CARRANZA, Bartolomé
Nato a Miranda de Arga nel 1503. si fece domenicano nel 1520, e addottoratosi a Salamanca in utroque iare, si acquistò presto reputazione di dotto. Già allora serpeggiò qualche insinuazione sulle opinioni da lui professate; ma il C. poté facilmente sfatarle, anzi lavorò per conto dell'Inquisizione. Rifiutò il vescovato di Cuzco conferitogli da Carlo V nel 1540, e altre offerte fattegli più tardi. NeI 1545 andò come rappresentante imperiale al concilio di Trento, ove fu attivissimo: si rifiutò peraltro, secondo gli ordini dell'imperatore, di seguire il concilio nel 1547 a Bologna. Famosa è di quel tempo la sua costanza nel sostenere l'obbligo della residenza per i vescovi (Controversia de necessaria residentia personali episcoporum, Venezia 1547). A Trento, quando vi fu riportato il concilio, egli tornò un'altra volta dal 1551 al 1552; nel 1554 fu incaricato di una missione in Inghilterra da parte del re Filippo II, per assistere la regina Maria nella difesa del cattolicesimo, e in Inghilterra rimase sino al 1557. L'anno seguente, dopo un breve soggiorno in Fiandra alla corte spagnola, rientrò in Spagna, dove aveva accettato l'arcivescovato di Toledo.
Ma proprio da questo punto incomincia il declino del celebre frate. Sia che nei suoi soggiorni in paesi eretici avesse contratta l'abitudine di una minore intransigenza a scopo di conciliazione, sia che il suo spirito superiore e critico gli rendesse familiari alcune espressioni o modi di vedere dei riformati, fatto è che i suoi Comentarios... sobre el caiechismo cristiano (Anversa 1558) incorsero nella severa censura di Melchiorre Cano, che rimproverava al C. l'incoraggiamento da lui dato, col suo libro, alla lettura della Scrittura in lingua volgare e l'attitudine luterana dei suoi punti di vista. Il C. fu messo sotto processo e infine arrestato a Torrelaguna il 22 agosto 1558, donde fu portato prigioniero a Valladolid. Il caso sollevò enorme impressione e la S. Sede volle naturalmente occuparsene. Sennonché il re non permise che il prigioniero uscisse di Spagna, e volle che i giudici papali venissero nel regno. Anni e anni durò l'inquisizione: finalmente nel 1567 il C. fu trasportato a Roma e sottoposto a nuovo processo, che durò ancora altri nove anni. In sostanza non fu trovato colpevole, ma punito per l'ambiguità e l'arditezza di alcune frasi, con la proibizione di rientrare nella sua diocesi prima di altri 5 anni. Ma il C., dopo 17 anni di prigionia, moriva poco dopo a Roma, il 2 maggio 1576.
Bibl.: La copia del processo del C., ms. in 22 volumi è nella biblioteca della Real Academia de la Historia di Madrid; M. Menéndez y Pelayo, Historia de los heterodoxos españoles, II, Madrid 1887; E. Schäfer, Geschichte des spanischen Protestantismus, Gütersloh 1902; H. Laugwitz, Barth. Carranza, Erzbischof von Toledo, Kempten 1870; J. Baruzi, Il protestantesimo e l'illuminismo in Ispagna al XVI secolo: I "Comentarios" del cardinal (sic) Carranza e la censura di Melchior Cano, in Ricerche religiose, IV (1928), pp. 118-132.