CODA (Codi), Bartolomeo
Figlio del pittore Benedetto, come ricorda il Vasari, fu residente e attivo per lungo tempo a Rimini, dove avrebbe dipinto insieme con il padre: si firmava, infatti, "Bartholomeus Ariminensis". Molte sono le citazioni documentarie che lo riguardano, tra il 1516 e il 1563; ma, come già lamentava il Tonini (1888), scarsissime rimangono le testimonianze della sua attività pittorica, riducendosi, allo stato attuale degli studi, ad una sola sicura, l'Annunciazione della Madonna del Monte a Cesena.
Il più antico documento che lo riguarda attesta la presenza del C. a Faenza, ma non ha rapporto diretto con le cose dell'arte: è una quietanza di 10 ducati d'oro ricevuti a mutuo dal faentino Antonio Benai, in data 4 ag. 1516 (Grigioni, 1935, p. 477; Corbara, 1975, p. 127). Il 23 maggio 1524 i frati minori conventuali di S. Francesco di Rimini concedono "egregio viro magistro Bartholomeo Pictori" la facoltà di erigere un sepolcro per sé e per la sua famiglia nella cappella di S . Antonio da Padova nella loro chiesa (Tonini, 1888, pp. 233-234).
Era firmata "Bartholomeus... nsis" e datata 1528 la pala, ora dispersa, che si trovava sull'altar maggiore della Confraternita di S. Rocco a Pesaro, rappresentante la Madonna con il Bambino fra i ss. Rocco e Sebastiano e angeli (G. A. Lazzarini, Catalogo delle pitture di Pesaro, Pesaro 1783, p. 14). Il Lanzi la lodava molto: "dipinta con tanto buon metodo che in tutto sente dell'aureo secolo", attribuendola a Bartolomeo Coda. Il Milanesi, nel suo commento al Vasari, citava un quadro dello stesso soggetto di quello di Pesaro, come esistente nel Museo di Berlino, ma con una iscrizione "B.... Coda", e senza data, lasciando nell'ipotesi la possibile identificazione. Il dipinto, già in deposito al museo di Hildesheim, è andato distrutto nel 1945, ma dall'esame fotografico sembra essere del C. ancora giovane, e molto legato ai modi migliori del padre nei suoi momenti più felici.
Del 1531 è l'incarico (Novelli, 1950-51) di dipingere una pala per la chiesa di S. Domenico a Cesena, rappresentante la Madonna in trono fra i ss. Giacomo,Cristoforo e Caterina,con Dio Padre e angeli (opera non rintracciata), incarico che C. assunse assieme al padre Benedetto. Una altra importante testimonianza dell'attività del C. per Cesena è costituita dall'Annunciazione, nella prima cappella a destra della basilica della Madonna del Monte, firmata "Bartholomeus Ariminensis" e databile al 1541 perché di quell'anno è il pagamento effettuato da Federico da Montefeltro al pittore (Costa, 1766; Oretti, 1777).
È questa l'unica opera sicura del C., quella attorno alla quale la critica ha tentato alcune ottribuzioni per ricostruirne, almeno in parte, la personalità. Conservata in una ricca cornice decorata, è completata nel basamento da un tondo con la Testa di s. Giovanni nel bacile. Sono evidenti i contatti da tempo esperiti dal C. con la cultura raffaellesca emiliana, che dal secondo decennio del Cinquecento aveva formato un linguaggio comune a tutta la regione. La sua formazione sembra svolgersi infatti dagli insegnamenti del padre, ancora permeato di sedimenti quattrocenteschi, alla conoscenza dei "classicisti" emiliani, come Giacomo e Giulio Francia, Innocenzo da Imola e il Bagnacavallo, alla cui scuola il Ricci (1834) ipotizza che abbia studiato (Piraccini, 1977).
Nel 1541 il C. si impegnava a dipingere per la confraternita di S. Sebastiano a Rimini una tavola con S. Sebastiano affiancato da s. Rocco e s. Vincenzo Ferreri; secondo il Pasini (in Marcheselli, 1754, p. 247 n. 3), potrebbe corrispondere al quadro, oggi disperso, visto dall'Oretti (1777) nell'oratorio di S. Sebastianino. Un altro documento importante, perché dimostra come la famiglia si fosse bene inserita nella Rimini del tempo, è una memoria del 1º apr. 1544 in cui il C. è citato come iscritto al Consiglio dei trecento (Tonini, 1888, p. 234). In data 13 luglio 1549 il C. si impegnava a dipingere la camera del palazzo comunale di Rimini ove alloggiavano i superiori che venivano in visita alla città (opera oggi perduta: Tonini, 1888, p. 235).
Un documento del 4 nov. 1562 sembra attestare anche che il C. si fosse fatto frate, forse nell'Ordine dei domenicani: si tratta del contratto, stipulato nella cella del priore del convento domenicano di S. Domenico del Mercato a San Severino Marche, fra la famiglia Saraceni, frate Bartolomeo pittore di Rimini e suo nipote Francesco di Sebastiano per una pala che il 1º luglio 1563 i pittori dichiarano di aver terminato (Ricci, 1834, p. 108, n. 44).
Tra le opere attribuite al C. è la Madonna col Bambino fra i ss. Antonio abate,Filippo,Giacomo,Pietro,Maddalena e Caterina con s. Giovannino (Faenza, Museo diocesano) già riferita a Giacomo Francia e restituita al C. dal Corbara (1939, 1975). Oscillante fra padre e figlio (Piraccini, 1973) è la pala, asportata in epoca napoleonica dalla chiesa di S. Girolamo di Longiano, e ora a Milano (Brera), rappresentante la Madonna con il Bambino fra i ss. Lucia,Maria Maddalena,Pietro e Paolo: anche se il Corbara (1975) preferisce collocarla nell'ambito dell'opera di Benedetto, sembra più opportuno un riferimento al figlio, per quell'ampliamento compositivo che il padre non raggiunse mai. Altre recenti attribuzioni allo scarso catalogo del C. sono la lunetta con la Deposizione (Corbara, 1975) collocata sopra la Presentazione al tempio di Francesco Francia nella basilica della Madonna del Monte a Cesena, che ha portato anche il nome di Girolamo da Cotignola (Novelli, 1950-51) e di Francesco Zaganelli (Piraccini, 1973); la pala nella chiesa dei SS. Marino e Bartolomeo a Rimini, rappresentante la Madonna in trono con il Bambino e angeli fra i ss. Biagio ed Erasmo, la cui attribuzione, avanzata dal Pasini (in Marcheselli, 1754, p. 248 n. 16, ill.) è accettata dal Corbara (1975); ed un frammento con Cristo e la Samaritana (Cesena, Quadreria della Biblioteca Malatestiana), "frutto certamente maturo" (Piraccini, 1977) dell'attività del Coda.
Francesco di Sebastiano, nipote del C., è ricordato insieme con lo zio nei citati documenti dell'Archivio comunale di San Severino Marche, del 1562 e 1563 (Ricci, 1834, p. 108 n. 44), che si riferiscono alla pala. Di essa faceva probabilmente parte la Pietà ora nella Pinacoteca di San Severino che non può essere attribuita al C., perché in relazione con una cultura marchigiana di cui questo artista non fu mai partecipe; invece può essere meglio riferita a Francesco del quale costituirebbe l'unica opera finora conosciuta. L'Aleandri (1897) riporta documenti del 1560 che si riferiscono a un muratore operoso nella torre del castello di San Severino che forse è da identificare con Francesco, documentato ancora come pittore nell'anno 1576.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le Vite…, a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, p. 172; C. F. Marcheselli, Pitture delle chiese di Rimini [1754], rist. anast. a cura di P. G. Pasini, Bologna 1972, ad Indicem (in append.: M. Oretti, Pitture nellacittà di Rimini [1777], ad Indicem); G. B. Costa, Notizie de' pittori riminesi..., in Miscellanea divaria letteratura, VII, Lucca 1766, pp. 7-10; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, pp. 21 s.; P. Zani, Enciclopedia metodica... delle BelleArti, Parma 1820, I, 6, pp. 262, 346; A. Ricci, Mem. stor. delle arti e degli artisti della Marcadi Ancona, Macerata 1834, II, pp. 99 s.; Cesena, Bibl. Malatestiana, ms. 164-70-8: G. Sassi, Ecclesiografia Cesenate anno 1865, ff. 305-329; Ibid., ms. 164-70-9: Id., Memorie relative alle reliquie,dipinti,sculture,fabbriche ed altro esistente inCesena,1869; G. B. Cavalcaselle-J. A. Crowe: AHistory of Painting in North Italy [1864-65] a cura di T. Borenius, London 1912, II, pp. 307 s.; C. Tonini, in Storia civile e sacra riminese, VI, 2, Rimini 1888, pp. 233-237; V. E. Aleandri, Gli oggetti d'arte esistenti nella Civica Pinacoteca di Sanseverino Marche, in Arte e storia, XV (1896), p. 99; Id., La Pinacoteca civica diSan Severino Marche, in Le Gallerie naz. ital., III (1897), pp. 138 s.; C. Ricci, Il Tempio Malatestiano, Milano-Roma 1924, pp. 249 s., 598; C. Grigioni, La pittura faentina dalle origini alla metàdel Cinquecento, Faenza 1935, pp. 477 s.; A. Corbara, Un quadro in cerca di attribuzione, in Melozzo da Forlì, 1939, n. 6, p. 316; A. Novelli, Prime linee di una storia della Badia di S. Maria del Monte Cesena, tesi di laurea, univers. di Bologna, facoltà di lettere, anno acc. 1950-1951, pp. 204-207; O. Piraccini, Il Patrimonio culturale della provincia di Forlì, I, Gli edifici di culto del territ. delle diocesi di Cesena e di Sarsina, in Rapporti della Soprintendenza alle Gallerie di Bologna, n. 18, 1973, pp. 179 s., 202 s.; C. Mazzotti-A. Corbara, S. Maria dei Servi di Faenza, Faenza 1975, pp. 123, 126 ss.; O. Piraccini, Seconda mostra di dipinti restaurati della Raccolta comunale d'arte antica (catal.), Cesena 1977, pp. 23 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, pp. 154 s.