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FLORIDO, Bartolomeo

di Silvano Giordano - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997)
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FLORIDO (Flores, Floridus), Bartolomeo

Silvano Giordano

Nato probabilmente verso la metà del XV secolo, il F. apparteneva, secondo una tradizione storiografica non verificabile, ad una famiglia romana insediata anche a Nepi. È ricordato nelle fonti la prima volta il 21 ag. 1489, quando Innocenzo VIII lo nominò vescovo di Sutri e Nepi. Nell'anno 1492 viene ricordato da G. Burcardo nel suo Liber notarum come "secretarius secundus" del Papa, dopo Ludovico Podocattaro, vescovo di Capaccio; a metà del 1493 ricevette da Alessandro VI il titolo di "secretanus domesticus".

A partire dal pontificato di Innocenzo VIII il "secretarius domesticus", coadiuvato da alcuni scrittori, si occupava di redigere brevi che venivano spediti senza passare per la cancelleria papale. Nello stesso periodo si incominciarono a sbrigare "per breve" anche concessioni di grazie, affidandole ai segretari domestici; invalse inoltre l'uso di procedere su ordine orale del papa, spesso senza ulteriori formalità, dando così luogo a quelle forme di corruzione che il processo al F. avrebbe messo in luce.

Nella sua qualità di segretario il F. svolgeva alti compiti amministrativi: il 25 apr. 1493, nella chiesa di S. Marco a Roma, alla presenza di Alessandro VI lesse gli articoli della lega tra il papa, la Repubblica di Venezia e Ludovico il Moro; il 6 ag. 1494 firmò un breve contro P. e F. Colonna e A. Savelli, che avevano occupato la rocca di Ostia. Al F. venivano affidate inoltre funzioni di rappresentanza: il 31 dic. 1494 insieme con il maestro delle cerimonie G. Burcardo si recò da Carlo VIII, re di Francia, per concordare i particolari dell'udienza pontificia accordata al re; tra il 26 ed il 29 marzo 1496 venne incaricato di accompagnare F. Gonzaga, marchese di Mantova e capitano generale della Repubblica di Venezia, che si trattenne a Roma di passaggio per Napoli.

Il 5 ag. 1494 il F. venne trasferito alla sede arcivescovile di Cosenza, vacante per la morte di B. Pinelli, e ricevette in commenda il monastero di S. Cristoforo di Casteldurante. Egli prese a cuore la sorte della sua chiesa, adoperandosi a questo scopo presso il re Ferrante, con il quale anche intratteneva corrispondenza nella sua qualità di segretario pontificio; tuttavia risiedette più a Roma che a Cosenza, avendo delegato i suoi poteri ad un vicario, che per un certo tempo fu "Aloysius de Amanthea".

Le fortune del F. ebbero termine il 14 sett. 1497, quando il pontefice lo fece incarcerare in Castel Sant'Angelo, con l'accusa di aver spedito numerosi brevi in modo fraudolento. Con lui vennero arrestati anche tre suoi servitori. Il processo fu affidato a P. Menzi da Vicenza, vescovo di Cesena e uditore della Camera apostolica, e a P. Isuali, vescovo di Reggio Calabria e governatore di Roma, consacrato pochi mesi prima dallo stesso Florido. Secondo le risultanze dell'inchiesta, il F. fino a metà del 1497 aveva falsificato oltre cinquecento brevi, ricavandone più di 7.000 ducati, mentre il Burcardo riferisce che i documenti falsificati sarebbero stati circa tremila. Nel corso degli interrogatori il F. ammise le sue responsabilità; lo stesso Alessandro VI, secondo voci riferite dal Burcardo, avrebbe persuaso il F., promettendogli grandi favori, a confessare di aver spedito numerosi brevi a sua insaputa, in modo da potersi giustificare di fronte ai reali di Spagna per alcuni documenti che li avevano irritati. Diverse falsificazioni eseguite dal F. risultarono essere di una certa importanza: aveva accordato la dispensa dai voti, allo scopo di contrarre matrimonio, ad una monaca di sangue reale che aveva avuto un figlio naturale dal defunto re di Portogallo, evento che avrebbe potuto influire sulla successione al trono; aveva effettuato inoltre cambiamenti nelle aspettative e rilasciato dispense per ottenere uffici incompatibili, come anche esenzioni dalla giurisdizione dell'ordinario.

Nel concistoro riunito lunedì 9 ott. 1497 fu letto il Processo contro il F., con la sua confessione. Due giorni dopo, in un secondo concistoro, Alessandro VI pronunciò la sentenza. L'accusato, riconosciuto colpevole, fu privato della diocesi e di tutti i suoi benefici e fu deposto da ogni ordine, ufficio, beneficio e dignità. Quindi il papa comandò ai due giudici di stabilire la pena adeguata. Questi lo dichiararono incorso nella scomunica e deposto da ogni ordine ed ufficio ecclesiastico ed episcopale e lo fecero consegnare al braccio secolare. Il papa commutò la pena di degradazione in carcere perpetuo, da scontare a pane e acqua. Il 13 ottobre la sentenza fu notificata al condannato, che venne consegnato al bargello di Roma. Quindi Giovanni Marrades, cameriere del papa, a nome del pontefice ordinò di non farlo uscire da Castel Sant'Angelo. Lo stesso giorno gli furono sequestrati i beni, che il papa donò allo stesso Marrades.

Il 28 ott. 1497 il F., spogliato delle sue vesti e rivestito di panni rozzi, venne rinchiuso nel carcere di S. Marocco, situato nelle fondamenta di Castel Sant'Angelo, dove morì, sempre prigioniero, il 23 luglio 1498. La stessa sera il suo corpo venne portato nella chiesa di S. Maria in Traspontina, dove fu sepolto senza cerimonie ecclesiastiche.

Fonti e Bibl.: Johannes Burchard, Liber notarum, a cura di E. Celani, in Rer Ital. Script., 2aed., XXXII, 1-2, ad Indicem, s. v. Flores; P. Menzi, Relatio ohm habita coram... Alexandro Papa VI in Consistorio publico ... super Brevibus Apostolicis per B. Floridum..., Romae 1547; W. von Hofmann, Forschungen zur Geschichte der Kurialen Behörden vom Schisma bis zur Reformation, Rom 1914, ad Indicem, s. v. Flores; K.A. Fink, Untersuchungen über die päpsdichen Breven des 15. Jahrhunderts, in Römische Quartalschrift, XLIII (1935), p. 74; A. Serafini, Le origini della pontificia Segreteria di Stato e la "Sapienti Consilio" del b. Pio X, Città del Vaticano 1952, p. 27; F. Russo, Storia della arcidiocesi di Cosenza, Napoli 1958, pp. 128, 456-458; T. Frenz, Das Eindüngen humanistischer Schriftformen in die Urkunden und Akten der päpsdichen Kurie im 15. Jahrhundert, in Archiv für Diplomatik, XX (1974), p. 468; F. Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, Indici, I, Roma 1980, p. 225, s. v. Floridi; T. Frenz, Die Kanzlei der Päpste der Hochrenaissance (1471-1527), Tübingen 1986, pp. 240, 298, 344; Schedario Baumgarten. Descrizione diplomatica di bolle e brevi originali da Innocenzo III a Pio IX, a cura di S. Pagano, IV, Eugenio IV - Pio IX (An. 1431-1862), Città del Vaticano 1986, nn. 8350 s.; C. Eubel, Hierarchia catholica Medii aevi, II, Monasterii 1914, pp. 142, 244; Dictionn. dhist. et de géogr. ecclés., XVII, col. 635.

Vedi anche
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flòrido
florido flòrido agg. [dal lat. florĭdus, der. di florere «fiorire»]. – 1. Che è in fiore, fiorito o fiorente: un f. prato; Canta dell’api del suo florid’orto (L. Rucellai). Più spesso, che è in stato di prosperità, che gode di visibile...
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