ANTEGNATI, Bartolomeo (Bertolino; Bartholomeus de Lumesanis, Bartholomeus de Antegnatis)
Nato intorno al 1450 a Lumezzane (Brescia) da Giovanni "iuris peritus", che il 14 febbr. 1431 aveva ottenuto la cittadinanza bresciana insieme con il padre Lorenzo.
Secondo il Muoni, il loro vero cognome sarebbe stato Lumesani, deposto poi da Bartolomeo per assumere il toponimo "Antegnati" - da Antegnate, nel Cremonese - a ricordo del luogo di origine. Il padre dell'A. infatti, ancora verso il 1400 figurerebbe in Cremona. L'ipotesi fu tuttavia smentita dal Valentini, che faceva derivare "Lumesanis" da Lumezzane, nome collettivo di varie frazioni o pievi nella Valgobbia, laterale alla Valtrompia, dove erano officine per lavorare il ferro e l'ottone e dove, forse, gli stessi Antegnati potevano avere una bottega per la fabbricazione di canne d'organo intere, giustificando così che venissero chiamati anche "de Lumesanis".
L'A. avviato con probabilità dal padre agli studi giuridici, si dedicò invece completamente all'arte organaria e divenne organaro e organista celebrato, capostipite di una famiglia i cui membri per circa due secoli furono più che artigiani dell'organo, veri artisti, geniali ed arditi. Non si ha certezza da chi l'A. abbia appreso l'arte organaria, ma non è improbabile un influsso della scuola tedesca immigrata in Italia nella seconda metà del '400, e soprattutto di Bernardo il Tedesco e Antonio suo figlio, operanti a Brescia e a Milano tra il 1463 e il 1468. Il Guerrini crede infatti che a loro "si debba allacciare il tirocinio primitivo di B. A. e la sua stessa vocazione all'arte organaria è forse nata in quella bottega e nelle relazioni con questi organari di Allemagna operanti nel Veneto e nella Lombardia". Negli atti del Comune di Brescia, conservati nel Libro delle Provisioni all'Archivio storico-civico, si incontra per la prima volta il suo nome in un documento del 16 nov. 1481, che riguarda il rifacimento dell'organo della cattedrale iemale S. Maria Rotonda, danneggiato dal fulmine. Altri documenti fanno menzione di rifacimenti e manutenzione degli organi delle due cattedrali bresciane (la iemale, già citata, e l'estiva, S. Pietro, ambedue chiamate de Dom); in uno del 28 febbr. 1498 si chiama A. "cive nostro optimoque organista".
Fra il 1489 e il 1491 l'A. costruì l'organo minore del duomo di Milano, che dietro sua domanda (28 luglio 1491) fu collaudato il 20 ott. 1491 dal prete Bernardino da Premenengo e dai maestri Benedetto da Borsano e Giorgio de Ulma, e in seguito ebbe anche la manutenzione periodica dello strumento. A lui furono attribuiti, ma ancora senza fondamento documentario, gli organi delle cattedrali di Bergamo, Como e Mantova, né è confermata la notizia, data dal Muoni, che l'organo a Castelleone Cremonese sia opera dell'A., mentre per quello della cattedrale di Cremona due atti notarili del 1482 provano che lo strumento fu costruito da Pantaleone de Marchi e da Lorenzo da Antonio di Bologna. Nel 1496 fu commissionato all'A. dai reggitori della basilica di S. Maria Maggiore di Bergamo un organo, che, terminato nel 1498 e collaudato, venne protestato; il 25 genn. 1499 si accordò all'A. soltanto di togliere lo strumento dalla chiesa e di conservarlo altrove. Ai primi del '500 i deputati della chiesa dell'Incoronata di Lodi iniziarono le trattative con l'A. per la costruzione di un organo nella loro chiesa, trattative che l'A., da Albino (Bergamo), dove si trovava nel marzo 1501, forse per lavoro, desiderava di poter concludere; ma in seguito ad una risposta del 16 maggio dei deputati, l'A. due anni dopo rifiutò l'incarico. Il Lunelli ignora se questa mancata commissione fosse dovuta all'insuccesso dello strumento dall'A. costruito per la chiesa di S. Maria Maggiore di Bergamo, o se il suo rifiuto fosse causato piuttosto dal troppo lavoro e dalla mancanza di aiuti fidati. Dopo il 1503 non si hanno più sue notizie. Forse morì prematuramente in Albino, dove non si sa se avesse costruito un organo o avesse aperto una sua officina, o a Brescia. Dei suoi molti figli, Giovanni Giacomo e Giovanni Battista solo seguirono l'arte paterna.
Bibl.: D. Muoni, Gli A. organari insigni, in Arch. stor. lombardo, X (1883), pp. 193, 196 ss.; A. Valentini, I musicisti bresciani e il Teatro Grande, Brescia 1894, pp. 8-10; P. Guerrini, Un glorioso artigianato bresciano - La bottega organaria degli A., in Bollett. d. Consiglio e Ufficio Prov. dell'Economia di Brescia, X (1930), nn. 9 e 10, pp. 267, 289, 291; E. Bontempelli, Storia dell'arte organaria ed organistica italiana, in M. E. Bossi. Il compositore - L'organista - L'uomo - L'organo in Italia, a cura di G. C. Paribeni, L. Orsini, E. B., Milano 1934, p. 164 s.; P. Guerrini, Gli organi e gli organisti delle cattedrali di Brescia in alcuni documenti del Comune, della Fabbrica e del Capitolo, in Note d'Arch. per la storia musicale, XVI (1939), n. 5, p. 210 s.; L. Salamina, Organaria Lodigiana, in Arch. stor. per la Città e Comuni del territ. Lodig. e della Dioc. di Lodi, LIX (1940), p. 64; R. Lunelli, Una breve stasi nell'attività organaria degli A., in Musica Sacra. Rivista Liturgica Musicale, Milano, LXIX n. 3 (sett.-dic. 1942), p. 1 s.; G. Bignami, Gli A. celebri organari, in Terra nostra, Brescia, I (1952), n. 2 p. 6; C. Antegnati, L'Arte organica... op. XVI [Brescia 1608], a cura di R. Lunelli, Mainz 1958, pp. 12, 14, 16, 32, 36 (ediz. critica in italiano e tedesco, con ricca bibl. ital. e tedesca).