BARTOLOMEO da Prato detto Boccanera
Figlio di Gherardaccio di Geri, forse un consorte o un parente dei potenti Guazzalotri, e di una non meglio nota madonna Francesca, nacque nel 1351. La sua nascita coincide con la fine della libertà comunale di Prato, caduta sotto la giurisdizione di Firenze, e l'esilio delle famiglie che alla annessione si erano opposte con la forza e fra le quali figurava anche quella del padre del neonato Bartolomeo, cui i contemporanei dettero fin da giovane il soprannome di Boccanera, donde poi il cognome (Bocchineri) ai discendenti di lui.
A diciassette anni fu dal padre affidato alla guida di messer Giovanni di Azzo degli Ubaldini, capitano di buona fama e forse zio del ragazzo, perché lo addestrasse nelle armi. Nel 1379 fu bandito da Firenze con molti altri "per essere venuti in sul contado di Firenze ad ardere e far danno contro la loro patria" (Marchionne di Coppo Stefani, p. 371). Nel 1380 B. è ad Arezzo nella compagnia di S. Giorgio, comandata da Alberico da Barbiano; ivi il giovane soldato pratese, insieme con i fuorusciti fiorentini Tommasino da Panzano e Luigi dei Beccanugi, partecipò il 14 settembre di quell'anno alla uccisione di Giovanni di Mone, ambasciatore di Firenze venuto a incoraggiare gli Aretini perché non si dessero in mano a Carlo di Durazzo. Non sembra che l'assassinio del diplomatico fiorentino turbasse minimamente Carlo di Durazzo, anzi egli ebbe B. fra i più cari di quanti lo seguirono alla conquista di Napoli. In riconoscimento dei servizi prestati, dopo la conquista B. fu eletto per "uno dei quattro consiglieri di guerra del Regno",, con una pensione di cento ducati al mese e la signoria delle terre di San Felice e di Ruvo.
Nel 1382 la Repubblica fiorentina toglieva il bando a tutti gli esuli pratesi e così B. poteva rientrare in patria. Nel marzo del 1386, al soldo di Francesco da Carrara, fu inviato a Conegliano insieme con Filippo Tibertelli da Pisa; ivi assalì le forze scaligere, ma, dopo un primo successo, fu sopraffatto dai fanti guidati da Ostasio da Polenta e catturato. Comunque nel 1387 era al servizio di Firenze (non sappiamo però quando sia stato assoldato, ma ciò, evidentemente, era avvenuto poco dopo il suo rientro in patria) per essere impiegato contro Giovanni di Azzo degli Ubaldini, già suo maestro d'armi, e contro Gian Galeazzo Visconti duca di Milano, in quel momento tutto proteso nel tentativo di espansione verso il sud. Dopo tregue e paci più o meno fittizìe, nel 1395 riprese violenta la guerra tra Firenze e Milano e l'anno seguente la Repubblica fiorentina assoldò B., che da poco era stato creato cavaliere, con mille fanti e duemila cavalli. Per impedire le offese dei Pisani contro l'aheata Lucca, B. fu subito inviato in territorio lucchese e nel giugno di quello stesso anno (1396) egli, coi Gambacortì e con il conte Nicola da Montescudaio, marciò contro Pisa, senza però ottenere alcun risultato.
Quando il comune pericolo spinse Bologna, Venezia e i signorì di Padova, Ferrara e Mantova ad allearsi con Firenze, B. fu inviato con Antonio degli Obizzi nel Ferrarese e nel Mantovano per porre un argine alle truppe milanesi (1396).
Nel 1397 B. fu di nuovo assoldato dalla Repubblica fiorentina, ma il comando generale dell'esercito venne dato a Bernardo de Serres, gentiluomo guascone. Il lungo servizio prestato al soldo di Firenze e la reputazione fin'allora goduta avevano fatto credere a B. che il grado assegnato al guascone gli spettasse di diritto, e quindi la discordia fra i due capi esplose immediata, e violenta: dai capi dilagò negli eserciti e il de Serres si vide negata dai soldati del pratese quella ubbìdienza che legittimamente gli era dovuta nella sua qualità di comandante supremo. La gelosia e l'ambizione fecero il resto: Bernardo de Serres (il Bernardone delle cronache del tempo), prendendo occasione da una spedizione compiuta da B. in territorio pisano senza il suo permesso, lo fece arrestare e il 3 luglio 1397 gli fece mozzare la testa sulla piazza di Colle Val d'Elsa.
B. aveva sposato Antonia di Filippo Guazzalotri, appartenente a ricca e potente famiglia pratese; ne ebbe due figli: Carlo, primogenito, e Bartolomeo che, nato poco prima della tragica fine del B., ripetette il nome del padre. Da loro trassero origine i Bocchineri di Prato.
Fonti e Bibl.: Ephemerides Urbevetanae,in Rerum Italic. Scriptores, 2 ediz., XV, 5, a cura di L..Fumi, I, pp. 250 s., 398; Galeazzo e Bartolomeo Gatari, Cronaca Carrarese, ibid.'XVII, 1, a cura di A. Medin e G. Tolomei, pp. 244, 269; Leonardi Aretini Historiarum florentini populi libri XII, ibid., XIX,3, a cura di E. Santini e C. Di Pierro, pp. 269, 270, 272, 273; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, ibid., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, pp. 371, 379; C. Guasti, Bartolomeo Boccanera capitano di ventura,in Calendario pratese. Memorie e studi dì cose Patrie, IV (1848), poi ristampato (ma senza l'appendice di documenti), in C. Guasti, Opere, 1, Scritti storici, Prato 1894, pp. 54-68.