FIADONI, Bartolomeo (Tolomeo, Ptolomeo da Lucca)
Nacque da una famiglia di mercanti lucchesi intorno al 1240. Secondo un'affermazione di Guglielmo di Tocco fatta nel corso del processo di canonizzazione di s. Tommaso d'Aquino, il F. nel 1318 aveva ottantadue anni; sarebbe quindi nato nel 1236. Suo padre, Rainone, aveva altri figli, Omodeo, Amadeo e Puccio. Tra i mercanti lucchesi i Fiadoni dovevano occupare un livello medio; nel 1284 un Omodeo Fiadoni, probabilmente fratello o nipote del F., risulta membro di una societas di mercanti. Sulla vita e sulla formazione del F. prima del suo ingresso nel convento domenicano lucchese di S. Romano non si hanno notizie.
I primi documenti che riguardino il giovane frate lo trovano vicino al suo grande confratello Tommaso d'Aquino. Il capitolo provinciale dei domenicani aveva incaricato l'Aquinate di istituire uno studio teologico dell'Ordine, per il quale fu prescelto come sede il convento di S. Domenico a Napoli. È probabile che il F. abbia accompagnato Tommaso nel viaggio da Roma a Napoli alla fine dell'estate 1272, ma non sappiamo se già prima facesse parte della sua cerchia. In ogni caso, tra il 1268 e il 1272 il F. non si trovava a Parigi con Tommaso, ma in Toscana. A Napoli il F. intrattenne sicuramente uno stretto rapporto, anche intellettuale, con Tommaso e collaborò con lui per l'erezione dello studio. Le testimonianze sulla vita dell'Aquinate che il'F. inseri nella sua Historia ecclesiastica sono molto significative, cosicché egli può essere considerato il primo biografo di s. Tommaso d'Aquino.
Nei confronti del doctor universalis il F. era pieno di sincera ammirazione; lo definisce l'"organum mirum spiritus sancti" (Hist. eccl., XXII, 15). I capitoli 11-15 del libro XXIII della Historia ecclesiastica contengono anche un catalogo, non privo di errori, ma abbastanza sicuro delle opere di Tommaso, compilato ad Avignone probabilmente intorno al 1309. Che il F. fosse molto legato all'Aquinate dimostra anche il fatto che egli era suo confessore. A Napoli seguì l'insegnamento di Tommaso negli anni 1272-74, come egli stesso riferisce nella Historia ecclesiastica (XXIII, 8). Non si trovava però con lui, quando il 7 marzo 1274 Tommaso d'Aquino morì nel monastero cistercense di Fossanova, mentre si dirigeva al concilio di Lione (ibid., XXIII, 9).
Come si può desumere da precise affermazioni contenute nei suoi Annali, nel 1274 il F. era sicuramente tornato in Toscana, fermandosi a Lucca e nel 1276 a Pisa in occasione del capitolo generale dei domenicani. Ma per gli anni tra il 1276 e il 1282 non sappiamo molto dell'attività del Fiadoni. Ad ogni modo nel 1282 la sua vita errabonda di frate mendicante lo condusse in Provenza: negli Annali parla infatti di una flotta vista nei pressi di Tarascona. Da certe sue osservazioni nella Historia ecelestastica (XXIV, 4, 14-16) si deduce che nel 1285 si trovava ancora nella Francia meridionale. Nonostante alcuni indizi negli Annali, èattestato che nel 1285 era in Italia, priore del convento di S. Romano a Lucca e che sempre a Lucca nel 1287 preparava il capitolo generale. La presenza del F. nella sua città natale a partire dal 1285, interrotta soltanto da un soggiorno a Firenze, e ampiamente comprovata dai documenti conservati negli archivi lucchesi. Nel 1288, sempre in qualità di priore di S. Romano, partecipò al capitolo generale tenuto a Lucca, e il capitolo provinciale dello stesso anno lo nominò predicatore generale. Ancora nel 1289 il F. compare più volte nei documenti lucchesi.
Nel 1293 sembra essersi recato nuovamente nell'Italia meridionale, forse a Napoli. Nel 1294 fu a Perugia, quando venne eletto Celestino V (Pietro da Morrone) e assistette alla sua consacrazione, avvenuta il 29 agosto all'Aquila, come egli stesso afferma nella Historia ecclesiastica (XXIV,29). Più tardi fu presente a Napoli quando Celestino V rinunciò al papato. Il suo resoconto costituisce una fonte primaria per questi eventi drammatici ed unici nella storia del Papato medioevale.
Nel settembre del 1299 fu nominato definitor per il capitolo generale dell'anno successivo a Marsiglia. Dal luglio del 1300 fino al luglio del 1302 fu priore del famoso convento di S. Maria Novella a Firenze. In questa veste fu presente a Colonia al capitolo generale dei domenicani, dove insieme con Remigio dei Girolami rappresentò la provincia romana dell'Ordine. Durante questo priorato ebbe luogo la lotta tra bianchi e neri, in seguito alla quale Dante fu costretto a lasciare la città. Di queste vicende il F. parla nei suoi Annali con molta obiettività. È probabile che egli fosse stato messo a capo del convento fiorentino in quanto forestiero, per garantire il più possibile la neutralità dei domenicani nei conflitti cittadini. Sempre come priore di Firenze l'anno successivo presenziò al capitolo generale del suo Ordine a Bologna, ove funse di nuovo come definitor. La presenza del F. a Firenze non è documentata dopo il 1302.
Di nuovo a Lucca, il F. sembra esservi rimasto senza grandi interruzioni dal 1303 fino al 1308 (nel maggio e nel dicembre 1303 èattestato come priore). In quegli anni lavorò principalmente agli Annali. Alla fine del 1303 fece parte di una legazione cittadina incaricata di chiedere la sospensione di un interdetto contro il clero di Lucca al papa domenicano Benedetto XI, che in dicembre si trovava a Perugia. L'anno dopo il capitolo generale ebbe luogo a Tolosa e secondo la cronaca domenicana romana il F. vi prese parte come elector.
Nel 1306 una certa Agnese Volpelli lasciò in eredità al F. 800 lire "pro amore Dei et ob dilectionem, quam habeo erga fratrem Ptolomeum"; anche la contessa Capoana aveva provveduto nel suo testamento a molte donazioni in favore dei frati di S. Romano, (la contessa morì probabilmente il 26 dic. 1308). Per assicurare questi lasciti al suo convento, il F. in quanto esecutore testamentario, dovette farsi rilasciare due brevi da Clemente V ed è verosimile che per questa ragione si recasse ad Avignone.
Dal 1309 fino al 1319 il F. risiedette prevalentemente ad Avignone. Sicuramente già in uno dei suoi numerosi viaggi precedenti aveva stretto con la Curia pontificia relazioni, che ora lo portarono a prestare servizio come cappellano e familiare presso il cardinale Leonardo da Guarcino, detto il Patrasso. Il F. tornò in Italia al seguito del Patrasso e nel 1310 lo troviamo nell'esercito papale che conquistò Ferrara contro Venezia. Il cardinale prima della sua morte, avvenuta a Lucca il 7 dic. 1311, mentre si recava all'incoronazione di Enrico VII, il 30 novembre nominò il F. suo esecutore testamentario, lasciandogli 30 fiorini d'oro. Dopo la morte del Patrasso il F. passò in breve tempo al servizio di un altro cardinale, il domenicano G.P. Godin e, restando sempre presso la Curia avignonese, lavorò alla Historia ecclesiastica. IlF. dedicò l'opera, in data anteriore al 22 dic. 1316, al Godin, della cui famiglia faceva parte al più tardi dal 1312. Di altri viaggi che forse il F. fece in Itafia non ci sono riscontri. Il F. si trovava al seguito del Godin, quando questi il 12 sett. 1317 ottenne il titolo della Sabina.
L'ultima fase della vita del F. s'inizia il 15 marzo 1318, quando Giovanni XXII lo nominò vescovo di Torcello. Se veramente fosse nato nel 1236, a quel tempo il F. avrebbe avuto ottantadue anni, certamente non ne aveva meno di settantacinque. Per il momento il F. restava ad Avignone per essere ascoltato nel processo di canonizzazione di Tommaso d'Aquino, come risulta dalle informazioni di Guglielmo di Tocco. Fece la sua deposizione nell'agosto 1318 e 1319.
Il 17 nov. 1319 il F. prestò obbedienza al patriarca di Grado, Domenico, suo confratello, che era stato vescovo di Torcello. L'assegnazione di una diocesi fu sicuramente un riconoscimento del servizio svolto dal F. per l'Ordine e la Chiesa, ma a causa dell'età egli si rivelò non più all'altezza del compito assegnatogli. Per coprire le notevoli spese connesse con l'ufficio, il F. aveva contratto a Lucca un prestito di 250 fiorini coi fratelli Sbarra, che l'11 ag. 1318 aveva già restituito. In ogni caso i parenti che lo seguirono a Torcello in breve tempo lo misero in difficoltà. Giunto nella sua diocesi, si trovò implicato in un logorante conflitto con la badessa dell'abbazia benedettina di S. Antonio, Beriola, della famiglia veneziana degli Zeno alla cui elezione egli si era opposto, appellandosi poi, ad elezione avvenuta, al papa contro il patriarca. Ciò comportò per il F. la scomunica, inflittagli dal patriarca di Grado ed in seguito annullata per intervento di Giovanni XXII.
In occasione di questa controversia il patriarca sollevò pesanti rilievi sulla "mala administratio" del vescovato. Le critiche non erano rivolte solo contro il F., che era stato persino segregato nel suo palazzo, ma anche contro l'arciprete Iacopo, il magister Federico da Siena e i nipoti del F. Pucanello, Coluccio e Landuccio. Sembra che questi nipoti, creditori dell'anziano e forse anche confuso F. per 150 fiorini d'oro, lo avessero strumentalizzato, come confermò anche il doge veneziano G. Soranzo nel 1327.
In occasione delle cerimonie solenni tenute nell'estate 1323 per la canonizzazione di Tommaso d'Aquino il F., in quanto suo confratello, si recò ad Avignone presso la Curia papale. Già in precedenza si era rivolto a Giovanni XXII per ottenere l'annullamento della scomunica. Il 1º dic. 1322 il papa intervenne in suo favore e il 15 marzo lo reintegrò nel suo ufficio. Morì tra il 13 marzo e il 2 giugno 1327.
Il F. è noto soprattutto per le sue opere di carattere storico. I suoi Annali pergli anni 1063-1303, tramandati in due versioni iniziate dopo il 1270 e rielaborate tra il 1303 e il 1306-07 (ediz. critica a cura di B. Schmeidler, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Germ., n.s., VIII, Berlin 1930) e la Historia ecclesiastica terminata all'inizio del 1317, di cui si conservano più di venti manoscritti (un'edizione critica a cura di L. Schmugge è in preparazione), furono per i tempi suoi opere innovative. Concependo soprattutto. la storia della Chiesa come "Summa historiae", durantei suoi viaggi egli scandagliò mnumerevoli archivi e biblioteche; si atteneva di solito abbastanza fedelmente alle sue fonti. Nell'introduzione all'Historiaecclesiastica ilF. presenta sinteticamente quelle fonti; ma la sua cronologia è incerta e la trattazione della storia generale non priva di prolissità. Il F. stesso fa riferimento ad un'altra sua opera storica, la Historia tripartita, che forse però non completò mai e della quale non ci sono giunti manoscritti.
Il secondo campo della sua attività di scrittore fu la teoria politica, elaborata in base al diritto canonico. La sua riflessione riguardava soprattutto i rapporti tra potere imperiale e potere ecclesiastico, tra imperium e sacerdotium, con l'obiettivo di provare la superiorità della monarchia papale. Il punto di vista del F. quanto alla definizione del rapporto tra potere temporale e spirituale è nettamente gerarchico: ogni forma di governo e tutte le azioni politiche e sociali dipendono "a papa per Christum"; in questa visione anche la donazione di Costantino non fu un dono sovrano dell'imperatore, ma una doverosa restitutio.
Le opere che il F. dedicò a questa tematica sono la Determinatio compendiosa de iurisdictione imperii che il F. volle presentare anonima, pare intorno al 1300; la continuazione del De regimine principum di Tommaso d'Aquino, composto probabilmente a Firenze intorno al 1300-02; il Tractatus de origine ac translatione et statu Romani imperii, anch'esso anonimo e composto intorno al 1308 (l'attribuzione al F. non è però del tutto sicura); infine il Tractatus de iurisdictione ecclesiae super regnum Siciliae et Apuliae, composto tra il 1308 e il 1314.
Di testi propriamente filosofico-teologici è giunto sino a noi soltanto il cosiddetto Exaemeron, in cui è notevole l'evoluta psicologia. In quest'opera il F. si riferisce soprattutto ad Alberto Magno e a Tommaso d'Aquino.
Nei suoi scritti il F. menziona occasionalmente altre opere che intendeva scrivere, ma che evidentemente non furono realizzati. È anche poco probabile che abbia scritto le vite dei papi Bonifacio VIII, Benedetto IX e Clemente V, contenute nella continuazione della Historia ecclesiastica.
Per i manoscritti e le edizioni delle opere del F. si veda T. Kaeppeli-E. Panella, Scriptores Ordinis praedicatorum Medii Aevi, IV, Roma 1993, pp. 318-325, che contiene anche un'ampia bibliografia.
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