CAPRA, Bartolomeo della
Detto anche "Capriger" nelle poesie, nacque a Cremona, probabilmente tra il 1360 e il 1370, da Francesco, il quale si deve identificare molto verosimilmente con il giurista attivo a Milano dal 1348.
Fin dal 1388 il C. era impiegato nella cancelleria di Francesco Gonzaga signore di Mantova. Di quel periodo è conservata una sua lettera autografa indirizzata il 28 apr. 1389 da Mantova a Galeazzo Buzzoni segretario del Gonzaga (la lettera reca nel sigillo una testa di capra). Nel 1390 lo troviamo a Roma e a Rieti nella Curia pontificia, dove assisté il fratello Giovanni che trattò col papa come procuratore del Gonzaga. Le trattative furono riprese dal solo C. nel maggio del 1391.
Negli anni successivi il C. entrò al servizio di papa Bonifacio IX: nel dicembre dell'anno 1394 egli venne nominato tabellione pontificio; dal 1401, se non da qualche tempo prima, era anche scrittore, nel 1403 esercitava contemporaneamente le funzioni di computatore. Nel 1400 divenne segretario del cardinale Cosimo Migliorati, che accompagnò nel conclave, dal quale quest'ultimo, il 17 ott. 1404, uscì papa col nome di Innocenzo VII.
L'elevazione del suo protettore alla più alta carica della Chiesa si rivelò decisiva per l'ulteriore carriera del C., che divenne segretario pontificio (in questa qualità è ricordato per la prima volta il 27 ott. 1404) e cubiculario (estate 1405). Dopo aver ottenuto la prepositura di San Giuliano Milanese, il 17 luglio 1405 fu nominato, benché provvisto dei soli ordini minori, vescovo di Cremona. Rimase tuttavia in Curia, dove era tra i più fidati collaboratori di Innocenzo VII, fino alla morte di lui; si diceva che avesse grande influenza sul papa. Dopo la fuga del pontefice da Roma nell'agosto del 1405, accompagnò da Viterbo i condottieri incaricati della riconquista di Castel Sant'Angelo ed esercitò in Roma le funzioni di commissario pontificio - carica della massima importanza, visto che anche l'antipapa Benedetto XIII tentò di guadagnar terreno nella città eterna - fino al ritorno della Curia nel marzo del 1406.
Rimase segretario pontificio anche durante il pontificato di Gregorio XII, trattenendosi nella Curia, prima a Roma, poi a Viterbo, Siena e Lucca, dove nel maggio del 1408 (o più tardi) deve aver abbandonato il papa come la maggior parte dei funzionari curiali.
Probabilmente passò presto dalla parte dei cardinali che allora si distaccarono quasi tutti dai due papi rivali, Gregorio XII e Benedetto XIII, con l'intento di comporre lo scisma che divideva la Chiesa conducendo direttamente le trattative. Ad ogni modo il C. visitò il concilio di Pisa convocato dai cardinali, ma non si iscrisse nella lista dei presenti; il 27 maggio 1409 comunque fece una deposizione nel processo istituito contro i due pontefici concorrenti Gregorio XII e Benedetto XIII.Alessandro V, eletto nel corso del concilio dopo la deposizione dei due papi scismatici, nominò il C. referendario pontificio, mentre si trovava ancora a Pisa. Anche in questa veste il C. rimase presso la Curia che seguì a Pistoia e a Bologna.
Quivi il nuovo papa Giovanni XXIII, con il quale il C. intratteneva rapporti confidenziali già nei primi giorni dopo la sua elezione, avvenuta il 17 maggio 1410, lo incaricò il 9 giugno successivo di riformare la disciplina ecclesiastica nel ducato di Spoleto e nelle diocesi confinanti di Terni, Amelia e Rieti, e di tentare di conquistare alla sua causa i partigiani dei due papi deposti.
Ma già l'anno seguente troviamo il C. dalla parte avversa. Il 15 ott. 1411 Gregorio XII, che in quel momento si trovava a Gaeta, lo nominò commissario con il compito di propagare la sua causa nello Stato della Chiesa e soprattutto a Roma. In conseguenza Giovanni XXIII depose il C. e concesse il vescovato di Cremona resosi in tal modo vacante ad altra persona. Pare che in quel periodo il C. si sia trattenuto alla corte di Milano; aveva infatti continuato a coltivare i rapporti con la natia Lombardia anche durante il suo soggiorno in Curia. Riuscì a guadagnarsi la piena fiducia di Facino Cane, il quale poco prima di morire (16 maggio 1412) lo incaricò di eseguire le sue ultime volontà, affidando alle sue cure soprattutto la vedova Beatrice e il giovane duca Filippo Maria Visconti, il matrimonio successivo dei quali pare sia stato opera proprio del Capra.
Nonostante fosse stato deposto, egli continuò a fregiarsi del titolo di vescovo di Cremona nei numerosi documenti che tra il giugno del 1412 e 11 novembre del 1413 attestano la sua presenza alla corte di Filippo Maria, a quanto pare come uno dei suoi più stretti consiglieri. Fu tra i procuratori che prestarono a nome del duca il giuramento di fedeltà e di obbidienza al re Sigismondo, il 23 ott. 1413 a Sala Capriasca (presso Tesserete, al nord di Lugano), promettendogli nello stesso tempo aiuto e il mantenimento della pace in Lombardia. Il C. era anche presente quando il 15 novembre successivo il Visconti fu investito del ducato di Milano dagli incaricati del re a Cantù.
L'eminente posizione alla corte del duca gli fruttò l'arcivescovato di Milano, considerato vacante sin dal 1411, dato che l'arcivescovo Giovanni Visconti nominato nel 1405 da Gregorio XII non vi era più riconosciuto e l'arcivescovo Francesco Crepa promosso nel 1409 da Alessandro V doveva essere morto proprio in quel periodo. Il 7 febbr. 1414 Giovanni XXIII elevò il C., che considerava per la sua precedente deposizione "episcopus in universali ecclesia", alla sede arcivescovile di Milano. Tutte le testimonianze disponibili assicurano che egli poté conservare il possesso indisturbato della sua diocesi pur risiedendo per più di tredici dei suoi venti anni di episcopato lontano da Milano.
Poco tempo dopo la sua nomina si reco al concilio di Costanza, dove la presenza del C. è attestata per la prima volta nel maggio del 1415, quando figura come testimone nel processo intentato contro Giovanni XXIII.
A quanto pare egli colse l'occasione per vendicarsi della deposizione pronunciata ai suoi danni da questo papa; in ogni caso la sua testimonianza è talmente intrisa di affermazioni velenose ed esagerate che c'è da dubitare seriamente della sua veridicità. Nei mesi successivi partecipò attivamente, fra i prelati più in vista, ai dibattiti del concilio, finché nell'agosto fu scelto a far parte di un'ambasceria che si doveva recare in Italia e in particolare da Gregorio XII e nello Stato della Chiesa con il compito di promuovere l'unione e la riforma della Chiesa e il bene dei sudditi pontifici. Nell'aprile del 1416 era di ritorno a Costanza. Nelle controversie dell'anno 1417 figura come uno dei più stretti fautori di Sigismondo, a lungo in aperto contrasto con la maggioranza dei cardinali e della nazione italiana nel concilio. Nonostante ciò, dopo la composizione del conflitto la nazione italiana lo scelse fra i sei prelati che dovevano eleggere nel conclave, insieme ai cardinali e ai rappresentanti delle altre nazioni, il papa dell'unione: Martino V (II nov. 1417). La circostanza che egli partecipò a questo avvenimento, il più importante di tutto un concilio durato quattro anni, e altre fonti testimoniano che il C. si qualificò come una delle personalità più eminenti; ma, a detta dei contemporanei, con il suo atteggiamento nei confronti dei cardinali si giocò la chance di essere mai elevato alla porpora.
Il buon accordo con Sigismondo, instauratosi nel corso del concilio, aprì al C. un nuovo campo d'azione per il quale l'attività politica e diplomatica svolta in precedenza dovette qualificarlo agli occhi del re. Questi lo nominò suo consigliere e lo tenne presso di sé anche dopo la conclusione del concilio.
Dopo essere stato presente a Costanza ancora il 10 maggio 1418, nel luglio figura al seguito del re a Haguenau, nel novembre a Passau e nel giugno del 1419 a Košice (Kaschau) in Slovacchia, dove Sigismondo lo incaricò di indurre l'Ordine teutonico a concludere la pace con la Polonia: infatti, il 19 luglio poté proclamare a Grudzia̢dz (Graudentz), sul confine tra la Polonia e la Prussia, la proroga di un anno dell'armistizio. All'inizio del gennaio 1420 attese a Wroclaw (Breslavia) l'arrivo del re che vi tenne una Dieta. Rimase al seguito di Sigismondo per lo meno fino alla fine di marzo e vi ritornò di nuovo nell'agosto a Kutná Hora (Kuttenberg). Nell'aprile e nel maggio del 1421 invece aspettò invano a Norimberga il re, il quale non visitò la Dieta da lui convocata.
All'inizio del 1422, a quanto pare, Sigismondo inviò il C. come suo consigliere e ambasciatore al papa Martino V a Roma, dove la sua presenza è attestata sin dal 9 febbraio. In un primo momento egli rappresentò gli interessi dell'Ordine teutonico; anche Filippo Maria Visconti non tralasciò di approfittare della presenza del suo vecchio consigliere in Curia: il 7 luglio conferì al C., in quel momento assente, ed a altri ambasciatori i pieni poteri di trattare con il papa, i suoi fratelli e i cardinali, l'eventuale matrimonio del duca con la nipote di Martino V. Catelina Colonna. I pieni poteri gli vennero rinnovati, il 2 settembre, ma ora doveva trattare anche la conclusione di una lega che doveva comprendere anche il re di Sicilia Luigi III d'Angiò, e trattare con il sovrano stesso l'eventuale matrimonio del duca con la sorella del re. Maria. Ma tutti questi progetti non andarono in porto. In quegli anni il C. consolidò la sua fama come uno dei più rinomati diplomatici dell'Europa, i cui servizi erano preziosissimi per i suoi stretti rapporti con il re dei Romani e il duca di Milano, nonché col papa, di cui era stato uno degli elettori. Alla fine del 1422 il C. risulta ancora presente a Roma; il 23 febbr. 1423 fece il suo solenne ingresso a Milano, dopo un'assenza di otto anni.
Dell'attività pastorale svolta dal C. negli anni successivi non è noto quasi niente; è molto probabile che egli abbia affidato tali compiti, come già in precedenza, ai suoi vicari generali. Molto di più invece sappiamo della sua partecipazione al movimento umanistico: in esso egli svolse un ruolo piuttosto di mecenate che di uomo di lettere, anche se si interessò attivamente della ricerca dei classici, alcuni dei quali ritrovò per primo. Già ai tempi della sua carriera di Curia aveva cercato codici. Poté continuare queste sue ricerche con buoni risultati durante il concilio di Costanza, i viaggi successivi e le visite agli antichi monasteri della sua diocesi. Ancora alla fine della vita approfittò del suo soggiorno a Basilea per andare alla ricerca di codici. Dato che la sua biblioteca, certamente molto ben fornita, è andata completamente perduta, sappiamo di queste sue ricerche quasi esclusivamente dalla sua corrispondenza intrattenuta con i più illustri eruditi del suo tempo, e, in misura minore, dagli epistolari di altri umanisti: era in rapporti epistolari con Leonardo Bruni, che gli dedicò la sua traduzione dell'orazione di Demostene Pro Ctesiphonte (1407), con Poggio Bracciolini, con Uberto e Pier Candido Decembrio, che gli dedicò la raccolta delle sue lettere giovanili (1433), con Guarino Guarini Veronese e Gasparino Barzizza, con l'arcivescovo di Genova Pileo de Marini, con cui discuteva soprattutto della situazione politica della Chiesa (1423-26), con Antonio Beccadelli detto il Panormita, al quale appianò la strada per ottenere il posto di poeta aulico del duca di Milano (1429), e con Cosma Raimondi; noti sono i contatti personali del C. con altri esponenti del movimento umanistico. Il C. era considerato dai contemporanei un uomo colto (anche se non è noto che egli abbia studiato presso un'università), ma soprattutto veniva rilevato il suo amore per lapoesia. Scrisse versi, ma si è conservato soltanto un discorso di accoglienza in esametri (pubbl. in A. de Luschis, Carmina, Patavii 1858, pp. 68 s.); molto ammirato era il suo stile epistolare. Non si può dire che le sue qualità ecclesiastiche fossero all'altezza della sua cultura umanistica e delle sue capacità politiche e diplomatiche.
La politica e la diplomazia restarono al centro dell'attività del C. anche negli ultimi anni di vita. Nel 1427 il Visconti lo mandò dal papa, per trattare la conclusione della pace tra gli Stati italiani. Passò l'estate e una parte dell'autunno a Roma. Poco tempo dopo lo troviamo fra gli incaricati di Filippo Maria che il 2 dicembre sottoscrissero a Torino il trattato di pace e di reciproco aiuto con il duca di Savoia, cedendogli Vercelli e concludendo per procura il matrimonio del Visconti con Maria di Savoia figlia maggiore di Amedeo VIII. Il duca di Milano lo nominò poi governatore di Genova come successoredel cardinale Iacopo Isolani, con uno stipendio annuo di 10.000 libbre genovesi. Il C. arrivò a Genova il 28 febbr. 1428 e si preoccupò nella qualità di governatore soprattutto del mantenimento della pace all'interno e all'esterno. Fu richiamato solo nel 1431, quando il duca giudicò più opportuna la sua presenza a Milano, trattandosi di un problema di primaria importanza per la politica milanese, i rapporti cioè con il re dei Romani. Il 25 novembre il C. incoronò Sigismondo nel duomo di Milano con la corona di ferro. Quando il re lasciò Milano il 17 dicembre era ovvio che il C. lo accompagnasse fino a Piacenza insieme agli altri incaricati del duca che avevano il compito di discutere con Sigismondo le questioni ancora pendenti. Il C. si trattenne al seguito del re fino alla fine di febbraio del 1432.
Nel frattempo era stato aperto il concilio di Basilea e sin dall'ottobre 1431 Filippo Maria cercò di indurre il C. a recarvisi. Informò il concilio, con una lettera del 18 febbr. 1432, che si sarebbe già messo in viaggio se non fosse stato trattenuto dagli affari di Sigismondo. Ora, il 27 febbraio, ricevette però una lettera di raccomandazione del re, che lo pregava di curare i suoi interessi a Basilea come aveva già fatto al concilio di Costanza.
Giunse a Basilea il 15 aprile e il giorno successivo fu incorporato nel concilio, insieme con gli ambasciatori del duca di Milano.
Cominciò subito a dispiegare una laboriosa attività, favorito dalla stima della quale godeva per la sua lunga esperienza nelle questioni di politica ecclesiastica, l'abilità diplomatica e la cultura retorica. Era membro stabile della "Deputatio pro communibus", la quale, secondo l'ordinamento del concilio, era responsabile delle questioni generali, della direzione degli affari, dell'invio di lettere e di ambasciatori ecc., e della quale fu più volte presidente. Frequentemente gli furono affidati anche compiti speciali, di solito nell'ambito di una delle numerose commissioni formate appositamente per trattare questioni d'interesse immediato. Varie volte fu eletto a far parte della Commissione generale composta di dodici membri, nel seno della quale furono discusse tutte le questioni prima che passassero alle quattro deputazioni permanenti e alla Congregazione generale. Dopo il cardinal legato Giuliano Cesarini il C. è uno dei personaggi più citati negli atti del concilio.
La sua attività nel concilio è attestata l'ultima volta il 31 luglio 1433. Il 18 settembre il concilio, in una congregazione generale, accordò al C., già "ad mortem infirmatus", il permesso di disporre per testamento dei suoi beni: egli istituì suo erede la Fabbrica del duomo di Milano.
Morì il 1º ott. 1433 a Basilea.
Il suo corpo fu trasportato nello stesso giorno, con una solenne processione, nel duomo e ivi sepolto (Conc. Bas., V, pp. 63 s.). Le esequie furono celebrate l'8 ottobre e l'orazione funebre, che è conservata, fu tenuta dal provinciale dei carmelitani di Lombardia (non da Antonio Ricci, abate di S. Ambrogio di Milano). Maffeo Vegio che gli aveva dedicato poco tempo prima, il 15 marzo 1431, la sua opera De verborum significatione e priscorum iurisconsultorum scriptis, compose due epitaffi per lui, alcuni versi dei quali si possono leggere ancora oggi sulla pietra sepolcrale nel duomo di Basilea.
Fonti e Bibl.: H. von der Hardt, Magnum oecumenicum Constantiense concilium, IV, Francofurti et Lipsiae 1699, ad Indicem (anche in Acta concilii Constanciensis, a cura di H. Finke, IV, Münster 1928, p. 967); J. du Mont, Corps universel diplomatique du droit da gens, II, 1, Amsterdam-La Haye 1726, pp. 193-202; E. Martène - U. Durand, Veterum scriptorum et monumentorum... amplissima collectio, VIII, Parisiis 1733, coll. 62, 65; L. Bruni, Epistolae, a cura di L. Mehus, Florentiae 1741, I, pp. 44, 88 s., 97; II, pp. 28, 177-179; A. Beccadelli, Epistolae Gallicae, in J. Gruterus, Lampas sive fax artium liberalium, III, Lucae 1747, pp. 105-110, 152 s.; P. Bracciolini, Epistolae, a cura di T. de Tonellis, I, Florentiae 1832, pp. 80, 309 s.; L. Scarabelli, Paralipomeni di storia piemontese, in Arch. stor. ital., XIII(1847), p. 215 n. 4; Monumenta concil. generalium seculi decimi quinti, I-II, Vindobonae 1857-73, ad Indices; A. Theiner, Codex diplom. dominii temporalis S. Sedis, III, Romae 1862, p. 139; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze, a cura di C. Guasti, I, Firenze 1867, p. 101; L. Osio, Documenti diplom. tratti dagli archivi milanesi, II-III, Milano 1869-77, ad Indices; F. Palacký, Urkundliche Beiträge zur Geschichte des Hussitenkrieges, I, Prag 1873, pp. 46, 94,214; O. Raynaldus, Annala ecclesiastici, a cura di A. Theiner, XXVII, Parisiis Barri-Ducis 1874, p. 114; Deutsche Reichstagsakten, VII, VIII, X, XI, München 1878 - Gotha 1906, ad Indices; L. Leonij, Giovanni XXIII e il Comune di Todi, in Arch. stor. ital., s. 4, IV (1879) pp. 195 s.; Le carte strozziane del R. Arch. di Stato in Firenze. Inventario, I, 1, Firenze 1884, pp. 564 s.; H. Finke, Forschungen und Quellen zur Gesch. des Konstanzer Konzils, Paderborn 1889, pp. 311-314; Codex epistolaris saeculi decimi quinti, a cura di A. Lewicki, II, in Monum. medii aevi historica res gestas Poloniae illustrantia, XII, Cracoviae 1891, p. 143; H. Finke, Zum Konzilsprojekte Innocenz VII., in Römische Quartalschrift, VII(1893), p. 484; Regesta Imperii, XI, Die Urkunden Kaiser Sigmunds, a cura di W. Altmann, I-II, Innsbruck 1896-1900, ad Indicem; G. Romano, Contributi alla storia della ricostit. del ducato di Milano sotto Filippo Maria Visconti, in Arch. stor. lomb., XXIII (1896), pp. 272, 275; Concilium Basiliense, I, II, V, VI, Basel 1896-1925, ad Indices; M. Souchon, Die Papstwahlen in der Zeit da grassen Schismas, I, Braunschweig 1898, pp. 281, 283 s.; F. Ehrle, Martin de Alpartils Chronica actitatorum, I, Paderborn 1906, p. 537; Regio Arch. di Stato in Lucca. Regesti, IV, a cura di L. Fumi, Lucca 1907, ad Indicem; R. Sabbadini, Ottanta lettere del Panormita tratte dai codici milanesi, Catania 1910 ad Indicem; H. V. Sauerland, Urkunden und Regesten zur Gesch. der Rheinlande aus dem Vatikanischen Archiv, VII, Bonn 1913, p. 22; Inventari e regesti delR. Archivio di Stato in Milano, I-II, Milano 1915 e 1920-29, ad Indices; Epistol. di Guarino Veronese, a cura di R. Sabbadini, I, III, Venezia 1915-19, ad Indicem; Der Briefwechsel des Eneas Silvius Piccolomini, a cura di R. Wolkan, II-III, 1, Wien 1912-18, ad Indices; Acta concilii Constanciensis, a cura di H. Finke, II-IV, Münster 1923-28, ad Indicem; F. Fossati, Per la storia di Filippo Maria Visconti, III, Nomina di B. della C. a governatore di Genova, in Archivio storico lombardo, LI (1924), pp. 504-506; L. Bruni, Humanistisch-philosoph. Schriften, a cura di H. Baron, Leipzig-Berlin 1928, ad Indicem; Repertorium Germanicum, II, a cura di G. Tellenbach, Berlin 1933, col. 108; K. A. Fink, Die polit. Korrespondenz Martins V. nach den Brevenregistern, in Quellen und Forschungen aus italien. Archiven und Bibliotheken, XXVI(1935-36), pp. 175, 226, 232; Acta concilii Pisani, a cura di J. Vincke, in Römische Quartalschrift, XLVI (1938), pp. 191, 286 s.; Regesta historico-diplom. Ordinis S. Mariae Theutonicorum, I, 1 e II, Göttingen 1948, ad Indices; Die Berichte der Generalprokuratoren des Deutschen Ordens an der Kurie, III, a cura di H. Koeppen, Göttingen 1966-71, ad Indicem; Die Staatsverträge des Deutschen Ordens in Preussen im 15.Jahrhundert, a cura di E. Weise, I, Marburg 1970, ad Indicem; A. Largiadèr, Die Papsturkunden der Schweiz, II, Zürich 1970, p. 134; Carteggio di Pileo de Marini,arcivescovo di Genova, a cura di D. Puncuh, in Atti della Soc. ligure di storia patria, LXXXV (1971), 1, ad Indicem; A. Palestra, Visite pastorali di Milano. Inventario, Roma 1971, p. 569; D. Bossius, Gestorum dictorumque memorabilium et temporum ac conditionum et mutationum humanarum ab orbis initio usque ad eius tempora liber(Chronica Bossoniana), Mediolani 1492, c. 167'; I. Stella, Annales Genuenses, in L. A. Muratori, Rer. Italic. Script., XVII, Mediolani 1730, coll. 1300 s., 1303; A. de Billiis, Rer. Mediolan. hist., ibid., XIX, ibid. 1731, coll. 36-38, 109, 134, 156; Aeneas Sylvius Piccolomineus, De viris illustribus, in Bibliothek des literarischen Vereins in Stuttgart, I, 3, Stuttgardiae 1842, pp. 28 s.; E. Windecke, Denkwürdigkeiten zur Gesch. des Zeitalters Kaiser Sigmunds, a cura di W. Altmann, Berlin 1893, ad Indicem; P. C. Decembrio, Opuscula historica, in Rer. Ital. script., 2 ed., XX, 1, a cura di A. Butti - F. Fossati - G. Petraglione, p. 172; G. Giulini, Mem. spettanti alla storia,al governo e alla descrizione della città e campagna di Milano, VI, Milano 1857, pp. 155-157, 200, 211, 266, 331 s.; C. Guasti, Gliavanzi dell'archivio di un Pratese vescovo di Volterra, in Arch. stor. ital., s. 4, XIII(1884), pp. 36 s.; C. Braggio, Giacomo Bracelli e l'umanesimo dei liguri al suo tempo, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXIII (1990), pp. 14 s., 54, 83, 101, 140-143; R. Sabbadini, Storia e critica di alcuni testi latini, in Museo ital. di antichità classica, III (1890), ad Indicem; Id., Cronologia document. della vita del Panormita e del Valla, in L. Barozzi-R. Sabbadini, Studi sul Panormita e sul Valla, Firenze 1891, pp. 3, 25 s., 29-32, 40 s.; M. Borsa, Pier Candido Decembrio e l'umanesimo in Lombardia, in Arch. stor. lomb., XX(1893), pp. 29-31; Id., Un umanista vigevanasco del sec. XIV, in Giorn. lig. di arch., storia e lett., XX (1893), pp. 99 s., 201, 210; F. Gabotto, L'attiv. polit. di P. C. Decembrio,ibid., pp. 163, 178 s., 186, 189; D. Sant'Ambrogio, La tomba nella cattedrale di Basilea dell'arcivescovo milanese B. C. colà morto l'anno 1433, in Arch. stor. lomb., XXIV (1897), pp. 386-394; F. Novati, B. Della C. ed i primi suoi passi in corte di Roma,ibid., XXX (1903), pp. 374-387; R. Sabbadini, Le scopertedei codici latini e greci ne' secc. XIV e XV, Firenze 1905, ad Indicem; H. Kochendörffer, PäpstlicheKurialen während des grossen Schismas, in NeuesArchiv, XXX(1905), pp. 565, 579; F. Gabotto, La guerra tra Amedeo VIII e Filippo Maria Visconti, in Boll. della Soc. pavese di storia patria, IX (1909), pp. 9, 17, 20 s., 180-184; R. Sabbadini, Niccolò da Cusa e i conciliari di Basilea alla scoperta dei codici, in Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 5, XX (1911), pp. 18, 22-245, 26 s., 31; W. von Hofmann, Forsch. zur Geschichte der kurialen Behörden, II, Rom 1914, p. 107; H. Bellée, Polen und die römische Kurie in den Jahren 1414-1424, Berlin-Leipzig 1914, pp. 45 s.; R. Sabbadini, Storia e critica di resti latini, Catania 1914, ad Indicem; Id., Come il Panormita diventò poeta aulico, in Arch. stor. lomb., XLIII (1916), pp. 7 s., 10 s., 13, 17 s., 22-28; H. Finke, Zur Charakteristik des Hauptanklägers Johanns XXIII. auf dem Konstanzer Konzil, in Miscell. Francesco Ehrle, III, Roma 1924, pp. 157-163; F. Fossati, in P. C. Decembrio, Opusc. hist., cit., pp. 208-215 (ampia nota biografica); A. Corbellini, Note di vita cittadina e universitaria pavese nel Quattrocento, in Boll. della Società pavese di storia patria, XXX (1930), pp. 39, 42-48; B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae…, Città del Vaticano 1931, p. XXXIV; V. Zaccaria, L'epist. di Pier Candido Decembrio, in Rinascimento, III (1952), pp. 87, 96, 102; G. Resta, Lo epistolario del Panormita, Messina 1954, ad Indicem; E. Cazzani, Vescovi e arcivescovi di Milano, Milano 1955, pp. 216-219; St. di Milano, VIe IX, Milano 1955-61, ad Indicem; G. Billanovich, Il Petrarca e i retori latini minori, in Italia medioevale e uman., V(1962), pp. 138-140; G. Soldi Rondinini, Ambasciatori e ambascerie al tempo di Filippo Maria Visconti, in Nuova riv. stor., XLI(1965), pp. 315 s.; L. Capra, Contributo a Guarino Veronese, in Italia medioevale e umanistica, XIV(1971), pp. 232, 234; Dict. d'Hist. et de Géogr. Eccl., XI, col. 927; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indices; C. Eubel, Hierarchia catholica, I, Monasterii 1913, pp. 215, 333.