COMINO, Bartolomeo
Nacque a Venezia, nel 1550, da Girolamo e da Pasqualine Trevisan, in una famiglia di lontana origine greca e di rango cittadinesco, dimorante a S. Biagio di Castello, un cui ramo, con un'assunzione al Maggior Consiglio, fu, per breve tempo, dal 1474 al 1489, lambito dal prestigio nobiliare.
Ebbe un fratello, Francesco, che sarà "masser" - con incombenze, cioè, d'ordine amministrativo e contabile - in Arsenale, e due sorelle, Lucrezia, sposa nel 1584 a Girolamo Ferretti, ed Elisabetta, maritata nel 1591 a Ludovico Falier. Il nonno paterno, Bartolomeo (1468-1544), risulta personaggio d'un certo rilievo, ché - oltre a percorrere le varie tappe della carriera cancelleresca divenendo, nel 1524, segretario del Consiglio dei dieci ed essendo ballottato, nel 1529, per la carica di cancellier grande, toccata, peraltro, ad Andrea de' Franceschi - compose eleganti epistole latine, fu letterato ed amico di letterati sino a godere della stima e dell'appoggio di Pietro Bembo e da essere, in seguito, ricordato come "dottissimo e di acuto ingegno" (F. Sansovino, Venetia città nobilissima..., Venetia 1663, p. 595). Più slavata la figura del padre, "masser" nel corso della sua lunga vita - nato nel 1519 è ancora vivo alla fine del 1601 - dell'Arsenale e beneficiario, come egli stesso dichiara nel 1581, di rendite modestissime provenienti dagli affitti di immobili di ridotta entità (un "soler", un "mezzado", dei miseri pianoterra a Venezia; due malandate "casete" a Chioggia) e da sei "campi" nel Padovano fruttanti non più di sette quintali di "formento" e due "para di galine" all'anno (Archivio di Stato di Venezia, X Savi alle decime di Rialto, filza 159, n. 390).
Datosi giovanissimo al servizio pubblico, il C. affronta, durante la guerra antiturca, l'"agitatione del mare" alle dirette dipendenze del provveditore generale di armata Giacomo Soranzo, e quindi passa a far parte del seguito del fratello di questo Giovanni rappresentante della Serenissima a Roma. Creato straordinario di Cancelleria il 27 giugno 1571, si distingue nel 1575-76 per la solerte attività da lui prestata pur nell'infuriare della peste. Ordinano di Cancelleria il 27 dic. 1577, nel 1578-81 è segretario di Giovanni Correr ambasciatore presso la S. Sede. Segretario dei Pregadi il 21 genn. 1585, nel 1586-88 risiede nuovamente a Roma in qualità di segretario dell'ambasciatore Giovanni Gritti; per fortuna, una volta rientrato, l'esigua retribuzione di sette ducati mensili viene elevata a dodici. Apprezzando, inoltre, l'esperienza da lui accumulata negli anni romani, il Senato ritiene il C. atto ad un'attività diplomatica in prima persona: lo nomina, pertanto, il 5 nov. 1588, residente a Napoli ove il C. s'insedia nel dicembre.
Suo compito attestare al viceré il "buon animo" della Serenissima nei riguardi suoi e del re cattolico, trasmettere con puntuale diligenza le "nove" ed "avisi" di quelle e parti" nonché delle "altre" a quella "corte o pervenute, adoperarsi assiduamente per superare gli intralci all'esportazione di grani e all'arruolamento di uomini per conto di Venezia, vigilare fattivamente, in sintonia coi consoli veneti presenti nel viceregno, per la salvaguardia dei "privilegi" propri della "natione venetiana", rivendicare all'esclusiva competenza dei consoli - di contro all'infida ingerenza di qualche "ministro regio" - il recupero dei carichi dei mercantili battenti bandiera veneta naufragati. Dettagliati i suoi dispacci: annotano i contrasti tra nunzio e viceré, sottolineano i "disgusti" tra questo e la S. Sede, registrano i reclutamenti di compagnie, per l'esercito spagnolo, l'attività cantieristica per rinnovare la squadra capeggiata da Pietro di Toledo; avvisano delle devastanti incursioni turche e degli audacissimi colpi di mano corsari; informano ora del tempo più o meno favorevole ai raccolti, ora delle difficoltà finanziarie del governo, ora della "gotta" che tortura il viceré, ora dell'andamento dei prezzi degli "orzi et formenti" pugliesi di cui a Venezia s'acquistano grosse partite, ora di truci vendette di mariti traditi. Non mancano accenni al "miracoloso sangue" di s. Gennaro che da "congelato e denso" si liquefa "spumando", cui s'aggiungono quelli al "miracoloso corpo" di S. Matteo che a Salerno pare riprenda a "produr la manna"; e v'è pure un ragguaglio sul cupo "miracolo" di S. Maria dell'Arco, chiesetta presso Noia, ove a una donna imprecante contro l'immagine della Vergine si sarebbero, d'un tratto, "staccati li piedi". Ma il C. è pure attento all'"odio" violento che ribolle da "molti anni" a Capua tra la "nobiltà" e il "popolo" e soprattutto si sforza di cogliere l'angosciosa situazione d'una Napoli sovrappopolata ove - data la morsa della "carestia del vivere" - si bandiscono duemila "scolari forestieri", s'impedisce l'accesso agli stranieri, si riserba la "vendita" razionata del pane "con cartelle" ai soli "napolitani". Anche se il popolo rimane, tutto sommato, "quieto", il governo si sente minacciato dal circolare di "libelli infamatorii", ingiuriosissimi nei confronti delle autorità; donde le "taglie" evidenziate in "pubblici proclami", la promessa di consistenti "beneficii" per i denuncianti i misteriosi autori. Afflitta Napoli da una vociante folla di "poveri mendicanti" e, nel contempo, insicuro il territorio per il dilagare rovinoso di "fuorusciti" e "banditi"; giustiziato pubblicamente Ascanio Fosco, capo di quelli di Terra di Lavoro, ma, d'altro canto, impunito il saccheggio protervo, del maggio del 1592, di "Pacchiarotto" e dei suoi a Lucera. Clamorose soprattutto le gesta del terribile Marco Sciarra, il presunto vendicatore dei torti dei miseri contadini (cfr. G. Morelli, Contributi a una storia del brigantaggio..., in Arch. stor. per le prov. nap., LXXXV-VI [1968-69], pp. 291-328); questi è motivo di cruccio e imbarazzo per lo stesso C. ché l'innegabile rifugio nella Dalmazia veneta permesso a quello e ai suoi uomini provoca veementi rimostranze da parte del viceré, ancor più indignato quando apprende che navi venete non solo accolgono i malviventi costretti alla "marina abruzzese dall'incalzare dei suoi soldati, ma provvedono pure a trasportarli sulla sponda orientale dell'Adriatico. In effetti Venezia giunge ad arruolarli per combattere gli Uscocchi. Al C. non resta - specie quando il viceré precisa come Sciarra con quarantacinque dei suoi sia stato protetto e "favorito" dai "ministri" veneziani in Dalmazia - che insistere, non senza impaccio e con relativa convinzione, sulla buona fede veneta ed insinuare, contemporaneamente, "non dover esser discaro a Sua Eccellentia che si conducessero fuori del regno persone di questa sorte che molestavano di continuo..., per la qual causa anco egli sapeva haver Sua Eccellentia data intentione di conceder uno indulto al medesimo Marco Sciarra di andar alla guerra fuori del regno". E certo il C. si sente sollevato da un ingombrante peso quando può annunciare che, il 7 apr. 1593, la testa del capobanda viene recapitata al viceré, il quale, l'indomani, la fa esporre "coronata di cartone dorato" quale "publico spettacolo" cui "tutta la città" accorre.
Lasciata Napoli all'inizio di giugno del 1594, il C. è segretario del Collegio e viene deputato alla scrittura delle lettere segrete, alla traduzione delle cifre, alle suppliche e alle udienze. Nella primavera del 1601 accompagna, come segretario, l'ambasciatore straordinario a Roma Marco Venier, il quale, a missione ultimata, si prodiga nell'elogiare il Comino. Trattasi, insiste Venier, di "soggetto... qualificato et colmo di... bontà et... virtù. Egli mi è stato - precisa - nell'amor più che padre, nel... servitio figliuolo obbedientissimo... et io non ho parole da sufficientemente lodarlo". A buon diritto, il 22 dicembre, il C. - forte dei tanti "servitii" prestati e con la motivazione dei debiti contratti per rappresentare decorosamente a Napoli la Serenissima - chiede un "assignamento" che gli permetta di proseguire, serenamente e senza gravare sulle modestissime risorse della famiglia, nell'assolvimento dei suoi doveri. Una supplica la sua avallata dal cancellier grande Domenico Vico che il Senato, il 29 dicembre, s'affretta a soddisfare: in considerazione, appunto, della sua "longa valorosa et continuata servitù" e della "stretta fortuna" della sua "casa, benemerita ancor lei", concede al C. quindici ducati mensili "da essergli pagati in vita sua dalli camerlenghi di Comun". Un premio vitalizio, dunque, che irrobustisce l'esiguo stipendio. Eletto, il 2 giugno 1605, segretario del Consiglio dei dieci "per scrutinio", in sostituzione di Bonifacio Antelmi divenuto cancelliere grande, il C. figura, il 14 nov. 1610, tra i candidati al cancellierato grande che va, comunque, a Leonardo Ottobon. Quindi, nel 1620, in seguito, ad una disposizione del settembre 1619 per cui un segretario dei Dieci poteva essere temporaneamente, assegnato al Collegio o al Senato, è, di nuovo, segretario del Pregadi. Restituito alla segreteria dei Dieci nel 1621, il C. muore a Venezia il 2 dic. 1627.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Senato Secreta, regg. 86, cc. 208r-209v; 87. cc. 20r, 37v-38v, 63r, 88r-89v, 127v-128r; 88, cc. 63, 66, 72, 73v, 75r, 94r, 127v, 146, 154, 160v-161r; 89, cc. 18v-19r, 39r, 54v-55v, 66r, 93r-94v, 95r, 118v-119r, 152r; 90, cc. 15v, 19r; Ibid., Capi del Consiglio dei Dieci. Lettere di ambasciatori e rappresent., busta 19, nn. 20-27; Ibid., Senato Terra, filza 161, alla data 29 dic. 1601; Ibid., Cancellier grande, I, sub voce Bartolomeo; Ibid., Misc. Codd., St. ven. 5: G. Toderini, Cittadini ven., c. 619r; Ibid., St. ven. 11:G. Tassini, Cittadini ven., c. 67ir; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., VII 601 (7950). Misc. ven., cc. 118v, 128v; Ibid.: 1667 (8459): Tabella... dei segretari della Cancelleria…, cc. 8r 19v; Venezia, Biblioteca del Civ. Museo Correr., Cod. Cicogna, 3267/I, 3418/24, 3476/V (originali di ducali sottoscritte dal C.); F. Mutinelli, Storia... d'Italia raccontata dai veneti amb. II, Venezia 1856, pp. 161-173; Le relaz. lette al Senato dagli amb. ven., a cura di N. Barozzi-G. Berchet, s. 3, I, Venezia 1877, pp. 48 s; P. Paruta, La legazione di Roma..., Venezia 1887, I, p. 262; II, p. 76 n. 3; III, p. 55; I libri comm. ... di Venezia, a c. di R. Predelli, VII, Venezia 1907, p. 78 n. 140; G. Galilei, Le opere, (ed. naz.), II, p. 600; III, pp. 58, 319; XX, p. 423; Dispacci degli amb. veneti al Senato. Indice, Roma 1959, p. 188; Nunziature di Napoli, III, a cura di M. Bettoni, Roma 1970, p. 238; G. Matteacci, Ragionamenti politici, Venetia 1613, f. 97; F. Loredan, Delle lettere ... parte seconda, Venezia 1726, p. 281; G. N. Doglioni. Le cose notabili ... di Venetia ..., Venetia 1692, p. 325; E. A. Cicogna, Delle Inscr. Ven., I, Venezia 1824, p. 138; II, ibid. 1927, p. 335; III, ibid. 1830, p. 639; IV, ibid. 1834, p. 537; VI, ibid. 1853, p. 806; G. Oliva, Sinan-Bassà …, in Arch. stor. messin., IX (1908), p. 72 n. 2; A. De Pellegrini, Genti d'arme... di Venezia..., Udine 1915, p. 246; F. Nicolini, Frammenti veneto-napoletani, in Studi ... in on. di M. Schipa, Napoli 1926, p. 266; Id., Scritti di archivistica e di ricerca storica, a C. di B. Nicolini, Roma 1971, p. 28; C. Marciani, Lettres de change aux foires de Lanciano…, Paris 1962, p. 113; Id., Le relaz. tra l'Adriatico orient. e l'Abruzzo..., in Arch. stor. it., CXXIII(1965), pp. 37, 38; Id., Scritti di storia, Lanciano 1974, pp. 193 s.