FORTEGUERRA, Bartolomeo
Nato a Lucca precedentemente all'anno 1344, era figlio di Giovanni, detto Vanni di Iacopo. Non si conoscono fonti che ci forniscano notizie sulla sua giovinezza. Fu il più illustre rappresentante del suo tempo di una famiglia che aveva ottenuto la nobiltà verso il 1200, con il possesso del castello di Brancoli.
Nel 1308, infatti, i Forteguerra ricevettero il titolo di conti da Arrigo VII, ma proprio in quell'anno, in quanto appartenenti al ceto nobiliare e magnatizio, furono banditi dalla città, quando la fazione popolare ebbe il sopravvento e riformò lo statuto del Comune. Tuttavia, già dopo la morte di Castruccio Castracani (1328), li troviamo in città, al seguito di Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia; fu proprio il figlio di questo, il futuro imperatore Carlo IV, a concedere al padre del F., Vanni, la giurisdizione sul castello di Brancoli, nominandolo vicario di Camaiore per cinque anni.
Il F. studiò diritto; è infatti ricordato nelle fonti come "legum doctor". Ebbe certamente esperienze mercantili nelle Fiandre, insieme con Forteguerra Forteguerra suo cugino. A Bruges i due ebbero un fondaco commerciale e da lì intrattennero intensissimi rapporti di affari con numerosi mercanti lucchesi ed italiani. Nel 1371 il F. ricevette il rimborso di un grosso prestito fatto dalla compagnia dei Forteguerra a Filippo l'Ardito, duca di Borgogna.
Ad ogni modo sembra che abbia preferito impegnarsi nella vita politica in patria: infatti, non appena Lucca si fu svincolata dal dominio pisano (8 apr. 1369), troviamo subito il F. impegnato nel governo della Repubblica.
Del prestigio personale di cui godeva già allora in Lucca è testimonianza diretta il primo incarico pubblico a noi noto. Il 4 giugno 1369, come procuratore e sindaco del Comune, insieme con altri si obbligò a pagare all'imperatore Carlo IV di Lussemburgo la somma di 100.000 fiorini d'oro, come segno della riconoscenza della città per la liberazione dalla soggezione pisana. Altri furono gli incarichi che il F. ricoprì in quel primo, calamitoso, anno di libertà: membro del Consiglio dei cinquanta dal 9 maggio al 26 ottobre, il 6 agosto venne nominato nella Balia dei dodici "pro defensione iurium Lucani Comunis contra et adversus Lucanum episcopum". Il 20 settembre entrò a far parte della commissione incaricata di indagare sulle discordie nella città e nel distretto di Lucca. Nel bimestre settembre-ottobre fu poi eletto al massimo organo collegiale della Repubblica, l'Anzianato, del quale fece parte con notevole frequenza negli anni successivi sino ai tragici giorni della sua morte.
Il 23 febbr. 1370 fu eletto nel Consiglio dei trentasei al quale spettava, tra l'altro, il rinnovo del Consiglio generale e quello della "tasca degli Anziani", che conteneva i nomi di coloro che potevano essere eletti all'Anzianato. Il F. risiedeva allora, come gli altri membri della sua famiglia, nel terziere di San Salvatore, poiché risulta eletto tra i cittadini di quel terziere.
Sindaco e giudice maggiore delle gabelle il 21 maggio di quel medesimo anno, nel settembre ebbe il suo primo importante incarico diplomatico: una ambasceria presso il papa Urbano V, che amministrò insieme con Tommaso Opizi e con Simone Boccella. Il 23 novembre venne eletto tra i riformatori degli statuti del Comune e, come tale, fu uno dei redattori dello statuto del 1372, che rimase il fondamento normativo della Repubblica fino all'avvento di Paolo Guinigi (1400). Nel 1371, oltre a partecipare attivamente, in qualità di membro, ai lavori del Consiglio dei trentasei, intervenne frequentemente anche a quelli del Consiglio generale, con la qualifica di "invitato", a causa del suo peso politico e delle sue capacità personali. Nel Consiglio dei trentasei dall'aprile al settembre del 1372, il 30 aprile di quell'anno fu, per la prima volta, eletto nella Balia dei nove cittadini incaricati della elezione del podestà. In seguito ricoprì frequentemente questo incarico: per quattro volte, nel periodo compreso tra il 1374 ed il 1377; per otto, negli anni dal 1382 al 1391. Nel maggio del 1372 venne inviato come ambasciatore del Comune a Genova; il 1° agosto fu eletto fra i sei cittadini pacificatores e l'8 settembre entrò nella Balia sull'Opera di S. Croce.
La sua presenza nelle commissioni incaricate della scelta e della elezione dei principali officiali del Comune è continua: il 17 settembre venne inserito nella Balia dei dodici per l'elezione del bargello; il 16 dicembre, in quella per la scelta del maggior sindaco. Nel bimestre novembre-dicembre fu nuovamente anziano per il terziere di San Salvatore. L'anno successivo partecipò attivamente alle riunioni del Consiglio dei trentasei e di quello generale, ricoprendo, fra gli altri incarichi, quello di membro della Balia sulla riforma della gabella. Il 10 ottobre venne eletto vessillifero di Giustizia, la massima carica della Repubblica.
La sua preparazione giuridica gli valse, sin dal febbraio del 1374, la nomina a membro del direttivo del Collegio dei giudici e dei notai: in tale veste ricoprì, quasi senza soluzione di continuità, l'incarico di giudice delle curie delle varie vicarie del contado.
La partecipazione del F. alla vita pubblica e politica della città si fece di mano in mano sempre più intensa e qualificata. Nell'aprile del 1374 era fra i sei "ad componendum cum Capitulo Lucane Ecclesie" ed in tale veste cooperò al raggiungimento dell'importante accordo del 13 aprile. Nel maggio fu nuovamente incaricato di amministrare una ambasceria a Genova: il 27 ottobre venne eletto fra i nove che dovevano affiancare gli ambasciatori del Comune per trattare la pace con Firenze. Il 2 novembre dell'anno successivo entrò a far parte della Balia sulla "conservazione della libertà" dello Stato e del Comune, che venne a costituire il più importante organo costituzionale di Lucca ed al quale furono demandate le più delicate questioni interne. In tale commissione ebbe modo di confrontarsi a lungo con Francesco Guinigi, il pater patrie, il quale, fintanto che visse, riuscì ad assicurare la pace interna mediando tra le fazioni cittadine.
Ambasciatore ad Avignone presso il papa Gregorio XI nel 1376, rientrato in patria, partecipò alla elezione del giudice ordinario. Eletto nuovamente anziano per il gennaio-febbraio del 1377, declinò l'incarico per motivi che non conosciamo. Investito della questione, il Consiglio generale, su proposta di ser Andrea Bellomi, il 2 gennaio deliberò che il F. venisse costretto ad assumere l'incarico, dando mandato agli Anziani di procedere, se necessario, con la forza contro di lui. La delibera venne approvata con 136 voti in favore e 41 contrari. L'alto numero dei suffragi espressi contro di essa, ad ogni modo, costituisce una prova della consistenza delle forze di posizione che attorno al F. si andavano coagulando.
L'incidente non sembra avere scosso il prestigio personale del F., che continuò intensamente a partecipare ai Consigli di Comune, spesso come "invitato": le fonti attestano, tra l'altro, la sua ininterrotta presenza nella Balia dei dodici sulla libertà fino all'ottobre del 1378, quando, il giorno 24, venne eletto vessillifero di Giustizia per il bimestre novembre-dicembre. Nel maggio del 1379 fu sindacatore all'operato del maggior sindaco di Comune, il dominus Francesco da Camerino.
Nuovamente nella Balia dei dodici sulla libertà nel febbraio del 1381, negli anni successivi fece parte di numerose commissioni. Il 22 apr. 1383 fu nuovamente eletto vessillifero di Giustizia per il bimestre maggio-giugno; nel dicembre si occupò attivamente dei tempestosi rapporti del Comune con il condottiero inglese Giovanni Acuto. Il 14 dicembre, insieme con altri cinque cittadini, venne incaricato di provvedere alle richieste avanzate dal Comune di Firenze, perché Lucca non desse asilo ai ribelli e banditi fiorentini. Il 30 dicembre fece parte della Balia incaricata di far lega con il Comune di Genova. Questi incarichi a carattere diplomatico continuarono nel 1384. Nel febbraio fu dei nove "super discordia Pistoriensium": la tregua e la pace con il Comune di Pistoia vennero stipulate il 16 giugno successivo.
Il 1384 costituì un anno cruciale per la carriera politica del F.: deputato al rifacimento dell'"Estimo delle sei miglia" dal 7 aprile, alla morte di Francesco Guinigi, avvenuta il 5 giugno, emerse infatti come una delle più influenti personalità della Repubblica. Capo riconosciuto dell'opposizione al regime instaurato dallo scomparso pater patrie, rese progressivamente più massicci e incisivi il suo intervento nella vita pubblica e il suo coinvolgimento diretto nelle lotte tra i diversi gruppi di potere, subito riaccesesi in Lucca; intensificò lo sforzo per porre un freno e, se possibile, una fine all'egemonia della fazione dei Guinigi, e moltiplicò per numero e significato i suoi incarichi ufficiali.
L'11 giugno venne eletto fra i dodici incaricati di trattare una lega con Pisa ed il 26 agosto, come sindaco, insieme con Nicolao di ser Pagano, determinò il testo dell'accordo con quel Comune. Commissario per la buona tenuta delle fortezze dello Stato (27 settembre), nel novembre fu tra i nove "super moderando officia gabelle salis et exactoris", ed il 27 novembre fra i sei "super firmandis capitulis" con i canonici della cattedrale.
Agli inizi del 1385 il F. ottenne il primo successo sui suoi avversari, a conclusione di una dura campagna di sensibilizzazione e di propaganda, volta a convincere l'opinione pubblica circa la necessità di riformare la Giunta dei dodici "sulla conservazione della pace", della quale era stato principale animatore lo scomparso Francesco Guinigi e che aveva sin'allora costituito un freno al dilagare delle passioni e degli odi di parte. Il 10 gennaio, infatti, recependo una sua proposta, il Consiglio generale abolì la Giunta dei dodici conservatori e creò la Giunta dei "XII comixarii Palatii super bono statu Civitatis", della quale lo stesso F. venne scelto a far parte.
Il nuovo organismo aveva compiti ed attribuzioni diverse rispetto a quello abrogato: gli competevano la responsabilità e il controllo, in pace e in guerra, delle forze armate municipali e delle strutture di difesa del territorio lucchese. Il provvedimento provocò i sospetti ed i risentimenti della fazione dei Guinigi, che vide in esso un grave colpo inferto alla propria egemonia sulla città: cosa che in effetti era. Lazzaro di Francesco Guinigi, succeduto al padre come massimo esponente della propria parte, avviò subito maneggi con gli altri gruppi di potere, allo scopo di prevenire ulteriori colpi di mano del F. e di bloccare la pericolosa politica da lui promossa. A partire da questo momento la lotta politica si radicalizzò, e la contrapposizione tra le due maggiori fazioni lucchesi si andò manifestando sempre di più in tutta la sua crudezza.
Il F. continuò a mantenere, ancora per qualche anno, la sua posizione di primo piano nella vita pubblica cittadina. Il 26 genn. 1385 fu delegato ad occuparsi del problema dei crediti e delle richieste dei mercanti genovesi nei confronti dei mercanti lucchesi. Il 23 giugno, insieme con Michele del fu Lazzaro Guinigi, Nicolao del fu ser Pagano e Matteo del fu Nutino, venne nominato sindaco per trattare una nuova pace con Pistoia. Di lì a poco si recò, come ambasciatore del Comune, a Firenze (giugno 1385). Nel novembre fece parte della Balia incaricata di una ulteriore riforma della Dogana del sale ed il 31 dicembre venne eletto fra i Ventiquattro "super tollendis odiis et rancoribus inter cives".
Il 21 apr. 1386 fu nuovamente eletto all'Anzianato per il bimestre maggio-giugno, mentre nel settembre si occupò attivamente della riforma del Consiglio dei trentasei (9 settembre). Nel 1388 fu nuovamente anziano per il bimestre marzo-aprile, poi ambasciatore a Firenze; nel maggio 1389 amministrò un'altra legazione a Firenze e fu anziano per il bimestre novembre-dicembre. Dal luglio del 1390, quando gli "assortitori" procedettero alla imborsazione della nuova "Tasca degli anziani", che sarebbe rimasta in vigore per la durata di due anni a partire dal settembre, la lotta per il potere si fece più dura, sfociando in una serie di colpi di mano e di violenze, che finirono col travolgere il F. e le fortune del suo partito.
Nel corso della imborsazione della nuova "Tasca degli anziani" i Guinigi riuscirono ad impedire che in essa venissero inseriti i nomi di moltissimi dei loro oppositori; il nome stesso del F. non vi fu incluso ma venne messo in un'altra "Tasca", quella degli "arroti" o "spiccinati", che conteneva i nominativi dei supplenti. Il provvedimento rappresentava un palese affronto alla figura ed alla autorevolezza del F., perché gli "arroti" venivano scelti di norma tra i giovani e le persone all'inizio della loro vita pubblica.
Informato da Buonagiunta Schiezza, che aveva fatto parte del comitato degli "assortitori", il F., sostenuto dalla sua fazione, insorse contro la nuova "Tasca degli anziani", reclamandone l'annullamento ed esigendo che negli elenchi dei candidati alle diverse cariche della Repubblica venissero inseriti di nuovo il nome suo e quello dei suoi sostenitori. Il Consiglio generale, dopo tergiversazioni e tentennamenti, decretò l'istituzione di una nuova "Tasca", nella quale, a meglio rappresentare le diverse componenti della cittadinanza, venissero imborsati i nomi di un numero maggiore di persone. Contestualmente fu stabilito che la "Tasca" così riformata sarebbe stata valida "per tre anni, cominciando quando serà finita la presente tasca": cioè a partire dalla scadenza di quella contestata (Ordines super Tasca: 16 dic. 1390).
L'imborsamento della "tasca" triennale venne affidato ad una commissione di sessanta "assortitori", della quale anche il F. fu chiamato a far parte e che terminò i suoi lavori nel marzo dell'anno successivo, quando venne approvata. Ciò non gli bastò: affermando di non essere sufficientemente risarcito dall'insulto patito, continuò a chiedere che la "Tasca" biennale fosse del tutto abrogata. La situazione si fece assai critica quando due sostenitori del F., con la connivenza del vessillifero di Giustizia, penetrarono con altri nella sala in cui era riunito il Consiglio generale con l'intento di influenzarne le decisioni. Nonostante questa ed altre pressioni, il Consiglio generale non mutò parere e confermò la validità della "Tasca" contestata, che rimase pertanto in vigore sino allo spirare del suo biennio. La tensione aumentò nel bimestre marzo-aprile, quando il F. fu, per l'ultima volta, vessillifero di Giustizia; ma il punto di rottura fu raggiunto allorché, divenuto vessillifero di Giustizia il cugino Forteguerra Forteguerra per il bimestre maggio-giugno, parve al F. essere giunto il momento propizio per imporre la propria volontà.
La crisi, a lungo covata, esplose tragicamente la mattina del 12 maggio 1392: le due fazioni si affrontarono in armi all'interno della città, presso la torre del Veglio. Nello scontro i Forteguerra ebbero la peggio. Entrati nella piazza da vincitori sotto la guida di Lazzaro di Francesco Guinigi, gli avversari del F., con la connivenza del podestà, dettero l'assalto al palazzo pubblico. Penetrati facilmente all'interno, messi in fuga gli anziani, Lazzaro fece dare la caccia al cugino Forteguerra vessillifero di Giustizia, che, scovato, venne ucciso e gettato da una finestra. Il giorno successivo, con una decisione solo formalmente legale, fu decretata la condanna a morte del F., quale fomentatore della rivolta. Mandatolo a cercare per il podestà e trovatolo nascosto nei pressi di S. Frediano, fu catturato ed avviato verso la loggia per essere giudicato. "Et conducendolo - racconta il Sercambi nella sua Cronaca - sopragiunse Andrea Stornelli con alquanti in sua compagnia, et il dicto Bartholomeo prese et co lui Nicolao di Benedecto Sbarra suo nipote: e quando giunse al canto della loggia, Andrea soprascripto fe' puonere giu il dicto messer Bartholomeo, et sensa piu indugio et sensa alcuna confessione o scriptura, li fe' tagliare il capo".
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Lucca, Consiglio Generale, nn. 1-12; Ibid., Biblioteca, Manoscritti, nn. 49-50; Lucca, Bibl. statale, Manoscritti, 1112: G.V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi, Forteguerra, cc. 344r-385v; G. Sercambi, Le croniche, a cura di S. Bongi, Roma 1892, in Fonti per la storia d'Italia, XIX-XX, pp. 259-263, 272 s., 276-279, 281 s.; L. Fumi, Regesti, II, Carteggio degli Anziani, Lucca 1903, pp. 13, 28, 45, 50, 61, 238, 240, 266, 272, 276, 278, 447; Riformagioni della Repubblica di Lucca, I, a cura di A. Romiti, Roma 1980, pp. XIV, 17, 26, 34, 44, 59, 89, 118, 121, 124 s., 130, 134, 138 s., 141, 143, 145, 147, 156, 159 s., 163, 228, 291, 315, 320, 364; II, a cura di G. Tori, Roma 1985, pp. 51, 53, 72, 78, 83, 91, 93, 109 s., 119, 121, 126 s., 130, 135, 143 s., 146, 150, 153, 157, 160, 164, 179, 281; G. Tommasi, Sommario della storia di Lucca, Firenze 1847, pp. 264-267, 269 s.; S. Bongi, Inv. del R. Arch. di Stato in Lucca, Lucca 1872-1888, I, p. 34; II, pp. 36, 114; IV, p. 325; L. Mirot, Études lucquoises, Forteguerra Forteguerra et sa succession, in Bibliothèque de l'École des chartes, XCVI (1935), pp. 302, 305, 308 s., 320-326; A. Mancini, Storia di Lucca, Firenze s.d., p. 182; C. Meek, Lucca 1369-1400, Oxford 1978, pp. 218, 221 n. 110, 229, 243 n. 48, 246, 251 e n. 86, 252 ss., 257 ss., 263 n. 133, 264 ss., 268, 272, 301, 349; G. Tori, Gli "Ordines trahendi ad incendium ignis" nella Lucca del 1393, in Studi in on. di L. Sandri, III, Roma 1983, pp. 942-945.