Bartolomeo da San Concordio
Frate domenicano; nacque presso Pisa nel 1262, studiò a Bologna e a Parigi, fu lettore di retorica e di diritto a Firenze e a Pisa, ove visse gli ultimi vent'anni della vita, fondò la libreria di S. Caterina e morì (1347).
Mente aperta e versatilissima, B. è uno dei più significativi rappresentanti della cultura enciclopedica francese, rinnovata sul finire del secolo XIII dal vivace gusto dell'intelligenza toscana. Lasciò opere di grammatica, di diritto, di volgarizzazione storiografica e di riflessione morale. Come grammatico, fu un convinto ammiratore della Poetria nova di Goffredo di Vinsauf, di cui stese un commentario; come giurista, lasciò fama di sé per la Summa Bartolina (1338), repertorio di diritto canonico e civile; come volgarizzatore, per una robusta versione di Sallustio; come moralista, riunì esempi e sentenze sia cristiane che pagane in quattro trattati (I: Delle disposizioni naturali; II: Di virtudi; III: Di vizi; IV: Delle cose di ventura) che insieme costituiscono la silloge De Documentis antiquorum, stesa primamente in latino e poi volgarizzata dallo stesso B. (Ammaestramenti degli antichi) per suggerimento di Geri Spini. A quest'opera, conservata manoscritta fino al 1585 (prima edizione del senese Orazio Lombardelli), poi ristampata sempre più frequentemente, si raccomanda soprattutto il suo nome, che lo pone col Cavalca e col Passavanti al vertice della cultura domenicana del Trecento. Si tratta di una gnomica tutt'altro che pedantesca, anche se ottenuta frantumando i classici; e il suo fascino consiste specialmente nel taglio rapido e nello spirito organizzativo con cui il dotto frate riuscì a costruire un proprio discorso sul mosaico dell'altrui.
Le attinenze dantesche sono molteplici, e consistono soprattutto nel comune sottofondo culturale che utilizza, accanto ai classici e alle fondazioni speculative tomiste - ovvie in un domenicano - le sorgenti sapienziali mediolatine, da Beda a Vincenzo di Beauvais, da Tommaso Kildariense a Rabano Mauro. Ma più le pagine sull'ingegno naturale, sulla memoria, sull'arte dello scrivere e del predicare rivelano una cordiale adesione a quella poetica dell'intelligenza che è forse il tratto più comune alla cultura pisana e fiorentina del primo Trecento: e molti luoghi topici, anche emblematici (la cera da plasmare, le tenebre da schiarire, l'agone da correre) sono comuni agli Ammaestramenti e alla Commedia o al Convivio.
Bibl. - Chronica antiqua conventus Sanctae Catharinae de Pisis, Firenze s.d., 521-529; B. Puoti, Elogi, Lucca 1846; A. Stefanucci Ala, Sulla vita e sulle opere di fra' B., Roma 1938; Gius. Manacorda, Fra' B. da S. Concordio grammatico e la fortuna di Gaufredo di Vinesauf in Italia, in Raccolta di studi di storia e critica letteraria dedicati a F. Flamini, Pisa 1918, 139-152; A. Teetaert, B. de Pise ou de S.C., in R. Naz, Dictionnaire de Droit canonique, Parigi 1935-50, II 213-219; G. De Luca, Prosatori minori del '300, Milano-Napoli 1954, 49-82.