CHIARINI, Bartolomeo
Nacque a Roma probabilmente nella prima metà del sec. XVI; ma la sua attività di intagliatore si svolse prevalentemente a Napoli; infatti alcuni documenti lo definiscono "romano Neapoli commorante" (Faraglia, 1878).
Dopo un discepolato presso fra' Giovanni da Verona insieme con il bresciano Benvenuto Tortelli (P. Lugano, Di fra Giovanni da Verona, Siena 1905, p. 87), intraprese con quest'ultimo i lavori per la chiesa benedettina dei SS. Severino e Sossio a Napoli, allogati il 5 genn. 1560 e pagati con più di 3.000 ducati (Faraglia, 1878, pubblica stralci dei documenti, già ricordati dal Volpicella, 1853). Il coro, tuttora in loco, insieme con il leggio e le tre porte che ne fanno parte, costituisce un insieme monumentale che si impone per ricchezza e varietà di intagli.
Gli elementi decorativi si riallacciano prevalentemente alla tradizione settentrionale e trovano riscontro, in particolare per quanto riguarda il motivo delle figure in edicole al centro di ogni pannello, soprattutto nel coro di S. Pietro a Perugia, opera del 1536 di fra' Damiano da Bergamo, e in quello posteriore (1590) di S. Fortunato a Todi di Antonio Maffei. Questi elementi però sembrano provenire al coro napoletano più che dal C. dal Tortelli il quale ebbe modo di lavorare nel 1558 a Montecassino con l'intagliatore perugino Ercole Riccio, autore fra l'altro del coro del duomo di Siena, improntato ad un uguale carattere di monumentalità. Del tutto particolare invece il motivo delle statue scolpite sui braccioli degli stalli.
La maniera del C., tuttavia, non è altrimenti ricostruibile in quanto sono andate perdute le altre opere a lui riconducibili. Infatti le due colonne lignee che, insieme con quelle marmoree provenienti secondo una leggendaria tradizione dal tempio di Salomone, sostenevano il ciborio dell'altar maggiore di S. Chiara a Napoli, attribuite al C. nel 1692 dal Celano e lodate per la loro perfezione, andarono disperse in occasione della trasformazione della chiesa nel 1746 (Dell'Aja, 1961), e del resto non sono più citate nella edizione del 1858 della stessa guida del Celano curata da G. B. Chiarini. Così il tabernacolo "di disegno singolare" dell'altare della cappella di S. Domenico Soriano in S. Domenico Maggiore sempre a Napoli, ricordato come opera del C. e di Giovanni da Tivoli dal Perrotta (1828), poi dal Valle (1854), e dal Chiarini (in Celano, 1858), venne sostituito nel 1759. È andato ugualmente perduto il coro per la chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli a Napoli pagato il 24 maggio 1576 al C., a Iacopo Folfi e a Giovannangelo Manso (Filangieri, p. 217), nonché il pulpito per la stessa chiesa ricordato come opera del C. da un documento del 2 apr. 1579 (Ceci, 1906).
Sono invece ancora visibili altre due opere, non documentate, ma per motivi stilistici e storici attribuibili al C.: la porta principale a due battenti della già citata chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli che per la composizione e per il carattere del modellato dell'intaglio è strettamente avvicinabile alla porta della parete posteriore del coro dei SS. Severino e Sossio (A. Maresca di Serracapriola, Battenti...di antiche porte... in Napoli, in Napoli nobilissima, X [1901], pp. 72-74) e il coro della abbazia benedettina di S. Martino alle Scale presso Palermo, che è praticamente identico a quello della chiesa napoletana.
Il coro, composto di ventotto stalli inferiori e quaranta superiori, recante la data 8 sett. 1597, può essere attribuito al C. e al Tortelli non solo in base ad analogie stilistiche, ma anche grazie al fatto che nell'archivio dell'abbazia è conservata copia del contratto stipulato dagli artisti per il coro della chiesa dei SS. Severino e Sossio (Mauceri, 1911). Ciò porterebbe a concludere che non sia necessario ricorrere ad una attribuzione ad allievi o ad un improbabile trasferimento degli artisti in Sicilia (Di Marzo), ma che più semplicemente il coro, eseguito a Napoli, sia stato inviato e montato in loco, secondo una prassi non inconsueta nel campo delle opere lignee ed ancor più probabile quando, come in questo caso, si tratti di committenti appartenenti allo stesso Ordine religioso. Va però notato che G. Frangipani (Storia del monastero di S. Martino presso Palermo, Assisi 1905, pp. 141 s.) attribuisce il coro al solo Tortelli, ma aggiunge anche che esso, in base a documenti di cui non fornisce riferimenti, costò 9.000 once "compreso il legname e il soggiorno di 6 anni degli artisti".
Bibl.: C. Celano, Notizie del bello,dell'antico e del curioso della città di Napoli [1692], con aggiunte di G. B. Chiarini, III, Napoli 1858, pp. 384, 576, 714, 738; P. Zani, Encicl. metodica... delle Belle Arti, I, 6, Parma 1820, p. 176; V. Perrotta, Descrizione storica della chiesa e del monastero di S. Domenico Maggiore, Napoli 1828, p. 64; S. Volpicella, Descriz. stor. della crociera de' SS. Severino e Sossio di Napoli, Napoli 1853, p. 13; R. M. Valle, Descrizione... di S. Domenico Maggiore, Napoli 1854, p. 316; N. Faraglia, Memorie artist. della chiesa benedettina de' SS. Severino e Sossio di Napoli, in Arch. stor. per le prov. napol., III (1878) pp. 237-239; G. Di Marzo, I Gagini..., Palermo 1883, I, p. 702; G. Filangieri di Satriano, Docc. per la storia,le arti e le industrie..., V, Napoli 1891, pp. 120, 217; G. Ceci, Per la biografia degli artisti del XVI e XVII sec., in Napoli nobilissima, XV (1906), p. 134 (poi Trani 1907, p. 39); E. Mauceri, Stalli corali in Sicilia, in L'Arte, XIV (1911), pp. 136-138; G. Dell'Aja, Note sull'altar maggiore della basilica di S. Chiara in Napoli, in Asprenas, VII (1961), p. 104; A. Peroni, in Storia di Brescia, II, Brescia 1963, p. 838; M. Rotili, L'arte del Cinquecento nel Regno di Napoli, Napoli 1972, p. 173; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 486 s. (con ult. bibl.).