FILIPPESCHI, Bartolomeo
Nato in Orvieto, probabilmente tra il 1160 e il 1180, figlio di Filippo, è il primo personaggio storicamente certo della sua famiglia e, almeno da un punto di vista documentario, il vero capostipite. Del padre Filippo, vissuto nella seconda metà del XII secolo, che, con buona probabilità, ha dato il nome alla casata, non abbiamo notizia alcuna.
Membri della famiglia Filippeschi compaiono, fin dal 987, nella lista, per la più parte opera di fantasia, dei consoli della città di Orvieto, redatta dall'erudito cinquecentesco Cipriano Manente, ma i documenti certi risalgono solo ai primi anni del Duecento; maggiore attendibilità deve essere accordata, invece, al cronista quattrocentesco orvietano Luca di Domenico Manenti, che pone all'origine delle due maggiori casate orvietane - i Monaldeschi ed i Filippeschi - l'appropriazione dei beni delle famiglie comitali presenti in Orvieto (prefetti di Vico e conti Bovacciani), grazie ai matrimoni contratti tra le figlie dei conti e i capostipiti delle due famiglie orvietane. Questa affermazione non è dimostrabile, ma è indicativa del mutamento politico avvenuto in seguito alla politica di restaurazione e recupero del Patrimonium sancti Petri nella Tuscia avviata da papa Innocenzo III. Questa iniziativa favorì infatti l'insorgere sulla scena politica orvietana di nuove famiglie a discapito delle casate comitali ostili a questa strategia.
I documenti pervenutici attestano la presenza del F. sulla scena politica orvietana per circa vent'anni dal 1200 al 1220. Tutti gli atti nei quali compare in veste di testimone riguardano i rapporti intrattenuti da Orvieto con la città di Siena o l'acquisizione, da parte del Comune, di territori posti nel contado orvietano. Nel 1200 il F. fu tra i testimoni alla sottomissione di Chiusi e Monte Luculo, mentre nel 1201 venne eletto tra i dodici sindaci che ratificarono l'acquisizione del castello di Lugnano in Teverina e una nuova definizione dei confini con Todi. Nell'agosto 1202 il F. fu tra i primi orvietani "de maioritate et popularibus" a giurare l'osservanza del patto di alleanza militare ed economica stipulato da Orvieto con la vicina Siena. Tale alleanza era principalmente tesa alla spartizione, fra le due città contraenti, delle terre appartenenti ai conti Aldobrandeschi e fu la base della complessiva politica estera perseguita dal Comune di Orvieto, nella quale il F. ricoprì un ruolo di primo piano. Nel gennaio 1203 presenziò, insieme con Pepo Prudenzi, "consul mercatorum", alla stesura del documento che permetteva a Siena di stipulare un accordo di amicizia con il conte Aldobrandino: patto di amicizia nel quale è possibile ravvisare un atto di sottomissione; il 3 giugno dello stesso anno presenziò alla sottomissione del conte a Orvieto.
L'acquisizione delle terre aldobrandine - che impegnò la politica estera orvietana fino al 1216 - rivestiva per Orvieto un carattere di priorità non soltanto perché la loro estensione - secondo gli accordi senesi - era pari a tutto il contado orvietano, ma anche perché la sconfitta inflitta dai Fiorentini all'esercito senese-orvietano ad Asciano, nel 1207, aveva chiuso per sempre le mire espansionistiche di entrambe le città verso nord.
Il F. ricompare nella documentazione pubblica nel settembre 1215, allorché risulta presente alla stesura degli atti di sottomissione del visconte di Campiglia, le cui terre erano poste tra la Val di Lago e il territorio aldobrandesco. Nel luglio del 1222, infine, fu presente al rinnovo dell'atto di sottomissione da parte dei fratelli Aldobrandeschi.
Dopo questa data non si hanno più notizie del F. che dovette morire poco tempo dopo.
Ebbe almeno cinque figli maschi, fondatori di cinque distinti rami familiari, come risulta dal catasto orvietano del 1292: Filippo, Giovanni, Raniero, Guido ed Enrico. Filippo, suo primogenito, compare nella vita pubblica orvietana nel 1202, quando firmò anch'egli gli accordi intercorsi fra le città di Siena ed Orvieto. Attivo fra il 1220 ed il 1240 non sembra aver avuto ruoli di grande importanza nella vita politica orvietana e si limitò probabilmente a mantenere le posizioni raggiunte dal padre. Degli altri figli del F., Giovanni, indicato nel 1216 come "connestabile militum", Raniero e Guido, furono anch'essi attivi nella vita pubblica orvietana fra il 1220 ed il 1240, ma non eguagliarono l'intenso impegno diplomatico e politico dell'altro fratello, Enrico.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Terni, Sez. di Orvieto, Instrumentari, n. 866, cc. 12v, 17r; n. 867, cc. 1r, 6v, 10v, 26v; n. 868, cc. 7v, 28r; Annales Urbevetani, a cura di L. Fumi, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XV, 5, 1, p. 138; Luca di Domenico Manenti, Cronaca, a cura dello stesso, ibid., p. 280; Cronache sanesi, a cura di P. Fedele, ibid., XV, 6, pp. 245, 334; Codice diplom. della città di Orvieto, a cura di L. Fumi, Firenze 1884, pp. 49, 52, 54, 70 s., 98 s.; G. Cecchini, Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, I,Siena 1931, pp. 74-78; C. Manente, Historie, I-II, Vinegia 1561-67, passim; A. Ceccarelli, Dell'historia di casa Monaldesca, Ascoli 1580, p. 22 e passim;M. Monaldeschi, Commentari historici, Venetia 1584, passim; G. Rondoni, Orvieto nel Medioevo, in Arch. stor. ital., XVIII(1886), pp. 258-282; XIX (1887), pp. 383-402; D. Waley, Medieval Orvieto. The political history of an Italian City-State, 1157-1344, Cambridge 1952, pp. 152-155 e passim; E. Carpentier, Orvieto à la fin du XIIIe siècle. Ville et campagne dans le cadastre de 1292, Paris 1986, pp. 200, 264; J. C. Maire Vigueur, Comuni e Signorie in Umbria, Marche e Lazio, in Storia d'Italia (Einaudi), VII, 2, Torino 1987, pp. 156-159 (per la famiglia).