BARTOLOMEO di Iacopo
Era figlio di un Manfredo di Iacopo, notaio, di stirpe nobile, il quale giunse sui primi del Trecento da Chiavari a Genova, dove ricoprì la carica di cancelliere della Repubblica dal 1317 al 1320, fu ambasciatore della parte guelfa al re Roberto d'Angiò nel 1331, e morì nel 1363, ottenendo sepoltura sulla porta del chiostro di San Domenico. B. fu notaio e dottore in legge. Sposò una Salvagia, figlia di Giorgio Cardinali, dalla quale ebbe un figlio, Battista. Possedette due case in Genova, nella parrocchia di Sant'Ambrogio.
Lo troviamo notaio del podestà di Genova nel 1360; membro del Consiglio degli Anziani nel 1362; ambasciatore della Repubblica presso il papa Urbano V ad Avignone nel 1364, nella quale occasione assunse la protezione dei mercanti genovesi ad Avignone, a Nimes, a Montpellier. Nel 1365 andò come console nella colonia di Caffa. Dopo la parentesi di un decennio per il quale non abbiamo notizie, lo ritroviamo nel 1376 a Firenze come ambasciatore di pace insieme con Niccolò Spinelli, da Giovinazzo per conto della Santa Sede durante la guerra degli Otto Santi: le trattative fawrono, ma i Fiorentini stessi riconobbero in una lettera agli Anziani di Bologna il forte interesse di B. per le questioni politiche italiane. Rientrato a Genova, nel 1380 B. si occupò degli emendamenti agli statuti cittadini; nel 1381 e nel 1384 fece nuovamente parte del Consiglio deglì Anziani; nel 1384 venne inviato come ambasciatore al re Giovanni I di Castiglia, in guerra con Giovanni I di Portogallo per la corona portoghese. In quel medesimo anno fu ambasciatore a Milano presso Gian Galeazzo Visconti. Fra il 1385 ed il 1389 soggíomò, non sappiamo per quanto tempo, alla corte viscontea, dove entrò in rapporto con il giureconsulto Giovanni di Paoluccio Manzini della Motta da Fivizzano e fece parte del sodalizio di dotti, giuristi, teologi, esperti di ogni scienza, che Gian Galeazzo raccoglieva intorno a sé e che si riuniva nella biblioteca del castello di Pavia. Mori, probabilmente a Genova, tra la fine del 1389 e la prima decade del 1390,, lasciando una cospicua biblioteca in parte a Genova, in parte a Pavia ed a Milano, presso il figlio Battista.
Conoscente del Petrarca, che gl'indirizzò l'epistola IV del libro XXI delle Familiari, amico di Coluccio Salutati, che gli rivolse altissime lodi, seppure di maniera secondo lo stile dell'epoca, in una lettera da Roma del 16 genn. 1369, B. non può considerarsi umanista nel senso proprio del temùne, ma deve semplicemente annoverarsi tra quei giuristi e uomini politici del suo secolo che coltivarono largamente gli studi classici e letterari soprattutto a scopo retorico. Delle diverse orazioni, che sappiamo essere state da lui composte, ci è nota soltanto, nel ms. Ambrosiano B.116 sup., quella scritta nel 1388 per Pietro Filargo, fl futuro papa Alessandro V, allora vescovo di Vicenza, nella quale non si riscontrano pregi particolari. Fu, comunque, uomo di vasta cultura: la biblioteca ch'egli raccolse nel corso della sua esistenza, ricca di un centinaio di codici, di cui quindici si trovavano nella residenza genovese alla morte del proprietario, tutti gli altri nelle residenze milanese e pavese, rappresenta un complesso librario assai notevole, degno di essere ricordato sia come entità patrimoniale sia, soprattutto, come specchio del gusto e degl'interessi di un letterato genovese del sec. XIV. Comprendeva, oltre ai testi fondamentali del diritto canonico e civile ed alle principali opere di esegesi giuridica, una trentina di classici, alcune cronache medievali, scritti politici, filosofici e letterari di autori, più o meno recenti, di particolare rilievo, quali Giovanni di Salisbury, Pier Lombardo, San Tommaso d'Aquino, Egidio Romano, Pier delle Vigne, Dante, Petrarca.
Bibl.: F. Novati, Umanisti genovesi del secolo XIV. Bartolomeo di Iacopo, in Giornale Ligustico, XVII (1890), pp. 23-41; E. Garin, La cultura milanese nella Prima metà del XV secolo, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, p. 549 n. 6.