BUSSOTTI (Bussoti), Bartolomeo
Nacque a Bibbiena intorno al 1520 e in ancor giovane età si trasferì a Roma, dove si iniziò alla pratica mercantile presso Bindo Altoviti, uno dei maggiori esponenti della nazione fiorentina, il più importante forse dopo la chiusura (1528) del banco di Agostino Chigi. Anche se non abbiamo documenti in proposito, possiamo supporre che il B. seguisse le sorti dell'Altoviti, il quale, essendo ostile ai Medici, vide l'apogeo della sua fortuna con l'ascesa al pontificato di Paolo III e si compromise sempre di più nella cospirazione antimedicea dei fuorusciti. Nell'attività mercantile e bancaria dette ben presto prove di grande abilità e il suo nome compare per la prima volta in un atto ufficiale il 17 aprile del 1546, insieme con quello di altri mercanti fiorentini, genovesi e comaschi, quando a nome di Bindo versò 5.000 scudi per le necessità urgenti della Sede apostolica. In seguito, nel 1552 e nel 1560, il B. venne eletto dai capi delle case commerciali residenti a Roma alla carica di console della nazione fiorentina. Sotto il pontificato di Giulio III entrò a far parte della famiglia papale, con la carica di cameriere pontificio.
Il nome del B. venne assumendo nel corso degli anni un'importanza sempre crescente che culminò, il 17 genn. 1566, nella nomina da parte di Pio V a tesoriere generale della Chiesa. Appena eletto al soglio pontificio, Pio V chiamò il B. a sostituire Donato Matteo Minali sulla cui onestà si nutrivano alcuni dubbi; in effetti il B., esperite le indagini, riscontrò l'esistenza nei libri contabili di gravi irregolarità a danno della Camera apostolica per cui il Minali venne condannato.
Il B., che mantenne la carica di tesoriere generale durante tutto il pontificato di Pio V, seppe adeguare le sue direttive economiche alla politica che nel campo dell'amministrazione dello Stato pontificio Pio V voleva perseguire. Il pontefice infatti voleva improntare la sua politica economica a grande parsimonia per quanto riguardava il fasto della corte papale, onde poter apportare alleviamenti fiscali alla popolazione. Infatti fra i primi atti del pontefice, suggeriti dal B., figurano l'abolizione, in Roma, dell'imposta sul vino, la revisione generale di altre tasse, l'abolizione dell'imposta sul macinato nel Patrimonio di San Pietro, dietro una prestazione pecuniaria da pagarsi una sola volta. Inoltre emanò severe prescrizioni contro quegli ufficiali dell'amministrazione che si fossero lasciati corrompere da regalie.
Ben presto però tale politica fallì; già nel novembre del 1567 la situazione finanziaria dello Stato pontificio si presentava deficitaria, per cui il B. fu costretto a suggerire al pontefice l'imposizione di una nuova tassa, che, per esplicito ordine del papa, doveva colpire le famiglie più abbienti della città e anche il clero. Nel 1569, aumentando il deficit e divenendo sempre più pressante la necessità di portare soccorso ai cattolici francesi, il B. fu costretto a suggerire al pontefice l'imposizione di un'ulteriore tassa straordinaria dell'importo di 500.000 scudi. Nel giugno dello stesso anno, al fine di aprire nuovi cespiti di entrata per la Camera apostolica, il B. suggerì al pontefice la vendita dei notariati dello Stato pontificio, che fruttarono un gettito di 70.000 scudi. Tali misure ebbero indubbiamente il loro effetto, se alla morte del pontefice, malgrado gli aiuti concessi da Pio V al re di Francia contro gli ugonotti, le spese sostenute per la lega contro il Turco e per l'invio del contingente pontificio a Lepanto, il tesoro dello Stato della Chiesa ammontava a 1.000.000 di scudi, più 500.000 scudi di prestito riscotibili dopo tre mesi, oltre alle cospicue somme che vennero ritrovate in castel Sant'Angelo e nelle stanze private del pontefice. Vero è che il B. aveva partecipato alla costituzione di quattro "Monti": Novennale, Giulio, Religione e Provincia, aumentando così per quattro volte il debito pubblico, e ne aveva devoluto gli interessi al re di Francia per la guerra contro gli ugonotti e alla Repubblica di Venezia per la difesa contro i Turchi. Inoltre, durante l'amministrazione del B., il tesoro pontificio aveva soccorso con 20.000 scudi d'oro Maria Stuarda e con 50.000 gli Inglesi vittime delle persecuzioni protestanti. Inoltre, per quanto economo, Pio V aveva esercitato in maniera grandiosa la beneficenza anche nello Stato pontificio, dando mandato al B. di sovvenire gli ospedali, specialmente quello di S. Spirito, al quale donò 20.000 scudi; di aumentare le doti fondate per ragazze povere alla Minerva; di fare un donativo di 10.000 scudi al Monte di Pietà (gennaio 1567) per mettere l'istituto in condizione di prestare senza censo, ordinando nello stesso tempo che i pegni non potessero vendersi prima di diciotto mesi. Inoltre il B., sempre per interessamento del pontefice, intervenne per promuovere a Roma le industrie, per esempio la tessitura dei pannilani, che sovvenzionò con 10.000 scudi.
Uno degli ultimi atti di Pio V fu di consegnare al B. una cassetta contenente 13.000 scudi, da cui soleva trarre denaro per le sue elemosine private, raccomandandogli di devolverli per la guerra contro il Turco.
Il B. si trovava presso Pio V quando giunse la notizia della vittoria di Lepanto. Ai suoi biografi è piaciuto raccontare che il pontefice, mentre trattava di importanti questioni amministrative col B., venuto a conoscenza per ispirazione divina della vittoria riportata dalle armi cristiane, interruppe la discussione degli affari per raccomandargli di raccogliersi in preghiera di ringraziamento. Il B. mantenne la carica di tesoriere fino al maggio 1572, quando venne sostituito dal bolognese Tommaso Gigli.
Morì a Roma il 5 apr. 1576.
Fonti e Bibl.: Bibl. Apost Vat., ms. Urb. lat. 1024, passim (Lettere scritte al B. dal card. Sforza mentre fu legato di Bologna et di Romagna sotto Pio V); Nunziature di Venezia, VIII, a cura di A. Stella, in Fonti per la storia d'Italia, LXV, Roma 1963, pp. 159, 468, 471, 474; Correspondencia diplomatica entre España y la Sancta Sedi durante el pontificado de S. Pio V, a cura di L. Serrano, I, Madrid 1914, p. 145; Nuntiaturberichte aus Deutschland, s. 1, IX, Gotha 1899, pp. 130, 569; Indices de la correspondencia entre la nunciatura en España y la Sancta Sede durante el reinado de Felipe II, a cura di Y. Olazza Garmendia e M. L. Sarramandi, I, Madrid 1949. pp. 46, 59, 83, 184; C. Catena, Vita del gloriosissimo papa Pio V, Roma 1587, p. 143; F. A. V. Vitale, Memorie istor. de' tesorieri generali pontifici, Napoli 1782, p. 43; E. Martinori, Annali della Zecca di Roma, I, 10, Roma 1918, p. 85; II, ibid. 1918, pp. 14, 17; L. von Pastor, Storia dei Papi, VIII, Roma 1951, pp. 72 ss., 578; Y. Delumeau, Vie économ. et sociale de Rome dans la seconde moitié du XVIe siècle, I, Paris 1957, p. 209; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-eccl., XVIII, p. 71; LXXIV, pp. 290 s.