l'officina, accanto a quella di molti altri tipografi. Nella sua casa vivevano anche altre persone, che collaboravano sia alla gestione domestica, sia al lavoro strettamente tipografico.
Il G. fu attivo dal 1582 al 1600 e in questi anni stampò oltre quaranta edizioni, di cui alcune di particolare pregio. Nel 1582, in realtà, iniziò come editore: in questa veste il suo nome compare nell'opera di Robert Parsons, De persecutione Anglicanalibellus, accanto a quello di Cesare Ferrari; i tipografi sono Giorgio Ferrari e Vincenzo Accolti. Nel colophon, infatti, compare la marca dell'Accolti, con la raffigurazione dell'aquila e del sole. Il G. aveva cominciato il suo apprendistato come tipografo proprio con Giorgio Ferrari, presso il quale lavorò, in qualità di dipendente, a partire dal 1580. Il rapporto continuò fino al 1593, anche se a fasi alterne e anche dopo che il G. si mise in proprio. Nel 1593 il G. accusò il Ferrari di averlo defraudato, avendogli sottratto una quantità di libri pari al valore di 18.000 scudi. Intentò un processo, che però quasi sicuramente non ebbe seguito o che, comunque, finì senza condanne.
L'attività del G. fu piuttosto costante, ma gli anni più produttivi furono il 1585, 1586 e 1587. Nel 1585 dai suoi torchi uscì un'edizione di particolare pregio: la raccolta di tavole di Giovanni Battista Cavalieri, Ecclesiae militantis triumphi… in ecclesia S. Stephani Rotundi, Romae Nicolai Circiniani pictoris… depicta, dedicata a Stanislao Roscio, decano di Varsavia e segretario del re di Polonia. Il Cavalieri fu un famoso incisore e disegnatore, nato vicino a Trento, ma vissuto a Roma. Di questa raccolta esistono altre edizioni con titoli diversi (1583, 1584), tutte dedicate al decano Stanislao Roscio. Per questa edizione il G. lavorò da solo, ma ciò è più un'eccezione che una regola, infatti il G. si univa molto spesso ad altri tipografi per la stampa dei suoi volumi. Il suo nome si trova accanto a quello di famosi tipografi romani del Cinquecento, tra i quali Francesco Zanetti, Giacomo Ruffinelli, Vincenzo Accolti, Bartolomeo Bonfadini. Con Francesco Zanetti, nel 1585, stampò un'edizione della Retorica di Aristotele, tradotta e curata da Marco Antonio Mureto, che dedicò al gesuita Francesco Benci, suo allievo, e l'AntiquitatumRomanarum liber de civitate Romana di Paolo Manuzio. Con Vincenzo Accolti stampò i De rerum inventoribus libri octo di Polidoro Virgilio e il Tractatus de spoliis ecclesiasticis di Guglielmo Redoano. Ancora con lo Zanetti, negli anni 1585-86, stampò gli scritti filosofici di Seneca, edizione curata da M. Mureto, con un'epistola dedicatoria di Francesco Benci a Matteo Contarelli. Negli stessi anni si associò a Bartolomeo Bonfadini per la stampa delle Icones operum misericordiae di Giulio Rossi da Orte, che contengono diciassette preziose tavole incise da Mario Cartaro. In questo caso il Bonfadini è tipografo e il G. è editore ("impensis Bartholomaei Grassi Rom. bibliopolae"). Ancora nel 1586 il G. è editore dell'opera del francescano Ludovicus S. Francisci, Globus canonum et arcanorum linguae sanctae, mentre i tipografi sono Alessandro Gardano e Francesco Coattino. In questa edizione appare sul frontespizio un fregio architettonico nel quale sono inseriti tre ovali, in quello centrale si trova un cerbiatto che salta un precipizio tra due monti. Questo fregio è stato considerato una marca del G., ma molto probabilmente non si tratta di una marca tipografica. La marca usata dal G. raffigura, infatti, una stella cometa sopra un'aquila bicipite e tre gigli farnesiani. La stella cometa era, appunto, l'insegna della bottega del G. che la usò sempre anche come marca, con diverse varianti.
Nel 1587 il G. stampò una decina di edizioni, tra cui la Paraphrasis in XIIII Aristot. libros de prima philosophia di Antonio Scaino, dedicata al duca di Urbino Francesco Maria II Della Rovere, i Commentarii in Evangelium Ioannis di Giovanni Antonio Delfino, in collaborazione con lo Zanetti e il Ruffinelli e due opere di Pietro Galesini, una delle quali scritta in occasione dell'innalzamento dell'obelisco vaticano in piazza S. Pietro, avvenuto il 10 sett. 1586 per volere di Sisto V a opera di Domenico Fontana. Su questo avvenimento il G. non stampò solo l'opera del Galesini, ma anche numerosi epigrammi, lettere e poesie di altri autori inneggianti all'evento. Negli anni successivi l'attività del G. diminuì; dalla sua bottega uscirono poche edizioni l'anno, alcune, però, importanti, come quella in due volumi degli Elementorum libri di Euclide (1589), stampata insieme con la società tipografica Santi e compagni, curata dal gesuita Cristoforo Clavio e da questo dedicata a Carlo Emanuele I duca di Savoia. Sempre nel 1589 il G. stampò il commento agli Annali di Tacito di Annibale Scotti, nobile piacentino che soggiornò a lungo a Roma. Nel 1591 dai suoi torchi uscirono due importanti edizioni delle opere di Filippo Pigafetta, Relatione del Reame di Congo e Relatione dell'assedio di Parigi, quest'ultima in collaborazione con il tipografo Giacomo Ruffinelli. Ancora un'edizione di un'opera del Clavio, Astrolabium, fu stampata nel 1593, con la tipografia Gabiana.
Il nome del G. compare per l'ultima volta nel 1600, in un'edizione dell'opera Admiranda et vere admiranda, sive de Magnitudine et Urbis et Ecclesiae Romanae del belga Giusto Lipsio e dell'inglese Thomas Stapleton, dedicata a Bernardino Paulino, datario di papa Clemente VIII. Accanto a lui per questa edizione si trova il tipografo Nicola Muzi, che lavorò a Roma dal 1595 al 1600, specializzato soprattutto in edizioni musicali.
La produzione del G. fu piuttosto varia. Accanto a piccole e modeste edizioni si trovano edizioni importanti, come quella degli Elementi di Euclide. Usò indifferentemente il corsivo e il romano. Per il corsivo utilizzò i caratteri 130 e 90 di Granjon, il primo molto popolare a Roma nella seconda metà del XVI secolo e di cui il G. si servì per l'edizione del commento di Annibale Scotti agli Annali di Tacito del 1589.
Ignota è la data di morte del G.: non si hanno più notizie su di lui dopo il 1600.
Fonti e Bibl.: A.M. Giorgetti Vichi, Annali della stamperia del Popolo romano (1570-1598), Roma 1959, p. 52; F. Ascarelli, Le cinquecentine romane. Censimento delle edizioni romane del XVI secolo possedute dalle biblioteche di Roma, Milano 1972, ad ind.; A. Tinto, Il corsivo nella tipografia del Cinquecento dai caratteri italiani ai modelli germanici e francesi, Milano 1972, pp. 80, 82; G.L. Masetti Zannini, Stampatori e librai a Roma nella seconda metà del Cinquecento. Documenti inediti, Roma 1980, pp. 18, 42, 98, 117, 136, 154, 174-177, 187, 202 s.; E. Vaccaro, Le marche dei tipografi ed editori italiani del secolo XVI nella Biblioteca Angelica di Roma, Roma 1983, pp. 191-193; G. Zappella, Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento, Milano 1986, p. 95; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia italiana del '500 in Italia, Firenze 1989, pp. 123 s.; L. Baldacchini, rec. a G. Zappella, Le marche dei tipografi…, in RR. Roma nel Rinascimento, 1987, p. 183.