BOCCARDI (Boccardo), Bartolomeo
Nato a Genova nel 1754 da famiglia non aristocratica, divenne avvocato e si dedicò quindi alla carriera diplomatica. Nel 1782 la Repubblica di Genova lo inviò come suo primo rappresentante in Russia, dove rimase fino al 1785. Tornato in patria, si dedicò ancora alla professione d'avvocato finché, il 26 febbr. 1794, fu inviato a Parigi come segretario incaricato d'affari. Qui il B. esercitò una parte politica di rilievo per le sorti della Repubblica.
Sospettata dalla Francia (dopo l'episodio dell'assalto inglese alla fregata francese "Modesta" nel porto di Genova) di violare la neutralità proclamata il 1º genn. 1792; sollecitata, d'altra parte, con lusinghe e minacce dalle potenze coalizzate; timorosa della propaganda giacobina e desiderosa di non pregiudicare i propri interessi commerciali, ma, al tempo stesso, preoccupata delle pressioni piemontesi e austriache ai suoi confini, la Repubblica di Genova riponeva molte speranze nell'azione diplomatica a Parigi. Il B. interpretò le diverse esigenze: fu intransigente nel riaffermare l'intenzione di Genova di restare estranea alla guerra, ma non mancò di far rilevare come, di per sé, la neutralità genovese fosse vantaggiosa per la Francia. Al suo governo il B. forniva informazioni atte a rassicurarlo: le "intemperanze" dei giacobini non mancarono, certo, di preoccuparlo; ma, dopo Termidoro, le sue simpatie per il Direttorio non ebbero riserve. Si rese conto solo dopo un certo tempo che l'invasione della Liguria occidentale nel 1794 da parte delle truppe francesi, dei cui preparativi non aveva avuto sentore, non era uno sconfinamento occasionale. Il B. si limitò a farsi portavoce della protesta del suo governo, in quanto, col passare dei mesi, si faceva più salda in lui la convinzione che la vittoria della Francia repubblicana aprisse una nuova era in Europa, in cui la politica internazionale fosse non più determinata dagli interessi delle case regnanti, ma da quelli delle nazioni; e che per Genova, in ogni caso, solo la vicina Repubblica potesse costituire una valida difesa. Non valsero a mutare il suo giudizio sugli intendimenti dei Francesi le richieste di prestiti sempre più onerosi che questi avanzavano. Il B. si impegnò nel difficile compito di respingerle; si preoccupò anche della eventualità che Genova potesse essere sacrificata in una pace separata fra Francia e Piemonte, ma diede tuttavia credito alle promesse di cessione di territori feudali imperiali e piemontesi, inclusi in territorio ligure e occupati dai Francesi. Indusse così il suo governo ad accostarsi sempre di più alla Francia, fino a consigliare la formale alleanza del 1796.
Nel maggio del 1797 il B. accolse con favore l'abbattimento del governo aristocratico a Genova; perciò venne nominato dalla Repubblica ligure ministro plenipotenziario a Parigi. Subito egli diede prova della sua lealtà pubblicando, il 27 giugno, sotto lo pseudonimo di Valerio Publicola, l'opuscolo Congiura scoperta in Parigi contro la libertà di Genova e dell'Italia, denuncia di un complotto di diplomatici aristocratici, di cui, peraltro, non fornì mai le prove. Il 27 nov. 1797 fu destinato plenipotenziario a Rastadt, ove conobbe il Melzi e il Marescalchi, coi quali mantenne rapporti amichevoli anche negli anni successivi. Nel maggio del 1799 ritornò a Parigi in qualità di ministro plenipotenziario.
Le condizioni della Liguria, percorsa dall'armata francese in rotta, si facevano intanto ancor più critiche per la mancanza di approvvigionamenti e per le sommosse. Il B. si adoperò allora vanamente nella richiesta di aiuti all'alleata. Al tempo stesso, tuttavia, confermò al suo governo che la Francia era decisa a difendere la Liguria. E, dopo il colpo di Stato del 18 brumaio, si mostrava convinto che il Bonaparte fosse l'uomo capace di risolvere i problemi di Genova.
Il 30 luglio 1800, il B. fu richiamato in patria. Qui divenne ministro degli Interni, probabilmente per ordine del Bonaparte, che riponeva in lui tutta la fiducia "perché le fazioni, le violenze, le persecuzioni venissero una volta a cessare". Nel 1801 era però già in disgrazia e soggiornava prevalentemente alla Spezia.
Il 27 luglio 1803 fu inviato come ministro plenipotenziario a Vienna. Qui egli seguì le vicende che portarono al formarsi di una nuova coalizione, senza tuttavia coglierne appieno il significato. Ancora alla fine del 1804 egli restava convinto, nonostante i mutamenti nel comando dell'esercito e i concentramenti di truppe al confine con l'Italia, della volontà di pace dell'Austria. Né, d'altra parte, previde in alcun modo la politica di Napoleone dopo la proclamazione del Regno d'Italia. Quando, nel 1805, fu votata l'annessione di Genova all'Impero, il B. aderì, ancora una volta, al nuovo governo; e fu, con pochi altri cittadini notabili, ricevuto da Napoleone il 30 giugno durante la sua visita a Genova; fu quindi nominato membro del Consiglio generale del dipartimento della città. Nel 1808, a Genova, pubblicò l'operetta Mémoires sur l'histoire du commerce et des beaux arts de Gênes. Non si hanno poi altre notizie circa l'attività politica del B., che, afflitto negli ultimi anni da una malattia nervosa, morì a Genova il 26 ag. 1818.
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