BARTOLOMEO da Casetelvetro (Bartolomeo de' Barbieri)
Nacque il 10 genn. 1615 da Lorenzo e da una Agostina, discendente anch'essa dalla ragguardevole famiglia dei Barbieri o Barberi di Castelvetro nel Modenese (e non Castelvecchio, come erroneamente nel Mazzuchelli). Vestito l'abito dei cappuccini a Faenza il 16 dic. 1631, fece professione un anno più tardi, e presto venne investito dal suo Ordine di molti incarichi: fu guardiano a San Martino d'Este (1648), a Bozzolo (1650), a Finale (1652), a Fidenza (1660) ed infine guardiano e definitore a Modena (1679). Fondò il monastero delle terziarie francescane di Spilamberto e per un certo tempo ne fu il direttore spirituale, scrivendo per loro le Regole e costituzioni che vennero pubblicate a Modena solo nel 1752.
Si fece fama di buon oratore, come testimonia il Muratori in un suo sonetto, ma la sua personalità si espresse maggiormente sul piano del cosidetto apostolato politico, come consigliere spirituale dei principi di Sabbioneta, dei duchi di Parma e soprattutto come confessore-teologo dei duchi di Modena, Francesco II e Rinaldo; a quest'ultimo già nel 1687, quando da poco era stato creato cardinale, B. aveva dedicato il suo Cursus theologicus.
Fin dal 24 ag. 1652 il p. generale Fortunato da Cadore lo aveva proposto come lettore a Piacenza; in realtà B. ne ebbe l'investitura solo nel 1665 (passò poi, nel 1667, con tale carica a Ferrara), forse per le sue tendenze bonaventuriane, a cui è legata la sua fama, ma che erano in contrasto con il dominante scotismo. Per curare l'edizione della maggiore delle sue opere bonaventuriane, che gli venivano pubblicate dagli Anisson e dagli Arnaud di Líone, egli dovette infatti nel 1686 allontanarsi dalla sua provincia religiosa, quella di Parma, provincia che prima, nel 1679, si era distaccata da quella di Bologna, nel quadro di un riordinamento, sollecitato dai duchi di Modena, e a cui non era stato estraneo B., che vi aveva svolto parte non trascurabile. Tornato a Modena, vi morì il 24 ag. 1697.
Nelle sue opere più significative B. si propone di valorizzare e risistemare i temi bonaventuriani. A Lione, presso gli Arnaud, nel 1677 uscirono i Flores et fructus philosophici ex Seraphico Paradiso excerpti seu cursus philosophici ad mentem S. Bonaventurae, che vennero dedicati a Francesco II d'Este, e presentati da B. come un manuale per tre corsi scolastici "in modemorum usum", già chiaramente basati su quelle raccolte di luoghi bonaventuriani da lui preannunciate in quest'opera e che sarebbero dovute uscire in seguito sempre a Lione, editi dagli Anisson col titolo di Tabula seu index generalis (in 2 voll., 1681) e di Glossa seu summa ex omnibus S. Bonaventurae expositionibus in S. Scripturam (in 4 voll., 1681-85). A questi seguì un'altra opera più sommariamente espositiva e d'impronta nettamente scolastica, il Cursus theologicus ad mentem Seraphici Doctoris, in 2 voll., opera che apparve a Lione nel 1687 e a Parigi nello stesso armo.
Queste opere, tutte legate a un comune motivo ispiratore, sono il frutto di una medesima organica ricerca. La Tabula, come i Flores,vuole riesporre temi e argomenti bonaventuriani secondo una sistemazione moderna; l'opera si rifà all'esempio dato da Pietro da Bergamo per s. Tommaso e giustifica tale impostazione secondo il principio dell'ordine, forma del cosmo. Quanto al lavoro della Glossa,legato a un'impostazione più conservatrice, esso viene giustificato da B. per il carattere di molteplice significanza che presenterebbero i termini della Scrittura, a differenza di quelli "univoci" delle altre scienze e dottrine, sia meccaniche sia intellettuali, necessariamente subordinate come ancelle alla teologia, ove soltanto trovano consistenza e completamento. Di fronte a queste posizioni così tradizionali la Tabula si presenta invece con una ricca informazione su testi religiosi eterodossi e su filosofi moderni; essa, ad eseinpio, discute Hus, Leonardo Bruni, Ficino, Pico, Achillini, Pomponazzi, Copemico, Cremonini, Zabarella e Francesco Bacone, e inoltre, come è ovvio, si richiama a tutti i nomi maggiori della seconda Scolastica. Nella Tabula il primo volume tratta della logica, il secondo della fisica e dei prolegomeni alla filosofia; nei Flores invece B. si propone una sintesi generale, analoga a quelle del Faber e ad altre varie opere di gesuiti su s. Tommaso. I testi di s. Bonaventura vengono usati più liberamente per sciogliere le difficoltà espositive e per dar modo a B. di svolgere affermazioni originali come fossero conseguenze tratte da premesse bonaventuriane.
Va messo in luce come B. polemizzi contro gli interpreti precedenti (Teodoro Foresti da Bergamo, Gaudenzio Bontempi, Pietro Trigoso, ecc.); secondo il Pobladura, B. terminerebbe la serie dei teologi cappuccini del sec. XVII seguaci di s. Bonaventura e ne intenderebbe meglio degli altri la dottrina. Iú interessante notare inoltre come B. nella sua esposizione, per altro alquanto prolissa (egli se ne giustifica adducendo la necessità di chiarire quelle dottrine - bonaventurìane che erano allora in contrasto con l'opinione comune delle scuole), accordi raramente s. Bonaventura con s. Tommaso e i tomistì, più spesso con Scoto e i suoi seguaci. A questo proposito B., anche allo scopo di premunirsi contro l'eventuale accusa di aver snaturato le dottrine bonaventuriane con incongrue analogie, sul filo di una polemica che aveva già investito una parte degli interpreti di s. Tommaso, spiega questi accostamenti con lo scotismo, avanzando l'ipotesi di una influenza bonaventuriana su Scoto, dal momento che questi entrò nell'Ordine francescano proprio quando vi dominavano le dottrine di s. Bonaventura, dalle quali si sarebbe in seguito allontanato sviluppando temi suoi originali, talvolta - come appariva agli occhi di B. - contraddittori (come nel trattato sulle Formalitates e nella fisica).
Oltre a queste opere esegetiche, ma pur sempre sulla linea degli stessi interessi, scrisse anche un opuscolo oggi rarissimo, Esercizìo della presenza di Dio (Modena, A. Cassiani, 1673), e una inedita e perduta Theologia mystica del Seraphico... ovvero Pratica della Presenza di Gesù Cristo Dio e uomo, dedicata al cardinale Rinaldo d'Este (posteriore quindi al 1686, data dell'elezione a cardinale di Rinaldo e perciò difficilmente identificabile con la precedente, salvo supporre una nuova edizione aggiornata quanto alla dedica) .
Di B. possediamo anche una Relatione distinta J quant'occorse gl'anni 1603 e seguenti nelle terre di Finale... per opera del p. Fra, Gerolamo Paolucci da Forlì,edita nel 1927 a Forlì. Documenti relativi a B. si trovano nell'Archivio di Stato di Modena e in quelli provinciali dei cappuccini di Bologna e di Modena. Egli non va confuso con un omonimo francescano della provincia di Toscana, che per la sua arte fu detto "l'aromatario" e pubblicò un Liber Distinctionum, ricordato (Mazzuchelli) da Antonio da Terinca e da Giovanni da S. Antonio.
Bibl.: D. Degni, Compendio univer. istorico, Modena 1699, all'anno 1697; G. Lami, Memorabilia italor. erudit., I, Florentiae 17-42, p. 230; Bernardo da Bologna, Script. Cappucc., Venetiís 1746, pp. 4, 36; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, p. 306; B. Boneui, Prodromus ad opera omnia S. Bonaventurae, Bassano 1767, CoI. 109; G. Tiraboschi, Bibl. moden., Modena 1781, I, pp. 157 ss.; S. Bonaventura, Opera Omnia, Quaracchi 1883,1, p. LXXII; L. Wadding, Scriptores ord. fratrum minor., Romae 1906, p. 37; L. Rinaldi, Castelvetro e le sue chiese. Gli uomini illustri, Modena 1909, pp. 226-228; E. Gilson, La Philosophie de S. Bonaventure, Paris 1924, pp. 476 ss.; P. Geny, Brevis conspectus hist. philos., Romae 1928, p. 234; Domenico da Montecuccolo, Un insigne teologo cappuccino, in Frate Francesco, V (1928), pp. 103 ss.; Agustin de Comìero, Capuchinos Precursores del p. B. Barberis en el estudio de S. Bonaventura, in Collect. Francisc., 1 (1931), pp. 184-215, 362-374; III (1933), pp. 67-80, 209-228, 347-83, 518-70; Melchior da Pobladura, El p. P.Trigoso de Calatayud promotor de los estudios bonaventurianos ..., B. Barberis, ibid., V (1935), pp. 416-17; A. Gemelli, Il francescanesimo, Milano 1939, p. 178; Felice da Mareto, Tavole dei Capitoli generali dell'ordine dei F. M. cappucc., Parma 1940, pp. 173-175; Id., Bibl. Cappucc. Provinc., Bologna 1947 (con bibl.); Dict. de la Bible, I, p. 1475; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VI, p. 641.