CORBINELLI, Bartolomeo
Nacque a Firenze intorno al 1349, figlio primogenito di Tommaso e della sua prima moglie, figlia di Simone Faldini. Appartenente a una delle famiglie più ricche e influenti della città, si dedicò ad attività economiche e politiche; si distinse nella vita fiorentina dopo la restaurazione del regime aristocratico nel gennalo 1382.
Alla morte dei padre, avvenuta pare dopo il 1377, il C. amministrò il vasto patrimonio familiare, tenendo unite le parti spettanti al fratello ed ai quattro fratellastri. Grazie agli investimenti terrieri, ed alla bottega d'arte della lana, essi godevano di un cospicuo reddito: nel 1390, ad esempio, pagarono una prestanza di 180 fiorini, somma che li colloca terzi nella graduatoria del loro quartiere di S. Spirito. Anche dopo la divisione coi fratelli, avvenuta poco prima del 1400, il C. continuò ad essere uno dei cittadini più ricchi di Firenze, pagando nel 1403 una prestanza di 28 fiorini (tredicesimo nel quartiere). Nella sua dichiarazione al catasto del 1427, pur essendo ormai molto vecchio ed avendo distribuito il proprio patrimonio tra i suoi figli, uno dei quali, Tommaso, redige la sua portata, il valore delle sue proprietà risulta di poco inferiore ai 10.000 fiorini: oltre alla casa propria, a Firenze, possiede terreni nel contado, nel "popolo" di S. Giorgio; mantiene interessi in una bottega d'arte della lana, ed è creditore di una somma molto grossa del debito pubblico fiorentino, Monte Comune, somma che si aggira a un valore di mercato di circa 6.000 fiorini. Matricolato da giovane nell'arte della lana, partecipò attivamente agli affari di questa, ottenendo ben otto volte il consolato di questa arte tra il 1388 ed il 1421.
La sua partecipazione alla vita dell'arte della lana, l'arte più importante in quell'arcp di storia fiorentina, è un aspetto del suo impegno nella vita politica cittadina. Appartenente ad una delle principali famiglie dell'oligarchia fiorentina che resse, il Comune a cavallo tra i due secoli, il C. ricoprì ripetutamente le principali cariche municipali. Priore nel settembre-ottobre 1383, due volte gonfaloniere di Giustizia (marzo-aprile 1405, e marzo-aprile 1411), fece parte due volte del Collegio dei dodici buonomini (settembre-dicembre 1385, marzo-giugno 1402), ed altrettante del Collegio dei sedici gon falonieri di Compagnia (settembre 1398 - gennaio 1399, e maggio-settembre 1417). In particolare i suoi interessi politici sembrano accentrarsi nel settore diplomatico-militare, come può dimostrare la sua costante partecipazione alla magistratura dei Dieci di balia. In effetti nessuno dei suoi contemporanei occupò tante volte questo ufficio (cui spettava la condotta della guerra e la gestione dei rapporti diplomatici) quante il C. che fu dei Dieci per ben sette volte dal 1394 al 1423 (1394, 1399, 1400, 1402, 1405, 1410, 1423).
La politica estera fiorentina di questi anni appare soprattutto caratterizzata dal conflitto con Milano. Come membro della magistratura dei Dieci il C. fu tra coloro che organizzarono le campagne militari del Comune e nello stesso tempo ricevette più volte l'incarico di trattative importanti. Così, per esempio, nel 1401 dopo la morte improvvisa di Giangaleazzo Visconti, ebbe occasione di svolgere negoziati col signore di Lucca (il C., secondo la testimonianza di un contemporaneo ben informato in queste cose, cioè. Bonaccorso Pitti, "era ed è singhulare amico del detto [signore] di Lucca") nell'assestamento del territorio toscano. Poco dopo fu mandato a Genova per negoziare il rilascio di merci fiorentine confiscate dal conte Boucicault. Risale a questi anni, inoltre, l'episodio più noto della sua carriera politica: la sua partecipazione all'occupazione fiorentina di Pisa.
Arresasi la città nell'ottobre 1406 dopo un lungo assedio, il C., insieme con altri due della Balia, rappresentò il Comune fiorentino nella cerimonia della resa e ricevette i simboli della sovranità pisana. L'allora signore di Pisa, Giovanni di Gherardo Gambacorti, fece entrare in città, per la porta di S. Marco, il C., Gino Capponi e Bernardo Cavalcanti. Dette quindi al Capponi le chiavi della città "in signum vere possessionis et tenute", nonché "unum. bacchulum sive verretonem in signum veri dominii et gubernationis..." che il Capponi, a sua volta, consegnò al Corbinelli. Subito dopo questo episodio, scaduto il termine del suo ufficio dei Dieci di balia, il C. i fu designato podestà di Pisa (novembre 1406). Un ventennio dopo, quando aveva già settantasei anni, fu rimandato a Pisa dove per sei mesi, dall'ottobre del 1425, ricoprì la carica di capitano di quella città.
La sua carriera politica comprende, inoltre, altri incarichi che lo impegnarono negli ultimi venticinque anni della vita. Molte volte ebbe delle responsabilità nei vari uffici fiscali del Comune; fece parte dell'uf.ficio dell'Abbondanza (1412), della Gabella del sale (1402), di quella del vino (1405), della carne (1406) e dei contratti (1409), e nel 1420 degli ufficiali incaricati di sorvegliare le gabelle di Pisa. Nel 1397 fu lo scrivano delle uscite della Camera del Comune, e due volte (1404 e 1420) svolse compiti di damerlengo della Camera; fu dei regolatori delle entrate e uscite della Camera nel 1403, e di nuovo nel 1407, fece parte degli ufficiali della Grascia (1413), della diminuzione del Monte (1415), dei Difetti (416), della Condotta (1420), e dei PuPilli (1421). Inoltre, per tre volte (1408, 1422, e 1426) fece parte degli Otto di guardia, magistratura di grandissima importanza in quel periodo, incaricata com'era della sicurezza interna dello Stato fiorentino. Infine, ebbe parte attiva in vari enti caritativi di carattere semipubblico: capitano di Orsanmichele, della Società di S. Maria del Bigallo e della Società di S. Maria della Misericordia. In tutto, ricoprì più di sessanta cariche governative (oltre a quelle nell'ambito della vita politica dell'arte della lana), un numero difficilmente superabile da qualsiasi suo contemporaneo.
Sposatosi con Ermellina di Giovanni de' Ricci, ebbe almeno quattro figli: Antonio (presso il quale la vedova del C. viveva nel 1430), Niccolò, Tommaso, e Francesca (sposata nel maggio 1423 con Giovanozzo di Francesco Pitti con una dote di 1.400 fiorini). Il C. mori tra il 1427, quando ormai aveva settantotto anni ed era "infermo" ed il 1430 quando, secondo la dichiarazione dei suoi tre figli agli ufficiali del Catasto, era già morto.
Fonti e Bibl.: Per la sua carriera politica cfr. Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 66, ff. 33r, 50r; 67, f. 6r; 78, ff. 31r, 80v, 88v, 94v, 96v, 99v, 102v, 103v, 109v, 146v, 156r, 224r, 22sr, 229r, 230r, 236v, 250r, 261r; 79, ff. 11r, 20r, 22v, 31v, 36v, 42r, 45v, 48r, 81r, 109r, 109v, 164r. I suoi incarichi come priore si trovano Ibid., Priorista del Palazzo, ff. 129r, 150v, 157r, mentre quelli nei due Collegi in Manoscritti, f. 302, ff. 17v, 18r, e quelli nell'ufficio dei Dieci di balia in Manoscritti, 271. Il riferimento al C. di B. Pitti si trova nella sua Cronica, a cura di A. Bacchi della Lega (Bologna 1905, pp. 139, 146) mentre il rapporto dei C. ai Signori dopo il suoritorno dalla missione al signore di Luca è in Arch. di Stato di Firenze, Signori - Carteggi - Rapporti di oratori, 1, f. 45v. L'episodio della resa di Pisa viene accennato da Gino Capponi, l'altro protagonista, nei suoi Commentari, in Cronichette antiche di vari scrittori, Milano 1884, e più deitagliatamente descritto nel Notarile Antecosimiano conservato nell'Arch. di Stato di Firenze, G 752 (1390-1425) ff. 164r-165v. Le cariche del C. nel governo dell'arte della lana, Ibid., Arti-Lana, 32, ff. 23v, 24v, 25v, 26r, 27v, 30v, 33v, 35r. Le prestanze degli anni 1390 e 1403 si trovano rispettivamente in Arch. di Stato di Firenze, Prestanze, 1262, f. 29v, e 1994. La sua portata al catasto del 1427, Ibid., Catasto, 17, ff. 299r-301r; quelle dei due figli Antonio e Niccolo in Catasto, 394, ff. 22v, 131v. Materiale genealogico di un certo interesse si trova a Firenze, Bibl. naz., Poligrafo Gargani, 657 e Mss. Passerini, 187. Sul C. si veda anche L. Martines, The Social World of the Florentine Humanists, Princeton, N. J., 1963, ad Indicem.