BURCHELATI, Bartolomeo
Nacque a Treviso il 13 giugno 1548 da Gian Battista e Paola degli Alberti, primogenito di una modesta famiglia della Marca. Le agiate condizioni economiche del padre, che oltre alla professione di mercante coltivava una passione per la musica, consentirono al B. di avere una buona educazione sotto la guida di valenti maestri come don Girolamo Scala, L. Ferri, G. Turri e P. Fiore.
Morto il padre nel 1564, il B., primo di sei fratelli, dovette occuparsi dell'azienda familiare; riuscì tuttavia a proseguire i suoi studi, tanto che nel 1572 decise di iscriversi alla facoltà di medicina e filosofia di Padova, dove seguì regolarmente i corsi per uscirne laureato il 13 apr. 1576, sotto la guida del celebre medico Girolamo Mercuriale.
In questi stessi anni si manifesta anche la vocazione poetica del B. e il suo desiderio di conquistare una condizione sociale e finanziaria più solida e importante, desiderio che determinerà la maggior parte delle sue scelte culturali e professionali, cosicché la sua storia ha oggi per noi un significato, in qualche modo esemplare perché riassume i caratteri, gli atteggiamenti, le scelte ideologiche dei letterati provinciali del primo Seicento e ancora illumina il ruolo dell'attività poetica e culturale in un ambiente cittadino, la sua funzione sociale.
La prima opera pubblicata dal B. sono appunto i suoi Tyrocinia Poetica (2 voll., Padova 1577-78), dai quali veniamo a sapere di un suo primo amore, infelice, per la figlia dell'illustre maestro, Margherita Mercuriale. Il ritorno nella città natale, l'inizio di una fortunata attività professionale, la ricerca di posizioni e di cariche sempre più prestigiose nella municipalità inducono il B. ad allargare i suoi interessi, dedicandosi a studi più seri e autorevoli, dei quali il primo risultato saranno gli Epitaphiorum dialogi septem (Venezia 1583), dedicati con intenzione "ad illustriorem Tarvisii civiumque memoriam", nei quali offre il suo primo contributo alla illustrazione delle antiche glorie cittadine.
D'altronde in questi anni anche gli episodi della vita privata confermano questa ricerca di una più stabile condizione sociale; il B. infatti nel 1579 si sposa con Isabella Amiconi morta solo tre anni più tardi dopo aver dato alla luce il primogenito Giambattista. Subito il B. si risposa con Libera Istrana, stringendo così buone relazioni e legami di parentela con la borghesia locale. La seconda moglie partorirà nove figli, perché la famiglia rappresenta il fondamento del prestigio sociale.
Impegnato nella professione, con una famiglia numerosa alle spalle, attento agli investimenti e alle speculazioni, che gli consentiranno di costituire un discreto patrimonio, dedito agli studi eruditi e agli svaghi poetici, sempre più coinvolto nella vita pubblica, il B. nel 1585 dà anche vita a un'accademia, con sede nella sua casa, detta dei Cospiranti, e nella stessa reciterà per più di trent'anni, fino al 1621, ragionamenti, discorsi, dialoghi e sonetti, canzoni, elegie, poesie di ogni genere, in volgare e in latino, sui temi più vari, attentissimo agli avvenimenti della vita sociale, nascite o battesimi, nozze o monacazioni, arrivi o partenze di capitani e provveditori, genetliaci od onomastici, guarigioni o morti, progressivamente imponendosi come uno dei protagonisti della "buona società".
Un'opera intera, Charitas sive convivium dialogicum septem physicorum (Treviso 1593), il B. dedica alle norme dell'ordinata vita sociale, ricostruendo sull'autorità dei classici il complesso rituale della cortesia e dell'ospitalità.
Era inevitabile che usando a questo modo della poesia e dell'erudizione il B. seguisse passivamente il gusto e le mode del tempo, attento a contenere le spinte innovatrici, difendendo il conformismo, la stabilità dei valori sui quali si reggeva la comunità provinciale.
Esemplare resta in questo senso la sua professione di fede tolemaica contro le novità galileiane, che pure avevano trovato seguaci a Treviso proprio tra i più cari amici del B., come Augusto Avogaro e Paolo Apronio.
Un testo autobiografico, premesso al Catalogo di tutte le opere che ha sin hora composto (Treviso 1597), offre infine una limpida confessione delle sue idee; il B. infatti si lamenta dell'ingratitudine del mondo, delle difficoltà alle quali il buon letterato va incontro, delle spese che è costretto a sopportare. Ormai ha conquistato prestigio e autorevolezza e chiede maggior rispetto e un compenso meno misero per l'importante funzione che svolge, riaffermando di fronte all'indifferenza dei più quei valori morali e civili che sembrano venir meno, "perché vuole il presente secolo, che il Medico sia puro Medico, come l'asino è puro asino". Viene meno il classicistico primato delle arti liberali, entra in crisi l'organica concezione del mondo tardoumanistica, ma le conseguenze non riguardano solo il letterato che fa mercato delle sue opere (che è "un mangiare i brani delle proprie membra", mestiere "da rofiano, che prima, che se ne vada a letto, vota la borsa della sua femina") perché questo "ingiuriar la virtù, facendo mecaniche l'arti liberali" e i letterati "fachini, et hosti dell'infamia loro", corrompe l'intera società, mina l'ordine costituito, presuppone più gravi rivolgimenti.
Né varranno le tristi disgrazie della vita a distoglierlo dal suo civile impegno conservatore; nel 1597 muore dodicenne un figlio, Gianfrancesco; pochi mesi dopo la moglie; l'anno successivo, assassinato, il primogenito Giambattista, e il B. riafferma il valore consolatorio della poesia, l'importanza dell'unanime cordoglio in versi e pubblica, a dispetto della sorte e dei buoni propositi di non pubblicare altro a sue spese, onorevoli raccolte.
Qualche anno dopo si sposa per la terza volta con Agnesina Bologni, dalla quale ebbe altri otto figli. Se la famiglia s'ingrandisce, le iniziative culturali si moltiplicano: nel 1603 ètra i fondatori di una nuova Accademia degli Anelanti, nel 1609 tra quelli dell'Accademia dei Perseveranti e, instancabile, nel 1623, quando i Cospiranti si erano ormai spenti, dà vita a una quarta Accademia degli Aggiustati, nella quale, scelto il nome programmatico di Fermo, intensifica la "santa" lotta contro l'eresia galileiana.
Le opere si susseguono di anno in anno con una costanza e una fiducia nel proprio lavoro che non conosce incertezze; escono così Le veglie havute in Trevigi nel publico palazzo l'anno MDCX (Treviso 1614), nelle quali è celebrata la magnificenza delle feste della gran società; il Commentariorum memorabilium multiplicis historiae Tarvisinae locuples promptuarium (Treviso 1616), che costituisce il coronamento delle sue ricerche storiche, tutt'altro che inutili se l'erudizione settecentesca ne apprezzò la diligenza e la ricchezza; Il ritratto del vistoso già tremendo,hor venerando colle di San Zenone sul Trevigiano (Treviso 1621 e poi Venezia 1625): un poemetto che racconta una gita nella campagna a lui cara, e che è senza dubbio la sua più felice opera poetica.
L'uniformità di accenti e di temi è confermata da tutta la sua produzione, fino agli ultimi anni della sua lunga vita, dimostrando un attaccamento niente affatto superficiale a quel mondo e a quella civiltà della quale aveva desiderato di far parte e alla quale non è in nessun modo disposto a rinunciare quando finalmente se ne sente membro. Anzi man mano che il tempo passa e la crisi diventa più grave, la sua difesa si fa più agguerrita nella pubblicazione di alcune operette di Girolamo da Bologna, per riaffermare la continuità di un discorso e di una civiltà che giunge sino a lui, e qualche anno dopo, nel 1629, stampa a Treviso il suo ultimo libro, Philoponia,sive laboris voluntarii studium ac industria, dove l'apologia diventa un manifesto programmatico, l'estrema, patetica difesa del proprio lavoro e delle proprie idee.
Muore qualche anno più tardi, il 29sett. 1632, lasciando in eredità ai suoi figli, oltre a un cospicuo patrimonio, una gran quantità di opere inedite e di manoscritti.
Fonti e Bibl.: I manoscritti del B. sono conservati in quattro buste alla Biblioteca comunale di Treviso, ms., 1046; altri alla Bibl. Marciana di Venezia, cod. 267, cl. X. Una copia del Commentariorum…, postillata dal B., è nella Bibl. di Treviso. Il testamento è anch'esso a Treviso, ms. 1050. Delle opere a stampa ed inedite danno elenchi e descrizioni il B. stesso nel Commentariorum..., G. M.Mazzuchelli e A. A. Michieli. Cfr. G.Ghilini, Teatro d'huomini letterati, Venezia 1647, I, p. 23; G.Bonifacio, Istoria di Trevigi, Venezia 1744, p. 547; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1762, pp. 2426-2432; G.Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Milano 1833, III, p. 377; IV, pp. 529 s.; M. Sernagiotto, Passeggiate per la città di Treviso verso il 1600, I-III, Treviso 1869-1871, passim;A. Ceni, Discorso su B.B., Treviso 1872; A. Serena, Un canzoniere del secolo XVII, in Pagine letterarie, Roma 1900, pp. 111-126; A. Dal Secco, B. B. storico,poeta ed epigrafista..., Treviso 1900; F. Flamini, Il Cinquecento, Milano 1903, p. 466; A. Serena, Di uno zibaldone dell'Avogaro, in Coltura e lavoro, XLVIII (1907), n. 8, pp. 114-120; M. Maylender, Storia delle Accademie d'Italia, Bologna 1926, I, p. 181; II, p. 105; A. A. Michieli, Vaniloqui e scorribande d'un secentista trevigiano (B. B.), in Atti dell'Ist. veneto di scienze,lettere ed arti, classe di scienze morali e lettere, CXIII (1953-54), pp. 307-352; L. Colletti, La critica d'arte, in Barocco europeo e barocco veneziano, Firenze 1962, p. 164; G. Toffanin, Il Cinquecento, Milano 1965, p. 697.